Il Questore aveva infatti imposto ieri, minacciando di sanzionare ogni violazione, il divieto assoluto di manifestare nelle zone calde della città (stazione centrale, prefettura, comune), con un atto che faceva emergere chiaramente la volontà politica dei piani alti di stoppare la continua esplosione della solidarietà No Tav in tutte le zone del paese.
La reazione dei solidali catanesi con la lotta contro l'Alta Velocità è stata però determinata, con un presidio sotto la stazione centrale ingentemente militarizzata dalle forze dell'ordine. Presidio che poi è diventato un corteo che ha attraversato tutti i punti toccati dal divieto questurino, esprimendo alla città le ragioni del No alla Tav.
Un No alla Tav che nella comunicazione politica dei manifestanti oltrepassa l'ambito della Valsusa diventando una battaglia comune di tutte le parti del paese. Non per niente si sottolineavano le enormi contraddizioni in merito alla situazione dei trasporti siciliana e in riferimento alla Grande Opera Inutile piemontese.
Si vedono infatti da un lato spendere decine di miliardi per dei treni inutili e dei non-cantieri, mentre dall'altro si tagliano i fondi ai treni a lunga percorrenza notturni, fondamentali per gli spostamenti degli studenti e dei lavoratori siciliani verso il nord, senza potenziare inoltre le linee ferroviarie interne alla Sicilia che prevedono tempi lunghissimi per gli spostamenti tra una città e un'altra.
Oggi a Catania, come a Palermo negli scorsi giorni, la Sicilia ha quindi dimostrato come la Tav non sia una dimensione localistica e autoreferenziale come la vorrebbero descrivere molti pseudo-giornalisti del nostro paese, ma è una lotta che va assunta su un piano nazionale, se non oltre..
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