InfoAut
Immagine di copertina per il post

Gli sradicati

La sera accendi il telegiornale e senti parlare della terza guerra mondiale – così, come uno scenario plausibile, una notiziola tra le altre.

di Giovanni Iozzoli*

Alle volte, noi persone normali, abbiamo l’idea che le élite del mondo siano composte da pazzi criminali; e più o meno è vero: in mezzo alla gente che conta – presidenti, generali, amministratori delegati, intellettuali – la percentuale di sadici, psicopatici o cleptomani è evidentemente altissima. Altrimenti non si spiegherebbe l’andamento schizofrenico con cui conducono i loro affari, nell’epoca in cui l’irrazionalismo imperialista trionfa su ogni interesse o istanza dell’umanità reale.

Ma la cosa strabiliante non è che i lobbisti d’armi diventino ministri o che gli speculatori siedano ai vertici delle multiutility – in una coerente società capitalistica è normale sia così. No, la cosa che lascia basiti è la passivizzazione di massa a cui è giunta la nostra società davanti a questi moderni assetti di comando; la mancanza di reattività davanti ai nodi tremendi del presente – guerra, futuro dei figli, sopravvivenza, cioè le coordinate basiche, biopolitiche, dell’esistenza umana.

Perché in Italia non riesce a nascere un’opposizione di massa, anzi, aumentano i deragliamenti a destra?

Certo, in Inghilterra e in Francia si registra un’ondata di scioperi impressionante, in Germania si mobilitano grandi cortei antibellicisti. Anche nel nostro paese (finalmente) qualche segnale di piazza si intravede. Ma nel caso italiano stiamo parlando solo di segmenti irrisori di opinione pubblica consapevole, con un impatto politico, elettorale o egemonico inesistente.

Forse perché l’argomento Ucraina è scabroso e divisivo? Perbacco: anche Saddam Hussein, l’Afghanistan e Milošević erano divisivi. In Kuwait la retorica dell’aggredito e dell’aggressore era molto più spendibile. E per di più la guerra era collocata dentro una fase storica di espansione economica e trionfalismo unipolare. In quegli anni, come nel decennio successivo, larghe masse si ribellarono alla narrazione della “fine della storia” e all’idea degli Usa poliziotti globali.

Com’è che adesso – in condizioni pur così critiche, dentro lo sfrangiamento dei blocchi sociali, nella crisi dei ceti medi e l’impoverimento di quelli proletari, nello svuotamento finale della rappresentanza istituzionale – non si riesce a strutturare dentro la società un movimento di massa contro il coinvolgimento dell’Italia in guerra?

Probabilmente i tre anni che ci siamo lasciati alle spalle hanno assestato un colpo decisivo a ogni idea o prassi di movimentazione sociale, o anche solo di protagonismo della società civile.

La subcultura del lockdown ha abituato la società a subire come inevitabili le decisioni gravi e importanti calate dall’alto; ad affidarsi all’autorità che, in ultima istanza, davanti alla complessità, è un’ancora di discernimento a cui aggrapparsi; all’idea che la salvezza stia nell’obbedienza, nell’aderire a ogni scelta, anche a quelle che non capiamo, perché tanto si tratta di opzioni tecniche fuori dalla nostra portata; e all’isolamento delle perturbanti opinioni di minoranza, relegate dagli esperti nel girone dannato degli eretici; in ultima analisi, l’idea ormai metabolizzata che un tizio dotato di nulla o scarsa legittimazione popolare, possa affacciarsi una sera in tv a rete unificate e proclamare il coprifuoco (o la terza guerra mondiale).

Insomma, un bel casino uscirne. Soprattutto perché venivamo da anni in cui le soggettività della sinistra d’alternativa (quelle che residuavano nel loro logoramento tardo novecentesco) si erano già tristemente adattate ai numeri e alle logiche da riserva indiana.

A sinistra ci si era ormai abituati a rifugiarsi nelle “cause di nicchia”, quelle che ti evitano di misurarti con l’indifferenza apatica delle larghe masse. E in questo, Pd e “radicali” in qualche modo si assomigliavano, presidiando soglie diverse di minoritarismo sociale – più glamour quelle piddine, più genuine e classiste le altre –, ma entrambi gli approcci risultavano ugualmente rinunciatari rispetto alla montagna da scalare: le masse popolari, oggetto ormai insondabile, incomprensibile e perduto.

