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Movimenti trans-nazionali nella crisi capitalistica. La provincializzazione dell’euro-crisi nella geopolitica antagonista, tra insurrezioni e prime istituzioni autonome.

Relazione meeting “Contropotere nella crisi” Bologna 13 – 14 Ottobre

A cura di Laboratorio Crash!

 

Per introdurre la giornata seminariale del nostro meeting con la relazione dedicata a “Movimenti trans-nazionali nella crisi capitalistica. La provincializzazione dell’euro-crisi nella geopolitica antagonista, tra insurrezioni e prime istituzioni autonome.” Vorrei considerare la conclusione del breve ma intenso documento di convocazione che dice: “Forti dell’esperienza di quello straordinario 2011 di insurrezioni e processi rivoluzionari che dura ancora oggi come possibilità reale dell’abolizione dello stato di cose presenti.”. E vorrei tentare di approfondire il problema che la conclusione del nostro appello propone. Si parla infatti di insurrezioni e processi rivoluzionari e se ne valuta la durata come allungata, distesa fino ad oggi. Questa introduzione ci schiera immediatamente in una parte del territorio globale ad alta tensione, non solo perché dichiariamo di trarre forza politica da quanto accaduto e sta accadendo oltre la penisola, ma anche perché parliamo con partecipazione di insurrezioni e processi rivoluzionari, ne prendiamo parte. Qui non si discute di primavere arabe, e non si vagheggia di ben poco determinate indignazioni d’opinione pubblica, al contrario si considerano insurrezioni e processi rivoluzionari, mobilitazioni di massa o iniziative di minoranze qualificate da attitudini politiche maggioritarie che si presentano nella loro solida materialità. Senza concedere nulla alle stilizzazioni giornalistiche o ai tentativi di curvature e deturnamenti mediali operati dalle controparti, dobbiamo sforzarci di considerare quanto accaduto e quanto sta accadendo lanciando il punto di vista antagonista nella posizione adeguata, ovvero tra i poveri, gli sfruttati e i bombardati che tentano di organizzarsi dentro, contro e oltre la crisi, per poi guardare lassù nel cielo della geopolitica del mondo multipolare, dove noi tra i poli che si contendono il potere non abbiamo nessun amico. E come potremmo avere amici lassù tra le vecchie e nuove potenze emergenti quando sappiamo che la ragione delle loro reciproche tensioni sta nella ridefinizione capitalistica di produzione, profitti e rendite. A noi interessa che nello scenario della crisi queste tensioni tra i poli restino aperte e si approfondiscano, mostrino le debolezze e le insufficienze delle elites che le governano, a noi interessa che non si risolvano né sventolando bandiere russe o cinesi, indiane o brasiliane, e men che meno statunitensi o tedesche. Non per ragioni meramente ideologiche o ideali, ma per una presa di posizione belligerante, antagonista e quanto mai materialistica che riconosce nello straordinario 2011 il tentativo di emergere, ancora incertissimo e ambivalente, di un nostro polo, della nostra parte che tenta di farsi largo sulla terra per liberarsi dai regimi della crisi e dell’austerità.

Questi processi rivoluzionari vanno collocati nella materialità dello scontro e questo significa che oltre a registrare gli incredibili avanzamenti di cui sono capaci, non possiamo non considerare che sono anche suscettibili di arretramenti politici e culturali, sono esposti alla corruzione (nel senso di ripiegamenti, arresti, e cambiamenti di direzione) e a contraddizioni, ma facciamo attenzione che le contraddizioni, i tentativi di corruzione, gli arretramenti non sono irresistibili, anzi possono essere e sono motivo, una volta superati o rotti, di ulteriori sviluppi.

