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CONTRO I SIGNORI DELLA GUERRA E PADRONI DELLA CITTÀ, BLOCCHIAMO TUTTO!

Oggi, nell’ambito dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base, come realtà autorganizzate del movimento milanese abbiamo deciso di bloccare l’ingresso principale della sede dirigenziale di ENI S. p. a. di San Donato.

Rivendichiamo questa azione nell’ambito delle mobilitazioni che da settembre sono esplose in tutti i territori sotto le parole d’ordine di “Blocchiamo Tutto!”, con l’obiettivo di assumerci in maniera diretta la lotta alla guerra, al genocidio e al riarmo. All’interno di questa cornice, l’individuazione di ENI come nemico politico ci consente di mettere in relazione diretta ed efficace i progetti imperialisti esterni con i processi coloniali interni, dal momento che ENI, multinazionale del fossile impiegata in prima linea nello smercio di materie prime al terrorismo di stato israeliano, da mesi minaccia di sgombero uno degli spazi liberati, autogestiti e resistenti della città metropolitana di Milano, SOS Fornace a Rho.

L’Italia è uno dei principali partner politici dello stato terrorista di Israele ed è attraverso l’appalto ai colossi delle armi e dell’industria energetica che si sviluppa questa alleanza genocida. La complicità di ENI si sviluppa su diversi piani dell’occupazione coloniale della Palestina, in particolare:

– ENI fornisce greggio a Israele

– ENI è partner del Caspian Pipeline Consortium, consorzio internazionale che gestisce l’oleodotto che porta petrolio dal Kazakistan fino a Tel Aviv (rischiando peraltro di violare il diritto internazionale)

– ENI esplora il mediterraneo davanti a Gaza su licenza del governo israeliano allo scopo di individuare giacimenti di gas in acque marine, appartenenti de iure alla Palestina.

Il BDS (“Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni”, movimento internazionale non violento a guida palestinese) ha lanciato un appello urgente per un embargo energetico nei confronti di Israele e ha pubblicato un toolkit che analizza nel dettaglio anche ENI; all’interno di questa cornice, la PACBI (Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel – Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele, sottogruppo appartenente al BDS) afferma che festival, musei e università dovrebbero “tenersi liberi dalla propaganda dell’industria degli idrocarburi”, dal momento che ENI, nello specifico ENI Plenitude (uno degli apparati volti al green washing dell’azienda), finanzia Sanremo, Lucca Comics e ha finanziato Brescia Bergamo capitali della cultura 2023. Come se non bastasse, ENI è inoltre complice del saccheggio della città pubblica di Milano in ragione del suo ruolo di sponsor delle Olimpiadi2026 Milano-Cortina e del Villaggio Olimpico all’ex Scalo Romana, che rappresenta una delle più succulente zone di interesse della speculazione edilizia nell’ambito delle devastazioni territoriali che stanno caratterizzando la preparazione dei giochi olimpici.

In linea con le organizzazioni palestinesi, anche nel nostro territorio moltissimi collettivi, sindacati e associazioni hanno sviluppato negli anni diverse campagne di boicottaggio e lotta attiva alla multinazionale, tra cui l’associazione italiana A Sud con il dossier “La cultura a sei zampe” (2024), Greenpeace, Fridays For Future, Fondazione StopENI, petizione ReCommon. Nell’alveo delle mobilitazioni che stanno caratterizzando questo autunno caldissimo, i portuali di Taranto, supportati dal sindacalismo di base, stanno portando avanti una fitta campagna di boicottaggio e denuncia della complicità di ENI e delle amministrazioni locali con il genocidio in Palestina, attraverso il blocco, l’occupazione e il rallentamento degli scali portuali delle petroliere dirette a Israele.

Regione Lombardia ed ENI S.p.A. hanno sottoscritto nel luglio 2024 un protocollo d’intesa presentato come un accordo improntato alla sostenibilità ambientale e alla collaborazione pubblico-privato, ma che in realtà è una mera strategia di greenwashing. Si parla di economia circolare, gestione sostenibile dei rifiuti, valorizzazione delle biomasse e degli scarti agrozootecnici, riuso delle acque di processo (soprattutto quelle provenienti da bonifiche), risanamento e riqualificazione ambientale delle aree dismesse. In particolare, l’accordo mira al recupero dei brownfield, cioè ex aree industriali, spesso contaminate da precedenti usi produttivi, da reimmettere sul mercato per nuovi insediamenti produttivi e per impianti legati alle fonti di energia rinnovabile. Dentro questa cornice si colloca il centro sociale SOS Fornace di Rho, ospitato nell’area di un ex deposito Eni-Agip, parte integrante della vecchia filiera petrolifera legata all’ex raffineria di Rho-Pero, responsabile per decenni dell’inquinamento del territorio.

