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TERRITORIO: SPAZIO PER IL CAPITALE O PER LA COMUNITA’

Parlare di territorio, oggi, è importante per due differenti motivi. Intanto potrebbe voler dire parlare di nuovi processi di accumulazione sottesi alla sfera del capitale, che, a partire dagli ultimi decenni e con l’intervento dell’ultima crisi, hanno sempre più spesso riversato il loro interesse allo sfruttamento del territorio, appunto, cercando di sbloccare flussi di capitale intrappolati in spazi saturi e già altamente consunti dalla forte finanziarizzazione dei mercati. A questo scopo il territorio viene progettato dal capitale per renderlo luogo di attrattività per i flussi economici che si nutrono di nodi e reti per un nuovo tipo di estrazione di plus-valore. La riorganizzazione in funzione dell’economia non solo attacca e distrugge il territorio, privatizzando beni collettivi, ma riformula l’organizzazione sociale cercando di modificarne l’apparato culturale e relazionale per renderlo disponibile alle richieste del mercato. Le reti e i nodi diventano i nuovi parametri per la descrizione dei territori, nuovi elementi sui quali procedere con la riprogettazione dello spazio di vita di soggetti ai quali viene sottratta ogni capacità di autodeterminazione. Interviene, in questo processo, la forte contraddizione tra economia liberista e sistema di rappresentanza classica che non è stata capace di adattarsi a queste modifiche attive a più livelli e che, come ci appare chiaro da circa un decennio, hanno modificato anche l’assetto istituzionale tradizionale. Così, dal basso pare arrivare una richiesta di una sorta di “democratizzazione” del sistema. O, quantomeno, pare emergere un rifiuto per le forme iper-mediate dell’attuale sistema di rappresentanza democratica. E questo, oltre a portarci al secondo motivo di importanza della questione “territoriale”, apre a nuovi scenari politici e di iniziativa. Da tanti nodi geografici, infatti, si sono tentate forzature politiche con un carattere destituente in grado di sperimentare forme autorganizzate in grado di far emergere il problema della questione decisionale autogestita. Sono i laboratori politici delle resistenze territoriali, delle decisionalità dei territori, quartieri, valli; sono i percorsi di costruzione di contropoteri territoriali o quelli intenti a costruire forme di indipendenza dai questi flussi di capitale. Dalla Val Susa a Bagnoli, dalle lotte ambientali a quelle per l’autodeterminazione nel Mezzogiorno. La richiesta sistemica contemporanea è incontrovertibile e si amplierà sicuramente nel tempo; l’evidenza è che il tema della decisionalità su vita e territori è un tema quanto mai urgente. I territori non sono, evidentemente, tutti uguali, nonostante i tentativi dall’alto di renderli omologati: le differenze affiorano a livelli diversi economici, sia sociali che morfologici. Abbiamo territori urbani, extra urbani e in via di urbanizzazione. Tutti, a prescindere dalle differenze, possono essere definiti utilizzando due livelli di significato: il primo meramente descrittivo in funzione del capitale, il secondo come trasformazione dal basso dei luoghi. Nel primo caso parliamo di territori come unità produttive del e per il capitale, nel secondo caso parliamo di territori come luoghi di soggettivazione e di produzione di resistenza. Il neoliberismo ha assunto la strategia del superamento della dicotomia centro-periferia o nord-sud con una valorizzazione dei flussi di capitale consoni ed uniformi ai luoghi nel nome del mercato globale, facendo dello spazio il luogo principe dell’ingerenza economica, in linea con le più innovative direttive della governance finanziaria. La trasformazione dell’economia periferica in economia integrata alle nuove esigenze del capitale, come la privatizzazione dei beni comuni – storici, culturali e ambientali – o lo sfruttamento delle risorse territoriali come l’attacco delle multinazionali alle risorse idriche, al sottosuolo o l’interesse allo gestione dei rifiuti e dell’impatto ecologico, fino ad arrivare all’ingerenza, tutta contemporanea, sui flussi turistici. Sta cambiando il volto delle città mondiali, tutte accomunate da standard di riconoscibilità internazionali, tutte progettate e definite secondo modelli predefiniti che le rendono appetibili e, soprattutto vendibili. Città e territori in vetrina, esposti al miglior offerente e indifferenti alle specificità e alle esigenze di chi, ogni giorno, li attraversa per vivere, studiare, lavorare o cercare di sopravvivere in un marasma di precarizzazione generale, all’ombra di un capitale che ha sacrificato la vivibilità collettiva all’accumulazione di ricchezze. Le città siciliane non sono da meno, anzi sembrano essere veri e propri laboratori di sperimentazione, tentativi di preparazione del territorio all’accoglienza dei valori del neoliberismo, si vedano, solo ad esempio, i processi di gentrification attivi a Palermo in questo periodo. Entrambe le definizioni che abbiamo dato di territorio seguono la stessa declinazione: generano contraddizioni sociali ed economiche. Le contraddizioni generano rifiuto e quindi resistenza. In queste rigidità resistenziali possiamo definire il nostro concetto di territorio partendo dallo sviluppo di dinamiche cooperative, dalla condivisione di identità in lotta, dalla ricomposizione politica. I territori possono essere politicamente ri-compositivi? Possono essere ripensati a partire da forme sperimentali di decisionalità dal basso? A partire da questi quesiti vogliamo aprire una discussione in grado di restituire al dibattito pubblico la pluralità e profondità delle questioni suddette e di produrre, da qui in avanti, un campo di collegamento e sperimentazione tra le più diverse esperienze che si muovono negli anfratti di queste contraddizioni. Come costruire una permeabilità sociale e antagonista dei luoghi in lotta senza che tale condizione diventi occasione di sviluppo delle reti del capitale è la sfida che abbiamo davanti. Su queste basi vorremmo discutere con comitati, collettivi, coordinamenti, movimenti, domenica 27, alle ore 10.00, presso l’Università di Palermo, all’interno dell’assemblea che costruirà la mobilitazione contro il G7 di Taormina del prossimo maggio.

La Sicilia contro il G7

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