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Lottare per difendere le aree verdi dalla cementificazione è di vitale importanza per preservare il nostro futuro

Anche in Italia, come a Lützerath in Germania, possiamo notare quelle “tendenze sotterranee” da cui ci mette in allerta la sociologa della Columbia University Saskia Sassen nel libro “Espulsioni”.

di Gioele Falsini

Secondo la Sassen, dagli anni Ottanta si è entrati in una diversa fase del capitalismo avanzato, governata da nuove logiche sistemiche di accumulazione, abilitate dalla finanza, che permettono, a quelle che la sociologa chiama “formazioni predatorie”, di allargare lo spazio adibito all’estrazione di profitto.
In questo modo, ogni luogo, ogni superficie, ogni angolo della Terra, viene visto come dominabile e quindi come potenzialmente sfruttabile dall’uomo, con la conseguenza inevitabile della devastazione dei territori.
Speculazione, gentrificazione, cementificazione, svendita dei beni comuni, sono solo alcuni esempi di queste tendenze sotterranee sistemiche che sempre più pervasivamente regolano lo spazio sociale delle nostre città moderne, le quali si articolano in una impersonale “comunità di mercato” governata dalle istituzioni burocratiche ed economiche.
Già nel 1918 il grande filosofo, economista e sociologo Max Weber aveva capito che il destino delle democrazie occidentali sarebbe stato quello di trasformarsi in democrazie burocratizzate, in cui il vero funzionario non deve fare politica bensì “amministrare” e mantenere intatto l’ordine dominante. In questo modo si produce quel sistema che Weber chiamava “gabbia d’acciaio”, un sistema tecnico-economico impersonale e razionalizzante che aliena e spersonalizza l’individuo, privandolo della sua dimensione umana, irrazionale, relazionale e collettiva.

Il sociologo Colin Crouch, invece, parla di “post-democrazia” per descrivere la parabola discendente del processo democratico e della fiducia/partecipazione del popolo, proprio per evidenziare la crisi della politica, dei partiti tradizionali e della rappresentanza democratica moderna, un sistema ormai succube e dipendente ai grandi interessi del capitale che allontana quindi gli elettori, contraendo così lo spazio politico.
Quindi lo spazio/bene pubblico si restringe a scapito di quello privato.
Sono più di trent’anni che con le politiche neoliberiste inaugurate da Reagan e dalla Thatcher si sostengono misure di deregolamentazione, di liberalizzazione, di privatizzazione dei settori pubblici come quello dell’istruzione, della sanità, dei trasporti, della sicurezza (carceri), dell’acqua, del suolo.
La trasformazione della relazione tra pubblico e privato è specialmente evidente nella gestione dello spazio urbano, dove il consumo di suolo causato dalle politiche di riqualificazione urbana e dalle dinamiche di gentrification determina effetti di esclusione di gruppi, classi, individui.

Le espulsioni, come il titolo del libro della Sassen, come le disuguaglianze sociali, aumentano da più di trent’anni. Tutti gli individui, i lavoratori, i consumatori, i territori spoliati e distrutti dalle logiche predatorie del capitalismo neoliberista vengono espulsi e abbandonati perché non più necessari al sistema capitalistico per riprodursi.
Sfruttamento fino alla distruzione, questo è il destino che spetta a qualsiasi ente: corpo, territorio o pensiero che sia.

Il problema principale degli ultimi decenni è che la velocità con cui stiamo saccheggiando la natura non lascia il tempo a quest’ultima di rigenerarsi, disegnando, così, geografie di una distruzione che va accelerandosi, materializzando il concetto dell’Antropocene, l’epoca segnata dal massimo impatto dell’uomo sull’ambiente.
A questo proposito, Serge Latouche, economista e sostenitore della decrescita, scrisse: “La nostra sovracrescita economica si scontra con i limiti della finitezza della biosfera. La capacità rigeneratrice della terra non riesce più a seguire la domanda: l’uomo trasforma le risorse in rifiuti più rapidamente di quanto la natura sia in grado di trasformare questi rifiuti in nuove risorse”.
Allora perché continuare a svendere, distruggere e cementificare il verde pubblico?
Torino è una città emblematica sotto questo punto di vista. Il Comune continua a svendere e a speculare sugli spazi pubblici cittadini per cercare di colmare lo spaventoso debito pubblico, che dopo le Olimpiadi Invernali del 2006 è aumentato di 3 miliardi di euro.
Negli ultimi mesi l’attenzione è rivolta particolarmente all’area del Meisino, Parco a Est della città, sui cui è presente un progetto di “riqualificazione” e “valorizzazione” che comprende la costruzione di una cittadella dello sport, e nell’area dell’Ex Westinghouse, tra Corso Vittorio Emanuele II e via Paolo Borsellino, che comprende un’area industriale dismessa ed il Parco Artiglieri di Montagna, uno dei pochi rimasti in centro città.

