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Gabrielli vuole mettere a tacere le voci che si alzano dalle carceri

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In questi giorni è stata resa pubblica una circolare datata 29 gennaio con cui il capo della polizia, Franco Gabrielli, stabilisce le modalità di pianificazione dei servizi e d egli interventi da attuare in caso di agitazioni, manifestazioni, ribellioni che riguardano le carceri italiane, sia si tratti di proteste “interne” che “esterne”.

Il pretesto di dover contenere le rivolte che sono esplose durante la pandemia, ha fatto sì che Gabrielli, in maniera autonoma, stabilisse le linee guida in merito, scavalcando sia i direttori e direttrici delle carceri, sia le istituzioni normalmente coinvolte in questo tipo di decisioni.
Dunque sarà possibile l’attivazione diretta dei comandanti della polizia penitenziaria, scavalcando i direttori delle carceri, da parte dei questori. Potranno essere impiegati con più facilità i reparti mobili, con una attenzione particolare alle iniziative organizzate da solidali con i detenuti all’esterno delle mura carcerarie. Potranno essere utilizzati elicotteri e idranti, protezione aerea e navale. Sarà possibile il coinvolgimento delle direzioni investigative antimafia, delle teste di cuoio di Nocs e Gis e militari.

I punti principali del documento riguardano:

-Le manifestazioni di protesta sotto le mura delle carceri: vengono considerate “eventi tali da incidere sull’ordine e sulla sicurezza della struttura penitenziaria” e faranno scattare contromisure ad hoc.
Il questore potrà avviare contatti con il comandante della polizia penitenziaria (e non con il direttore dell’istituto coinvolto), mettere in campo i celerini, far levare elicotteri, disporre l’utilizzo di mezzi dotati di idranti.

-Poliziotti e carabinieri dentro le carceri : sarà più facile l’impiego di poliziotti, carabinieri e finanzieri, dentro le strutture penitenziarie. Se il direttore di un carcere in rivolta chiederà aiuto e rinforzi, tramite il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria o attraverso il prefetto, la gestione e la responsabilità degli interventi passeranno nelle mani del questore. E sarà lui, anche in questo caso, ad avviare contatti con il comandante degli agenti dell’istituto e a valutar se affidargli il comando delle operazioni o farlo affiancare da un suo funzionario. Non si esclude, nemmeno dentro i penitenziari, l’impiego del reparto mobile.

-L’uso della forza fisica e le armi: Gabrielli richiama il passaggio della riforma penitenziaria che ammette l’uso della forza fisica e delle armi. Non si fa cenno al divieto di forme di violenza e tortura, nonostante le denunce e gli esposti presentati da detenuti che hanno subito abusi e maltrattamenti durante e dopo le sommosse.

Ovviamente non manca il plauso dei comandanti della polizia penitenziaria che hanno espresso grande apprezzamento per queste nuove le linee guida…

E’ indicativo l’accentramento ulteriore della gestione dell’ordine pubblico che Gabrielli ha imposto con questa circolare, ma soprattutto si evidenzia come la linea scelta dal capo della polizia, un presunto “progressista”, nei confronti della leggittima rabbia di chi protesta con la paura di morire in carcere o di vivere in condizioni al limite della dignità umana,  sia quella della tolleranza zero. Mentre ancora si aspettano verità e giustizia per i detenuti morti durante le rivolte di marzo, questa è la risposta dello Stato. Stringere le catene ancora più strette in modo che torni l’ordine e che sempre meno voci si alzino dalle sbarre a ricordarci uno dei grandi “rimossi” della nostra società.

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