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Spagna: considerazioni sparse a pochi giorno dal voto

In un contesto di crisi economica che pare momentaneamente aver rallentato la sua fase distruttrice, quel che si staglia nel paese iberico é un clima oscillante tra le paure per la rottura di un bipolarismo post-franchista che ha attraversato indenne i decenni e le speranze di un rinnovamento all’interno delle istanze di rappresentanza della democrazia formale.

All’ attuale i media generalisti sembrano propendere tramite la forza dei sondaggi ufficiali a conclamare la riconferma del Partido Popular. La riaffermazione di Rajoy & Co alla guida del Paese potrebbe significare un inasprimento della politica conservatrice e di accentramento dei poteri del centro-destra. Difatti le voci degli esponenti più radicali del Partito fanno capire che qualora il successo del PP fosse superiore alle loro stesse attese, l’intenzione primaria sarebbe quella di congelare un qualsiasi tentativo di poter mettere mano e redigere la Carta Costituzionale monarchica, lanciando un chiaro messaggio anche alle intemperanze socio-politiche delle regioni autonomiche più propense a una maggiore decentralizzazione dei poteri e al riconoscimento di status giuridici sovranisti. Una affermazione del centro-destra con l’ottenimento di oltre 117 seggi parlamentari potrebbe aprire allo scenario qui delineato.

D’altra parte, il Partido Socialista Obrero, pur non godendo di gran salute e completamente alla rincorsa dell’agenda politica dei rivali moderati e supino ai dettami della banche (di cui il leader è rapprsentante,leggi Bankia), potrebbe contenere l’effetto shock delle scorse autonomiche, confermando la tenuta delle reti clientelari e di corruzione che interessano principalmente le zone meno urbanizzate delle regioni spagnole. Ciò in un quadro complessivo di cui è molto difficile dare sintesi univoca, nel quale però si può semplificare il dato per cui una maggiore richiesta di cambiamento ai vertici istituzionali viene dalle aree altamente metropolitanizzate, dove gli effetti dell’ austerità e le resistenze su più livelli si son date e si danno sull’onda lunga del post-15M.

E’ in queste aree che probabilmente attechisce il messaggio “post-ideologico” di Ciudadanos, che da sondaggi si attesta a terza forza: una formazione la cui collocazione politica è sempre stata oggetto di acceso dibattito, fortemente centrista e abile nel posizionarsi a seconda dei contesti regionali, di impostazione liberale ma con un riguardalmeno di facciata a valori e a istanze sociali e antinazionaliste, autonomiste e laiciste maggiormente ascrivibili alla tradizione della sinistra spagnola, seppur istanze propagandistiche e non tradotte in materialità nell’azione politica.

Un partito che per molti è anche la rappresentazione di come il sistema neoliberale sappia nella crisi assorbire tramite una formazione come questa le istanze appunto di scontento e insofferenza rispetto alle mutate condizioni economiche: da questo punto di vista il populismo di Ciudadanos ha molta presa nelle classi medie foglie del boom economico che hanno perso un punto di riferimento a seguito della scomparsa di agende anche minimamente progressiste così come di una destra sociale improntata su schemi classici che ha ceduto il passo alle neoliberalizzazioni con lo smantellamento del welfare. Da un altro lato si potrebbe accostare questo fenomeno a un populismo simil-grillino che in Spagna ha dato luogo a formazioni come questa che ripudiano la lettura dello schema sinistra-destra e fanno dell’odio nei confronti della casta il presupposto retorico.

La capacità di allargarsi in pochi anni e radicarsi al di fuori del contesto catalano potrebbe far sì che la formazione di Rivera superi quasi il peso elettorale di Podemos e in qulche modo ne attutisca il potenziale. Capace di irrompere e scomporre il monolitico asset istituzionale del post-franchismo, il partito di Pablo Iglesias e Errejòn è quello che vive maggiormente dell’incertezza dovuta ad un astensionismo connotabile in parte come forma di rifiuto degli istituti della rappresentanza. Non per niente, le proiezioni danno una forbice di elettorato pro- Podemos oscillante tra il 12 e il 20%.

A pesare probabilmente saranno le pulsioni di stomaco di una composizione giovanile precaria e proletarizzata che si trova oggi nel limbo della disillusione di una creazione di “forma altra” di società dettata dal riflusso del 15-M di cui una parte si è poi canalizzata appunto nelle aspirazioni istituzionali di Podemos.

Da questo punto di vista sarà interessante, per quanto possibile, leggere il peso elettorale che questa formazione potrà conseguire per cogliere delle tendenze e delle discontinuità tra capacità di incidere e trasformare il presente delle lotte dal basso e posizionamento degli attori istiruzionali a riguardo.
A chiudere queste parziali annotazioni, la questione basca, pressoché assente sia dal dibattito mainstream che da quello elettorale.

 

 

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