Non c’è mai stato un antagonismo della Ztl ma di sicuro c’è stato un antagonismo snob che non voleva sporcarsi le mani con la “gente”, quella che guarda San Remo e smadonna contro le tasse. È un “antagonismo” che si occupa solo di climate change e lo fa rigorosamente in inglese. Un’impostazione che snobba come retrive, antiscientifiche o reazionarie tutte le legittime ansie dell’uomo della strada travolto dalla globalizzazione e dalla sua crisi: larghe masse considerate, anche grazie allo stigma delle minoranze colte e progressiste, alla stregua di moderna plebe televisiva di cui diffidare.

L’esito di questa lunga stagione non è stato molto vantaggioso, per il nostro campo: gli “antagonisti” col lanternino a inseguire le nobili nicchie, e gli italiani in massa lasciati alle cure delle destre.

C’è un problema di temi, di perdita di insediamento sociale e di tutti i nodi delle sconfitte storiche (non solo quelle degli anni Settanta ma anche il cruciale dopo-Genova) che vengono oggi prepotentemente al pettine. L’incapacità di parlare con le persone normali, di misurarsi con le loro storie in discesa – che è una cosa che se non fai tutti i santi giorni nei territori, ai cancelli dei posti di lavoro, alle macchinette del caffè e nelle sale mensa, perdi l’allenamento e non sei più capace di recuperare.

Nel laboratorio-Emilia – tanto per calarci dentro esempi concreti – queste incapacità si sono palesate tutte: tra Modena, Piacenza e Bologna ci sono almeno un migliaio di procedimenti penali aperti, prevalentemente prodotti da vertenze sindacali. Un numero enorme, impressionante, che intasa i tribunali, condiziona le vite, mette a rischio fedine penali e permessi di soggiorno. E Modena è stata anche il teatro della strage dell’8 marzo 2020 nel carcere di Sant’Anna.

Insomma, scenari duri, crudi, pesanti, ma che in nessun modo sono andati a incidere dentro il tessuto sociale, la società civile, le pubbliche opinioni. Per stanchezza, inettitudine, mancanza di mezzi, gli “antagonisti” si adattano a questa indifferenza, la metabolizzano e allargano le braccia. Se le persone “normali” non si interessano alle nostre storie, perché dovremmo interessarci alle loro? – sembrano chiedersi amareggiati.

Non è difficile verificare che centinaia di “attivisti” non hanno mai fatto un minuto di lavoro sindacale nel posto di lavoro in cui trascorrono gran parte della loro esistenza: tanto i colleghi “sono tutti degli stronzi…”.

Ma non è solo questione di linguaggi o comunicazione – come il dibattito politico-filosofico ci ha fatto credere per vent’anni. Ci sono sostanziali questioni aperte di terribile complessità.

L’agenda dei movimenti è troppo spesso pericolosamente coincidente con quello euro-americana – e questo è un problema. Il mondo è frequentemente letto attraverso gli occhiali mainstream del Washington consensus – e i cattivi, guarda un po’, sono sempre nemici degli Usa e di Israele.

La rivendicazione dei diritti civili, da tematica di opposizione e lotta, è diventata agenda pop-egemonica, hollywoodiana (o sanremese), clava bianca che si abbatte sui “popoli scuri” – come ai tempi del colonialismo – per delegittimare e mostrificare ogni nazione e opinione non conforme all’agenda atlantista.

E i nuovi stili di vita di cui l’Occidente mena vanto sono sempre più forgiati nel calco nichilista e disperato di un iper-individualismo liberale, mascherato da carnevale delle opportunità, delle libere scelte: un campo minato che molti a sinistra, per pudore, attraversano mugugnando, senza trovare il coraggio del dibattito franco e aperto.

Eppure: i marxisti si sono ferocemente dilaniati per un secolo, spaccando il capello in quattro e moltiplicando per mille eresie e posizionamenti; possibile che solo sui temi “eticamente sensibili” dobbiamo sentirci vincolati a una versione unica e indiscutibile delle cose?

Ed emerge chiaramente l’imbarazzo (che però ci teniamo dentro) quando si maneggiano certe tematiche in mezzo ai proletari immigrati, mediamente più disponibili al conflitto ma meno docili nell’accettare lo stile di vita americano come destino ineluttabile dell’essere umano e punto più alto del suo sviluppo.

Rifugiarci nel culto delle minoranze ci ha fatto male. La sensazione è che oggi puoi parlare di Cospito e del 41bis solo se sei anche “quello delle bollette”: se cioè c’è un pezzo di popolo che ti riconosce come parte di sé e ti ascolta perché ti ha visto presidiare il suo mondo, i suoi interessi, le sue ragioni. Altrimenti molte delle nostre battaglie più preziose verranno viste solo come incomprensibili stravaganze – ed è bene dircelo.