Per noi è centrale riuscire a tenere i nervi saldi e ad analizzare le ragioni degli avanzamenti e degli arretramenti, a noi interessa valutarli politicamente rispetto ai nostri grandi fini e ai nostri obiettivi di medio termine di liberazione dalla crisi. Dobbiamo educarci a maneggiare la temporalità dei movimenti e soprattutto l’autonomia temporale e spaziale che esprimono. Con lo scoppio della crisi ad essere saltate sono la stessa temporalità e spazialità a cui eravamo abituati, e mentre guardiamo o siamo direttamente protagonisti dei movimenti sociali dobbiamo educare lo sguardo antagonista a muoversi con un occhio all’immediato e uno all’infinito come dice una bella poesia rap militante. Negli ultimi mesi abbiamo avuto l’occasione di confrontarci molto spesso su quanto sta accedendo in Tunisia a partire da alcune inchieste militanti, e spesso nei dibattiti ricorreva la domanda “Ma allora in Tunisia è tutto finito, hanno vinto loro?”, e la nostra risposta era “no, tutto è appena cominciato!”. E consideravamo quanto le insurrezioni, le grandi mobilitazioni e forme di organizzazione di parte proletarie recenti non fossero qualcosa di astraibile nella forma evento come se fossero apparizioni della Madonna, ma al contrario ragionavamo sul loro essere modulazioni, variazioni e anche discontinuità tutte interne però a rapporti di potere determinati, tutte interne ad una genealogia di conflitti di classe e antagonismo sociale e politico che attraversa i territori. Introducevamo in questo modo il problema della durata, o meglio delle durate sia dei processi rivoluzionari che della contro-parte. Guardiamo al Nord Africa d’oggi e al Termidoro islamista: che paradosso terribile, incredibile! Mentre la forma della sovranità moderna si incrina e sgretola nella crisi della rappresentanza in Europa, e negli Stati Uniti, nel Maghreb, e non solo, gran parte degli islamismi politici più o meno radicali o moderati riconoscono la fonte profana del potere, la forma borghese dalla rappresentanza! Ecco una lunga durata di processi sociali e politici, in questo caso il farsi della democrazia liberale al di là dell’occidente, che si presenta oggi come reazione e crisi allo stesso tempo. E dall’altra parte abbiamo considerato, ad esempio in Tunisia, come dopo degli straordinari picchi intensivi delle mobilitazioni a tendenza insurrezionale si sia dispiegata una fase estensiva di lotte e organizzazione che fa durare il grande sit-in di massa della Casbah fino a questo momento, articolandosi in variazioni, salti, balzi. Lo sguardo antagonista deve quindi sforzarsi di essere capace di cogliere e appropriarsi della temporalità autonoma dei movimenti, altrimenti si fanno muovere le lancette dell’orologio del Capitale per comprendere movimenti sociali che quelle lancette stanno e vogliono spezzare, perché ritmano il tempo dello sfruttamento, della crisi. Proprio come i rivoluzionari che durante la Comune di Parigi sparavano sugli orologi per rompere la temporalità, la misura del tempo basata sullo sfruttamento ed opporvi il tempo ritmato dalle lotte per la libertà, dignità e giustizia sociale. Ecco, il nostro tempo va scandito, va fatto muovere con gli ingranaggi dell’orologio della Comune di Parigi!

Su questa temporalità vanno quindi collocati i processi di organizzazione delle lotte che si distendono tra la regione mediterranea e la sponda atlantica. Alle grandi ondate insurrezionali e all’emersione della potenza destituente dei movimenti contro l’austerità si accompagnano prime importanti esperienze di organizzazione delle lotte nei termini di mutualità autonoma, forme di auto-governo e contro-istituzionalità. E’ il contro-potere nella crisi. Chi assedia i palazzi del potere in Spagna, in Grecia, in Egitto e in Tunisia sono gli stessi soggetti sociali che stanno tentando di liberare la cooperazione appropriandosi della produzione e della riproduzione sociale, occupando e autogestendo fabbriche, servizi e quartieri. Ma questo movimento di riappropriazione in tendenza destituente e costituente non si orienta nel contrattare con la contro-parte, ma piuttosto la incalza e la scalza organizzandosi anche oltre di essa. Nell’impossibilità di un New Deal, sia i governi delle transizioni democratiche che quelli dell’austerità, e nell’approfondirsi della crisi, i movimenti, quando tentano di sperimentare pratiche di appropriazione non fanno altro che porre il problema del potere. E problematizzando ancora: quando il capitale non vuole o non può ricorrere alla produzione di welfare esso si pone come potenza distruttiva di stessi capitali e forme di vita lasciando a presidio del territorio la polizia, e le escrescenze nazionalsocialiste e nazional-popolari. D’altronde cosa fa Alba Dorata in Grecia se non sostituire ai discorsi e alle pratiche dei movimenti la parola “classe” con “razza e genere”? Cosa fanno gli islamismi in nord africa quando assaltano sedi sindacali o costruiscono comitati popolari per sostenere la reazione? Operano come presidi reazionari dello stato in crisi e tentano di provocare, corrompere e curvare le istanze di lotta contro l’austerità e la povertà per neutralizzarne l’energia politica rivoluzionaria. Quanto stiamo considerando assume una certa centralità e una certa urgenza soprattutto se guardiamo all’altezza della sfida e riconosciamo nei passi avanti compiuti dai movimenti solo dei primi tentativi, delle prime allusioni, che presentano delle grandi insufficienze e limiti. Eppure tutto ciò non descrive affatto uno scenario catastrofico dove abitano passioni tristi, al contrario se guardiamo a quello straordinario 2011 fino ad oggi oggi non possiamo che dirci che “tutto è iniziato”! E’ un dato empirico che non possiamo eludere e con cui dobbiamo fare i conti e che deve interrogarci su come saper accumulare e orientare nei nostri territori contropotere consapevoli sia dei possibili faccia a faccia con le contro-parti nemiche ma anche e soprattutto delle straordinarie opportunità. Davanti a noi abbiamo le variazioni dei movimenti in Spagna, in Grecia, in Portogallo, Tunisia ed Egitto e non solo, abbiamo uno spettro variegato di durate e spazialità di contro-istituzioni e di picchi insurrezionali, e a partire da quelle dobbiamo cogliere una tendenza potenzialmente generale da con-ricercare nei nostri territori ad alta tensione. Ecco una metodologia sperimentale della trans-nazionalità a partire dalle lotte.

