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Saluzzo: dopo il corteo spontaneo ora casa per tutti!

Noi siamo lavoratori precari e disoccupati.

Ci spostiamo per tutta l’Italia alla ricerca di un lavoro per vivere e per poter rinnovare il permesso di soggiorno.

Non abbiamo scelto di fare i braccianti, veniamo qui a Saluzzo per necessità e perchè sappiamo che qui c’è molto bisogno del nostro lavoro.

Però vogliamo un po’ di stabilità per poter migliorare le nostre condizioni di vita e di lavoro.

Questo è impossibile se veniamo costretti a spostarci tutto l’anno da un campo all’altro.

Non è possibile vivere sei mesi nelle tende a Saluzzo e poi essere costretti a partire per andare a Sud e di nuovo trovarci nelle tende per altri mesi.

Nei campi non abbiamo stabilità e possibilità di costruirci un futuro.

Nei campi non si può vivere perchè fa freddo, è umido e ci ammaliamo nel corpo e nella testa.

Nei campi ci sentiamo isolati e diversi: perchè gli Africani devono vivere nelle tende e tutti gli altri nelle case?

Con i soldi che guadagniamo non possiamo permetterci un affitto.

Anche quelli che possono pagare un affitto non trovano la casa, perchè nessuno affitta ai “neri”.

Molti di noi sono rifugiati: siamo stati accolti e poi buttati in strada dalle cooperative dove eravamo ospitati.

Senza lavoro, senza casa, senza residenza, perchè lo Stato non fa quello che dovrebbe.

Per noi vivere nel campo è ancora più duro, dopo tutto quello che abbiamo vissuto.

La risposta per noi non può essere il campo.

Noi siamo qui per chiedere due cose.

1. Vogliamo che la nostra presenza venga considerata come un tema politico e non come emergenza.

Vogliamo che venga aperto un tavolo di discussione permanente dove si siedono:

– il comune

– la regione

– gli organi di controllo delle aziende agricole

– una auto-rappresentanza di noi lavoratori e disoccupati

2. Sappiamo che a Saluzzo ci sono molte case vuote: noi vogliamo una casa per poterci fermare fino alla fine della stagione

e anche dopo la stagione per tutti quelli che non sanno dove andare, non hanno una casa e una residenza e vogliono fermarsi a Saluzzo per cercare lavoro, o fare la scuola o un corso di formazione.

Vogliamo fermarci a Saluzzo perchè qui ci troviamo bene.

Speriamo che Saluzzo ci dia il frutto che cerchiamo.

***

Quello che poteva essere un incontro politico, focalizzato su tematiche e bisogni portati da lavoratori e disoccupati, non si è rivelato altro che l’ennesimo evento utile a criminalizzare i “migranti stagionali”. Dopo una settimana di pedinamenti, intercettazioni, blocchi stradali ed intimidazioni del tutto fuori misura da parte di Digos, Carabinieri e Polizia Locale, nei confronti di lavoratori, disoccupati e solidali – rei di riunirsi in assemblea (!) per dire ad alta voce che nei campi non si può vivere, nè si può immaginare di passare una vita “permanentemente temporanea”, spostandosi da un campo all’altro da nord a sud, nella più totale precarietà destinata a diventare regola permanente ed ineludibile -, stamattina il Comune era presidiato internamente ed esternamente da un numero spropositato di forze dell’ordine.

A Saluzzo tutto viene sempre gestito in maniera scomposta (a spese dei contribuenti), come l’autorità pubblica ha tenuto a dimostrare anche durante il corteo di ieri, nel tentativo di reprimere qualunque presa di parola pubblica e politica sul tema della “casa”, molto caldo in una città dove gli sfratti sono in aumento e sempre più persone si trovano in mezzo ad una strada senza che le istituzioni locali e/o nazionali sappiano offrire alcuna risposta (o anche solo una semplice capacità interlocutoria) adeguata.

I cinque lavoratori e disoccupati sono stati accolti al “faccia a faccia” con il sindaco da diversi esponenti della questura di Cuneo, polizia municipale, carabinieri, digos ed altri investigatori in borghese non meglio identificati, oltre a giornalisti, che però sono stati invitati ad uscire prima della fine, quando c’è stato un “saluto” a porte chiuse con identificazione dei delegati.