Nel gennaio del 2018 Fornace occupa gli spazi di via Risorgimento 18, un ex deposito di gas di proprietà di ENI. Si tratta di un riuscito esempio di “riqualificazione dal basso” di un’enorme area dismessa, sottratta all’incuria e alla speculazione e restituita alla collettività. Per decenni, ENI ha inquinato il territorio rhodense attraverso la grande raffineria di Rho-Pero, inaugurata all’inizio degli anni ’50 e chiusa nel 1992 in ragione dell’inquinamento persistente e non più sostenibile. Consideriamo la riappropriazione di un suo stabile in disuso come un doveroso (seppur parziale) risarcimento per i decenni di ecocidio e di profitto barattati con la salute della comunità abitante.

Un’area, quella della Fornace, abbandonata per oltre trent’anni e oggi divenuta, per la sua vicinanza al distretto ipertecnologico di MIND, un tassello appetibile nei processi di rigenerazione urbana e valorizzazione fondiaria. In questo scenario ENI, attraverso la controllata ENI Rewind, può gestire l’intera filiera del valore: dalla bonifica al rilancio immobiliare dell’area, chiudendo così il cerchio di una trasformazione che si presenta come sostenibile ma che in realtà riproduce logiche speculative. Fattore abilitante di questo processo è il Piano di Governo del Territorio, voluto dal Partito Democratico, che ha classificato la zona come ambito di trasformazione urbana con destinazione logistica e produttiva, prevedendo regole speciali per l’area industriale di via Risorgimento con generosi indici di edificabilità.

In questo contesto, lo sgombero del centro sociale è un passaggio funzionale a liberare un’area su cui insistono importanti interessi economici. Sotto la retorica della transizione ecologica, si nasconde una nuova privatizzazione di fatto di spazi collettivi, una sottrazione di storia e di pratiche di autogestione che per vent’anni hanno prodotto cultura e conflitto dal basso in una città sempre più consegnata alla rendita e agli interessi immobiliari. Fornace è un collettivo politico che pratica l’autogestione: gli spazi di via Risorgimento sono, prima di tutto, una base per costruire percorsi di lotta autorganizzati che sappiano rispondere in maniera diretta ai bisogni reali di chi abita la città, dalla difesa del territorio da speculatori e palazzinari fino alle recenti mobilitazioni contro il genocidio in Palestina. Sgomberare via Risorgimento significa riconsegnare un altro pezzo di città pubblica agli interessi dei capitali privati secondo il modello della città vetrina, esclusiva ed escludente. È grazie alla permanenza sul territorio di realtà come Fornace che siamo in grado di praticare una resistenza attiva al capitalismo armato che caratterizza la nostra fase storica.

Ecco perché riteniamo che ENI sia il primo nemico contro cui costruire un percorso di resistenza cittadino, a partire da un’azione che ci ponga fisicamente alle porte di tutto ciò che combattiamo. Questa giornata deve essere il punto di partenza di un percorso di lotta il più largo e partecipato possibile, che miri a combattere in maniera diretta la macchina bellica neoliberista. In un percorso tale, devono trovare spazio e voce tutte le realtà antagoniste, autogestite, conflittuali e collettive che hanno l’intenzione reale di opporsi a questo modello di sviluppo cannibale e che da sempre combattono per costruire un mondo, una cultura e uno stile di vita differenti.

FORNACE NON SI SGOMBERA, SE TOCCANO UNO TOCCANO TUTTI!

CONTRO LA CITTA’ DEI PADRONI, 10, 100, 1000 OCCUPAZIONI

Rete cittadina Fare Spazio

Brigata Basaglia Milano

Cascina Torchiera Senz’Acqua

CKC Dogana Occupata

COA T28

Collettivo Lambretta

Galassia Antisionista

Gta – Gratosoglio Autogestita

Offtopic

Sos Fornace

Spazio20092

ZAM- Zona Autonoma Milano

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