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Sicilia, quando corrotto è il sistema

Nessun partito è escluso dalle indagini e dai provvedimenti della magistratura e, ovviamente, sono coinvolti anche alcuni nomi eccellenti: Cracolici (Pd), Faraone (Pd, ora nella segreteria di Renzi e già indagato per compravendita di voti), Cascio (Pdl), Ardizzone (Pdl), e lo stesso ex-governatore Raffaele Lombardo. Anche in questo caso: fatti isolati! O al massimo ecco tirato in ballo, nel discorso pubblico, il “solito malcostume siciliano e meridionale!”.

Senza chiedere scusa alcuna per il rischio di generalizzare i nostri commenti – anzi, è proprio quello che vogliamo – vorremmo evitare la cronaca giudiziaria (perché la fanno già i media mainstream e, soprattutto, perché è obiettivamente noiosa, ripetitiva) e proporre qualche chiave di ragionamento.

Iniziamo con un accorato appello: comprendete quei poveri politici! Già, capiteli, o quantomeno provate a mettervi nei loro panni: educati da scuole di partito rigidissime su questi punti e abituati durante l’intera carriera a identificare la loro mission politica con il garantire agli altri i profitti (e grossi anche) è normale che, ad un certo punto, rivendichino per loro un po’ di quei privilegi, di quegli affari che la politica istituzionale distribuisce solitamente a banche, imprese e, in generale, ricchi. Quei loro stipendi di qualche centinaia di migliaia di euro impallidiscono se visti in relazione a quelli di manager pubblici piazzati a dirigere aziende partecipate, a quelli dei consigli d’amministrazione delle banche a cui regalano costantemente liquidità o ai profitti degli impresari cui regalano appalti (pubblici, tanto per non dimenticarlo) da milioni di euro per costruire opere tendenzialmente inutili o dannose (vedi Tav, inceneritori, discariche…) e poi per bonificare i territori dagli stessi mali precedentemente causati. Per non parlare delle industrie degli armamenti militari, finanziate ad ogni manovra economica per miliardi di euro mentre, da altre parti, si taglia o si privatizza.

Insomma, prima o poi quegli stipendi non bastano: a forza di distribuire, la voglia di tenersi qualcosa per sé diventa forte, così, tanto per arrotondare!

Ora. Lasciamo da parte la stupida ironia e apprestiamoci a proporre qualche ragionamento a partire da una duplicità, a nostro avviso, fondamentale: se esiste una corruzione illegale, che è quella coincidente con il relativo capo d’imputazione, come quella venuta fuori oggi in Sicilia, bisogna anche evidenziare che esiste una corruzione legale, a norma di legge. Questa diventa metonimia di una strutturale corruzione sistemica a duplice indirizzo: un sistema economico che,da un lato, deve rendere ufficiale, tollerato (legale appunto), il farsi “garante” da parte delle istituzioni (della Politica) dei profitti e dei guadagni di pochi – capitali e capitalisti – a scapito di ogni morale dell’interesse pubblico e collettivo. Dall’altro lato deve garantirsi le condizioni della sua riproduzione senza che venga comunque mai messa in discussione la bontà del sistema stesso, quello capitalista appunto.

Dunque la corruzione di cui parliamo noi è, e sempre sarà, quella dell’abuso e dello sfruttamento ai danni dei governati più poveri e a favore di governanti e governati più ricchi: questione di classe insomma! Orizzonte, quello dello sfruttamento classista, senza il quale diverrebbe impossibile affrancarsi dal discorso mainstream sulla “casta” come dalle retoriche sulle “mele marce”, i malcostumi, gli abusi dei singoli. Dal discorso del Movimento5stelle per intenderci. Logiche e pratiche di stampo giustizialista e legalitario, il cui unico risultato è però quello della ripulita formale (sostanziale è impossibile) della faccia di politici, imprenditori, affaristi.

“Esiste un capitalismo buono”: è il messaggio che dalla classe politico-dirigenziale del paese si vuole far passare fino alla cosiddetta società civile. Eppure questo capitalismo in Italia non è mai esistito perché mai sono stati espulsi i geni di un’economia ancora di stampo clientelare e feudale, basata sulle posizioni di rendita ma soprattutto su un parassitismo congenito che comprende tanto le economie formali quanto quelle sotterranee. Inoltre, non ci pare che in quei paesi messi meglio dell’Italia nelle classifiche internazionali sul livello di corruzione delle pubbliche amministrazioni le cose vadano meglio: un caso su tutti è quello degli Stati Uniti, patria della “pulizia amministrativa”, in cui “corrotti” erano definiti i potenti contro cui si mobilitavano i vari Occupy. Qui, era l’intera classe dirigente economica e politica, quella dell’1% opposta al restante 99%, ad essere tacciata di corruzione.

Se quindi non può interessarci alimentare pulsioni e passioni negative, quelle del giustizialismo “risanatore”, non possiamo esimerci dal notare come il tema “corruzione” si sostanzi solo in relazione a determinate composizioni sociali e, in base a queste, sia stato anche fattore di generalizzazione del conflitto, dal Nord Africa all’Est Europa. Si tratta, ovviamente, di esempi da utilizzare come indicatori di potenziale e non come modelli politici riproducibili importando parole d’ordine o accomunando contesti differenti.

Tornando invece ai fatti siciliani di oggi ci restano da dire soltanto un paio di cose.

La prima è legata agli umori in quanto anche a noi, naturalmente, fa incazzare il sentire notizie di questo tipo. Ci fa seriamente arrabbiare il fatto che, con sempre maggiore arroganza e spavalderia, questa classe dirigente faccia i suoi sporchi giochi a scapito di masse di popolazione costretta ad assumersi i costi delle loro politiche d’austerity.

La seconda questione, invece, vuole essere un po’ più analitica perché, finché si tratta di fumetti, caffè, barbieri e auto blu, la cosa appare anche un po’ ridicola; ma inaccettabile è, per noi, sentire di un ragazzo morto nella sua scuola in Puglia o del terrore che genera ogni alluvione (a causa dello stato in cui hanno ridotto i territori) quando invece destinano alla realizzazione della Tav – che ormai tutti sanno non solo essere un’opera inutile, ma anche un regalo impacchettato bene per le banche creditrici, per le imprese coinvolte, per gli amici di turno – i soldi necessari alla messa in sicurezza di quei luoghi. Chiamiamo anche questa “corruzione” perché, in misura maggiore che gli “scandaletti” di palazzo sui boxer verdi di Cota, determina la distribuzione della ricchezza nel paese: perché, insomma, il tema della spesa pubblica è più che mai centrale nello sviluppo di lotte e movimenti contro l’austerity. E queste questioni non possono certo essere demandate al “corso della giustizia” ma vanno affrontate politicamente per mettere in discussione l’intero spettro del quadro di comando odierno, il sua aspetto e la sua sostanza. Senza scorciatoie.

Quindi, quando parliamo di corruzione e delle odiose pratiche politiche che distraggono i fondi pubblici dalle necessità di chi vive in questo paese, che si produca meno gossip, meno tangentopoli e più spazio alla politica: tutto il resto è noia!

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