Oltre a propagandare l'appello, mai fuori moda, di combattere la fame nel mondo, appello al solito vuoto e confezionato per le telecamere di Sky,BBC o Rai News,la grande esposizione si è distinta due giorni fa per la presentazione di un libro contenente il rapporto sulla "Food Poverty", la povertà misurata tramite gli standard alimentari.
E da questo rapporto, emerge ciò che il Governo Renzi evita scrupolosamente di dire, cioè che la crisi sta talmente intaccando la ricchezza delle classi medio-basse del paese che ben 6 milioni di persone vivono in scarsità alimentare. Un dato impressionante, di certo destinato a crescere grazie ai meccanismi nocivi di governance dei territori che da Monti fino all'attuale esecutivo sono stati implementati.
Da una parte, al rapporto fa da eco subito chi intende sfruttare questa situazione di impoverimento per accrescere i circuiti di affari dell'assistenzialismo e della carità cristiana, e senza eccessi di complottismo c'è subito da storcere il naso di fronte a quelli che si prefigurano come nuovi fronti di speculazione all'italiana, come già visto e rivisto con le retoriche delle emergenzialità per quanto riguarda l'accoglienza dei migranti.
Dall'altra, ci sono i percorsi di autorganizzazione e lotta contro rendita e speculazione che, vivendo ogni giorno il peso reale dell'impoverimento e della malnutrizione che avanza, possono assumere la conferma statistica del rapporto presentato – tragicomicamente – a Expo, per ribadire ed estendere le istanze e le vertenze volte alla giustizia sociale e al riscatto dei più deboli.
In questo scenario, la consapevolezza che l'impoverimento non è qualcosa di fisiologico da accettare ma frutto di scelte politiche oculate (e peraltro affinate nei decenni sulla pelle di altri popolazioni) è qualcosa di primariamente importante per chi si prefigge oggi di cambiare l'esistente.
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