È l’inizio di marzo, ma la primavera sembra partita già da settimane. Non piove e il clima è mitissimo. Siamo tornati davanti allo stabilimento CNH di Modena a comiziare di guerra e carovita, tra gli operai che finiscono il primo turno, quelli che vanno a mangiare e quelli che attaccano il pomeriggio.

Qualcosa mi attrae, di questo posto. Forse perché mi sembra un grande laboratorio in cui, negli anni, sono incubati tutti i nostri attuali problemi, ingigantendosi, incistandosi e aggrovigliandosi stagione dopo stagione. È una grande fabbrica storica, ormai a ridosso del centro cittadino; centinaia di persone ci lavorano in perenne apprensione circa il proprio futuro, come in tutti i siti dell’ex gruppo Fiat.

E se vai a volantinare là davanti passi in rassegna un campionario delle nostre incompiutezze: i vecchi che tra Dini e la Fornero hanno visto allungarsi di quasi un decennio il fine pena; i quarantenni bolsi e precocemente stanchi, che non scioperano più e non vogliono più sapere niente di sindacato; i ragazzini, appena arrivati dalla Puglia o dalla Calabria, che sguazzano inconsapevoli dentro una giungla contrattuale impietosa; e gli stranieri delle dittarelle esterne di manutenzione, dal vestiario sbrindellato; e le guardie giurate casertane, obese e annoiatissime, nelle loro inutili garitte aziendali.

E di ognuno puoi immaginare le storie – spesso molto simili: storie di immigrazione interna senza esiti gloriosi; storie di sradicamento; storie di disillusione sindacale, di malasanità, di mutui appiccicosi e finanziarie infide che si mangiano mezza busta paga. Storie di abbandono, che questo pezzo di società ha provato a lenire con il grillismo, per poi scegliere semplicemente di sopravvivere, fottendosene di tutto.

È dura, ma è da questo popolo di produttivissimi reietti che bisogna ripartire; e mica solo nelle fabbriche, ma ovunque il nostro blocco sociale naturale di riferimento si renda visibile, attraversando gli anni dello scontento, della diffidenza, del solipsismo malinconico dei poveri – la solitudine della condizione proletaria oggi.


* editoriale dal n.10 (maggio 2023) de Lo stato delle città

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

antagonismoclasseguerra

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il trattore torna al campo.. e adesso?

I primi mesi del 2024 sono stati segnati in molti paesi d’Europa dall’esplosione del cosiddetto “movimento dei trattori”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico

Nessuno con un minimo di sensibilità umana può rimanere indifferente alla violenza esorbitante che viviamo in Messico, sono circa 30.000 le persone uccise solamente nel 2023, mentre nel maggio di questo 2024 ne sono state assassinate 2.657.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Contro lo sgombero della Casa Rossa Occupata

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’indizione per il corteo che si terrà a Massa questo sabato 7 dicembre contro il rischio sgombero dello spazio della Casa Rossa Occupata

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale: l’opposizione al governo Meloni si fa nelle piazze

Qualcosa oggi è successa. Lo sciopero lanciato da CGIL e UIL ha parzialmente travalicato gli apparati sindacali ed ha aperto uno spazio di partecipazione, ancora politicamente frammentata, nella contrapposizione al governo Meloni. A fronte dell’eterno Aventino delle opposizioni istituzionali parti di società hanno occupato le piazze e questa è una buona notizia. Ci saranno sviluppi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

Leonardo occupata: costruire una prassi per boicottare la guerra

L’Intifada ha annunciato sin dall’inizio dell’anno accademico l’intenzione di proseguire con l’azione di boicottaggio contro Israele e i suoi alleati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Amerika Trump again

Fin dalle prime ore dall’inizio dello spoglio, la vittoria elettorale di Trump si stagliava netta, ben oltre le previsioni di chi scommetteva sulla sua rielezione, macinando stato in bilico dopo stato in bilico, mentre Fox News si sbilanciava a dichiarare la vittoria in anticipo su tutte le testate nazionali del mainstream media a stelle e strisce. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ancora Trump, non stupitevi

Ad un primo sguardo superficiale queste elezioni negli Stati Uniti sono state un replay di quelle del 2016. Trump vince nonostante le previsioni dei sondaggisti più autorevoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’esplosione delle spese militari italiane

Nel 2025 a 32 miliardi (di cui 13 per nuove armi).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appesi sulla facciata di Palazzo Madama: protesta di XR alla festa delle forze armate

Due persone si sono appese all’impalcatura di Palazzo Madama durante la Festa delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, srotolando uno striscione con scritto “Onorano guerre, distruggono terre”.