Quello di ieri era un secondo accesso e si è risolto con un breve rinvio, ma il dato più squallido della vicenda resta senza dubbio l'assenza di una delle parti in causa, e cioè della proprietà. Sicuramente i dirigenti dell'Apes trovano molto sconveniente il doversi confrontare con le famiglie che si apprestano a spedire in mezzo ad una strada, e preferiscono rimanere rintanati nei loro uffici, nascondendosi dietro a un ufficiale giudiziario.
Venire al Cep, fra l'altro, per loro significherebbe dover rispondere delle numerose case popolari che ancora non sono state assegnate, della decisione di investire i campini con una nuova ondata di cemento, dei fondi inutilizzati, sempre di proprietà dell'Apes, che invece potrebbero avere un utilizzo sociale. Di una gestione, insomma, ben caratterizzata da un'impronta speculativa, che per il quartiere inizia a diventare esasperante.
Oggi Anna ha scelto di non attendere l'ufficiale giudiziario rinchiusa in casa, ma di aspettarlo sulla strada, ben visibile, insieme ad un presidio di solidali e ad uno striscione contro gli sfratti, parlando e spiegando la sua situazione alle persone che si fermavano incuriosite. Questa decisione nasce dalla consapevolezza di non vivere un dramma isolato; tante altre famiglie nel suo stesso quartiere e nella sua città affrontano situazioni simili, spesso con vergogna e solitudine, e non trovano il coraggio di denunciarne l'ingiustizia.
È solamente un primo passo, ma certamente molto significativo, per affermare la convinzione che agli sfratti si può e si deve resistere, al Cep come in tutta la città.
LA DIGNITA' NON SI SFRATTA, DIRITTO ALLA CASA PER TUTTI!
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