L’affollato “incontro”, durato quasi TRE ORE, si è tenuto in assenza di alcun avvocato a tutela della delegazione ed è sostanzialmente servito ad istituzioni e forze dell’ordine per tentare di intimorire i lavoratori e disoccupati, minacciando che se ne non se staranno buoni per le tre settimane che li separano dallo sgombero, l’anno prossimo non ci sarà più accoglienza  (i Carabinieri ieri erano stati meno prosaici, minacciando chiaramente che i permessi di soggiorno non sarebbero stati rinnovati ai manifestanti). Stamattina in Comune si è negata ai lavoratori ed ai disoccupati alcuna possibilità di confronto nel merito, le richieste da loro portate sono state definite irricevibili dal sindaco, in quanto a suo dire non rappresenterebbero la volontà degli accampati, ma esprimerebbero gli interessi di pericolosi sobillatori “bianchi” (e su questi temi, come oggi ha tenuto a precisare, il sindaco parla “solo con i neri” – Saluzzo, Cuneo, 2014).

Dunque, tre ore di tempo perso, tra identificazioni, schedature e teoremi in costruzione, a dimostrazione ancora una volta che l’autonomia di soggetti politici non rappresentati né rappresentabili, se non da sé stessi, fa paura. Fa paura tutto ciò che non può essere governato e “catturato” attraverso il discorso istituzionale, del tutto appiattito sulla logica dei campi stagionali; logica che, di fronte alla precarizzazione ed allo sfruttamento lavorativo di masse sempre più “disponibili” perchè spossessate, risponde istituzionalizzando la precarietà ed elevandola a sistema.

Disoccupati; lavoratori precari, sfruttati ed ancor più ricattabili quando migranti e soggetti alla Bossi-Fini; rifugiati buttati in mezzo ad una strada dallo Stato, senza un tetto, senza una residenza, senza un lavoro: situazioni sulle quali le istituzioni sono evidentemente impreparate e decisamente poco propense a dialogare (mentre tre ore di tempo per cercare di svilire la parola di cinque accampati le trovano). Istituzioni che fondano le loro (in)azioni sulla paura e giocano sempre e comunque sulla contrapposizione tra migranti e italiani, per cui l’importante è che lo “stagionale” resti il diverso,  quello che toglie la casa e il lavoro all’autoctono, quello che se ne deve andare quando i campi chiudono, quello che non può assolutamente essere concepito come un soggetto nello spazio politico locale: davvero inconcepibile che queste persone possano volersi “fermare” !

I lavoratori ed i disoccupati del Foro Boario, però, queste logiche strumentali hanno imparato a conoscerle e non le subiscono, perchè sanno che di fronte al dilagare della precarietà in ogni angolo della nostra vita, l’unica cosa da cercare è proprio l’unione e la solidarietà con i tanti saluzzesi precarizzati come loro, a rischio sfratto o senza casa, senza lavoro e senza prospettive.

L’incontro di oggi, se a qualcosa è servito, è stato quindi a dimostrare a tutti che solo attraverso l’unione e l’intelligenza collettiva di chi è precario, disoccupato, senza casa o a rischio sfratto sarà possibile trovare risposte all’insostenibile situazione di sfruttamento lavorativo e di precarietà abitativa che vivono gli accampati del Foro Boario, così molte altre persone e famiglie a Saluzzo. Le tre ore perse stamattina hanno chiarito ai lavoratori ed ai disoccupati che le autorità evidentemente non sono dei possibili referenti cui chiedere o strappare qualcosa. Le autorità non solo non hanno risposte, ma non sanno nemmeno dialogare, arrivano solo fino al “sorvegliare e punire”.

La determinazione di lavoratori e disoccupati, in questo vuoto politico gestito militarmente, non potrà che rafforzarsi, così come – lo speriamo – l’unione e la solidarietà con i tanti saluzzesi – italiani e migranti – che in questo periodo di crisi si ritrovano, o rischiano di ritrovarsi, in mezzo ad una strada, sfruttati o senza lavoro, nè prospettive.

Stay tuned per materiali video e fotografici del corteo di ieri e per ulteriori aggiornamenti sulla situazione.

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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