Nell’area tra poco partiranno i lavori per la costruzione dell’ennesimo supermercato, un’Esselunga, catena nota per essere vicina alla Lega.
La vicenda di speculazione che interessa quest’area incomincia però molto prima, nel 2002, quando l’archistar Mario Bellini vinse il concorso internazionale indetto dal Comune di Torino per la realizzazione, nella sola area Ex Westinghouse, di un faraonico complesso architettonico che doveva comprendere una biblioteca, un’area congressi, un teatro e vari negozi.
Solamente il progetto costò al Comune 16,5 milioni di euro, ma non venne mai portato al termine a causa dell’indebitamento per le Olimpiadi del 2006.
La parcella di Bellini venne comunque pagata e la Corte dei Conti indagò il sindaco per danno erariale.
Successivamente, il sindaco Fassino, per risanare in parte il debito del Comune, decise di vendere non solo l’area Ex-Westinghouse ma anche la zona di fronte, comprendente una parte della ex caserma Lamarmora e i giardini antistanti, quelli Artiglieri di Montagna appunto.
Per rendere più appetibile la gara d’appalto, essa prevedeva, oltre al Centro Congressi, uno spazio per la GDO (grande distribuzione).
Nel 2013 la gara fu vinto dalla Amteco&Maiora, longa manus di Esselunga che subentrò nel 2015. Anche in questo caso il Sindaco venne ed è tuttora indagato, stavolta per turbativa d’asta.
Tra l’altro, Esselunga, ha appena aperto dentro la Stazione di Porta Nuova, e in centro città ci sono già decine e decine di supermercati, mentre aule studio, biblioteche, aree verdi e case accessibili sono sempre meno.

Aree verdi che sono fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici, in una stagione secchissima per il Piemonte e non solo, in cui la portata del Po’ è dimezzata e già dall’inverno sono iniziate numerose le allerte e i razionamenti idrici.
Parliamo, inoltre, di una delle zone più inquinate d’Europa in cui i livelli di particolato atmosferico superano spesso, anche più del doppio, i limiti consentiti dalla legge.
Distruggere e cementificare le aree verdi va contro ogni logica sensata. Le piante terrestri, attualmente, assorbono circa il 29% delle emissioni di CO2.

Il problema principale ovviamente si riscontra nelle città, in cui le temperature sia diurne che notturne sono superiori anche di 12 C° rispetto alle aree naturali. Secondo Greenpeace queste isole di calore sono dovute alla cementificazione e al consumo di suolo.
In Italia vengono inghiottiti dal cemento circa 70 ettari al giorno.
Secondo i dati riportati da Lina Fusaro, ricercatrice dell’Istituto per la Bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), in un approfondimento dedicato al tema da Greenpeace, piantare alberi in città serve. Innanzitutto perché le chiome degli alberi garantiscono un confort termico che deriva sia dal diretto ombreggiamento delle superfici artificiali, sia dal processo di traspirazione. Attraverso l’evaporazione idrica dalle chiome, si abbassa la temperatura dell’aria.
E cosa fanno invece i politici che governano? Continuano a devastare i territori e a svendere spazi ai privati, compromettendo la nostra salute e l’accessibilità ai diritti inviolabili.
Fortunatamente, per difendere il Parco Artiglieri di Montagna, da poco più di un anno, è nato un comitato spontaneo di cittadini, il Comitato EsseNon, che sta lottando per cercare di impedire la costruzione del supermercato.
Il primo Aprile è stata occupata l’ex Caserma Lamarmora da moltissimi attivisti per mandare un messaggio chiaro al Comune e a Esselunga: il quartiere e la città vogliono il parco!
Lo spazio è stato sgomberato qualche giorno dopo. Continuano però le iniziative nell’area e la cura del Parco. Questo fine settimana (28-29-30 Aprile) ci sarà una campeggia ecologista (programma sulle pagine di Lea Torino o EsseNon).
È l’ora di schierarsi, di parteggiare. A pochi giorni dal 25 Aprile, non restiamo indifferenti, lottiamo per un futuro più giusto, un futuro ed un mondo antifascista, antisessista, antirazzista ed ecologista.
È importante tornare ad ascoltare e ad ascoltarsi in un mondo che purtroppo non ne è più capace.
Dobbiamo comunque continuare a sognare, perché come scrissero Deleuze e Guattari, il desiderio è potenzialmente rivoluzionario perché cerca ciò che non si vede.
Allora continuiamo a sognare, immaginare e desiderare un mondo altro, un mondo migliore.
Impariamo ad ascoltare e a curarci di ciò che ci sta intorno.
Ascoltiamo i segnali che la natura ci sta mandando, prima che sia troppo tardi, perché come scrisse il grande sociologo e filosofo Ortega y Gasset “Io sono me più il mio ambiente, e se non preservo quest’ultimo, non preservo me stesso”.

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