Se assumiamo questa metodologia, abbiamo davanti a noi una geopolitica antagonista che sta riuscendo a “provincializzare la Fortezza Europa” facendo emergere un mediterraneo delle lotte contro la crisi e l’austerità. E’ una metodologia che rompe la piramide dell’Euro-Med al cui vertice c’è il maschio bianco che tenta di schiacciare i corpi delle operaie d’africa sui marciapiedi, affoga la libertà di movimento ad un passo da Lampedusa e costringe a cazzotti il lavoro migrante sulle catene delle povertà nell’Unione Europea. La nostra metodologia ambisce a rompere questa gerarchia ancora più irrigimentata dalla crisi, a partire dal rovesciamento dell’Euro-Med, questa bestemmia da cancellare dai discorsi dei movimenti e da lasciare solo sulla bocca dei padroni, dell’1%.  

Nel mondo multipolare in tensione è possibile prendere parte al nostro polo, alla nostra polarità che si fa largo. Per questa ragione la nostra attualità è tutto fuorché “catastrofe”, ma al contrario spazio e tempo del possibile. Il metodo di una geopolitica e di uno sguardo antagonista oltre a fare propria la temporalità e spazialità dei movimenti, deve a nostro avviso, proprio ora che la crisi fa suonare i tamburi di guerra, far funzionare una logica del rovesciamento tramite un viaggio con Lenin verso Zimmerwald*. E’ la logica della rottura e del rovesciamento leniniano nello spazio geopolitico della Grande Guerra colto come spazio per l’iniziativa rivoluzionaria “che abolisce lo stato di cose presenti. E’ questa logica che si muove tra e contro le potenze del mondo multipolare riconoscendole come ostili e nemiche, è questa logica che ci fa riconoscere nei movimenti trans-nazionali emergenti il nostro territorio da cui muovere lo sguardo e l’iniziativa. Su questa logica il nostro mediterraneo ribelle è lo spazio dove i movimenti stanno già costruendo barricate per la pace, la nostra pace, contro il loro mondo… mondo di guerre, miserie e povertà.      

 

 

*La conferenza di Zimmerwal si tenne nell’autunno del 1915 e raccolse numerose organizzazioni socialiste che vivano il lacerante dibattito sulla valutazione e la presa di posizione rispetto alla Grande Guerra. A conclusione della conferenza prevalse la linea moderata di Trockij per una pace senza annessioni, ma per la prima volta furono formulate e diffuse nel contesto del movimento operaio europeo le tesi leniniane, che riecheggiando le posizioni di Liebkneacht, consideravano la possibilità di rovesciare la guerra imperialista in processo rivoluzionario. E’ alla logica del rovesciamento leniniano a cui si fa riferimento nella relazione.            

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