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Analisi politica sociale della bassa modenese post corteo 24novembre

 

Quello del 24 novembre è stato un corteo partecipato da numeri alti (circa 1500 persone) per un territorio che non vedeva gente in strada a manifestare da parecchi decenni e che più in generale aveva perso quella attitudine a mobilitarsi per rivendicare diritti, conseguenza questa del lavoro pluridecennale del PD (incluse le sue “versioni” precedenti) che ha di fatto atomizzato la popolazione della Bassa, silenziando qualsiasi forma di conflitto.

 

Oltre all’elevata partecipazione, un altro dato appare rilevente. All’interno della manifestazione del 24, come segnale visivo rivolto alla controparte, si è palesata da parte dei cittadini la voglia di scendere in strada, di urlare i propri slogan e di costruire un percorso di lotta. In altre parole, si è avuta la sensazione che molti non stessero aspettando altro che poter gridare al mondo intero la propria rabbia verso l’atteggiamento ipocrita e penalizzante delle istituzioni nei confronti della Bassa terremotata.

 

Un ruolo importante lo hanno assunto,  prendendosi la responsabilità di costruire questa mobilitazione, i comitati di cittadini formatisi nella Bassa, i quali da diversi mesi stanno lavorando sul territorio e mediante l’organizzazione di assemblee controinformative hanno cercato di fornire ai terremotati, che spesso si trovano disorientati di fronte alla farraginosa macchina burocratica, strumenti per capire meglio la situazione post-sisma. Il lavoro dei comitati si è rivelato importante in ogni suo aspetto, visto che ancora una volta, sopratutto dopo oltre 6 mesi dalle prime scosse, l’informazione data dalla governance continua ad essere ambigua e fuorviante. Una controinformazione, dunque, necessaria per portare alla luce lo stato estremamente critico in cui versa tuttora la Bassa e per permettere ai suoi abitanti di iniziare a riprendersi in mano il proprio futuro.

 

Il corteo del 24 Novembre ha avuto l’effetto (non scontato né necessariamente immediato) di un’eco in quei territori, stimolando subito dopo in altri paesi del cratere la messa in campo di altre mobilitazioni, che sebbene con diverse modalità e pratiche, hanno cominciato ad abbattere quel muro di rassegnazione espresso dal “tanto non cambierà mai niente” (a Mirandola, per esempio, è nato un comitato per il mantenimento dell’ospedale locale e un altro di ambulanti contrari all’imposizione del Comune di farli tornare a fare il mercato in un centro storico morto e pericoloso solo per ragioni mediatiche se non per interessi privati). Al di là del carattere parzialmente vertenziale di certe rivendicazioni, il nuovo scenario sembra essere portatore di conflitto ed espressione di un’acquisita consapevolezza da parte dei cittadini terremotati, i quali non sono più disposti ad accettare passivamente i diktat imposti dall’alto.

 

Si tratta dunque di un salto qualitativo, che è stato fatto proprio grazie al lavoro costante portato avanti negli ultimi mesi dai comitati, in particolare Sisma.12 e Comitato Popolare Mirandolese per la ricostruzione, attraverso la loro capacità di aggregazione, ma anche grazie al corteo del 24 novembre con le sue parole d’ordine.  Infatti, in quell’occasione si sono mobilitati anche altri comitati presenti nella Bassa modenese (da piccoli comitati di terremotati neoformatesi, ai comitati che da anni si battono contro grandi opere locali ad impatto economico ed ambientale devastante, come il comitato No Gas e il coordinamento No Cispadana), alcuni partiti da sempre schierati contro le politiche del Governo ma soprattutto un gran numero di cittadini che per la prima volta hanno deciso di mettersi in gioco proprio a partire da quella mobilitazione.

 

Riteniamo che nella Bassa ora si possa cominciare a parlare di Movimento.

 

Se da un lato possiamo cogliere positivamente l’organizzazione dal basso degli abitanti della Bassa, non possiamo tralasciare il ruolo che le istituzioni hanno avuto finora.

 

Le scelte che il Governo ha fatto in queste ultime settimane ci indicano quale strada sia stata intrapresa, dimostrando ancora una volta incapacità a trovare una soluzione a questa crisi e  lasciando al proprio destino la popolazione della Bassa. Basti pensare alla conferma di non prorogare per i terremotati il pagamento delle tasse oltre dicembre…

E non è un caso che i grandi assenti alla manifestazione del 24 novembre (di fatto assenti già dalle prime ore dopo le scosse)  siano stati i sindaci e la governance tutta, Errani in primis. Costoro, ignorando l’invito rivolto loro dal comitato Sisma.12 e preferendo stare a guardare i loro cittadini scendere in piazza, sono andati a creare una distanza ancora maggiore tra istituzioni e popolazione, in sintonia con la crisi generalizzata della rappresentanza.

D’altra parte, tale assenza non è stata tamponata dalla conferenza stampa congiunta che i sindaci dell’area nord (l’area colpita dal terremoto) hanno organizzato subito prima del corteo per criticare l’operato del Governo. Infatti, sebbene per la prima volta abbiano infranto la logica del “qua va tutto bene”, vero leitmotif dell’intera governance a cominciare da giugno, con la loro scelta i sindaci hanno deciso di non dare continuità alle loro parole e di non dimostrare solidarietà concreta nei confronti di chi dovrebbero rappresentare.

Persino meno utili sono le finte dichiarazioni di Errani sulla ricostruzione, in “difesa” della popolazione della Bassa.

 

Dunque, sebbene ci sia consapevolezza che la battaglia da portare avanti sarà ancora molto lunga, si può affermare che il corteo del 24 novembre abbia segnato un passaggio importate per il processo di riappropriazione del proprio futuro che la Bassa modenese sta provando a compiere.

 

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