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Ddl Immigrazione: la spettacolarizzazione del razzismo istituzionale

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Entro fine settembre dovrebbe essere portato in Parlamento il ddl Salvini sull’immigrazione, che verrà discusso invece lunedì in Consiglio dei Ministri. Il testo dovrebbe essere legato ad un altro elaborato, il cosiddetto dl Sicurezza, di cui abbiamo avuto anticipazione con la famosa circolare sugli sgomberi firmata insieme al capo di gabinetto Piantedosi. Si tratta allora di analizzare il piano di Salvini, ai fini della necessaria contestazione di quello che si preannuncia essere il provvedimento cardine del Ministro dell’Interno.

Pare che un restringimento generale dell’istituto della cittadinanza e l’abrogazione della protezione umanitaria per i richiedenti asilo saranno i punti cruciali del testo sull’immigrazione, il quale si occupa di “disposizioni urgenti in materia di rilascio di permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale, di immigrazione e di cittadinanza”.

Come d’obbligo, Salvini affianca al testo una campagna politica e mediatica, giocata soprattutto attraverso il suo apparato social, teso a screditare i migranti nella loro generalità, come di recente ha fatto citando qualche dato a caso per affermare l’equazione per la quale l’aumento dei migranti è legato all’aumento della delinquenza.

“Se vieni in Italia, rispetta gli italiani! #èfinitalapacchia”, il contenuto della campagna salviniana che dietro lo slogan mira a modificare alcuni assunti cruciali del sistema di accoglienza, in particolare riducendo o eliminando del tutto la concessione di permessi di soggiorno per ragioni umanitarie, che sarebbero per Salvini oggetto di un boom e di una sproporzione rispetto ad altre forme di tutela.

Di fatto la legge si porrebbe in seria violazione degli obblighi internazionali che riguardano la protezione dei migranti da luoghi interessati da guerre e disastri naturali, oppure da paesi che non rispettino gli standard minimi di rispetto dei diritti umani, ovvero dove potrebbero essere sottoposti a tortura poiché giudicati nemici politici.

Andando nel pratico, si statuisce che la singola domanda di permesso per ragioni umanitarie non potrà più essere valutata dalle commissioni territoriali o dal Questore, con il rischio che nei fatti venga eliminata questa possibilità per il migrante, aumentando le statistiche sui rimpatri e limitando l’accoglienza e la possibilità di ottenere l’asilo, che va segnalato come in Italia non sia disciplinato da alcuna legge specifica ma piuttosto venga interpretato sul caso singolo in base alle direttive europee.

Discrezionalità che il ddl punta ad eliminare, con ovvie conseguenze, anche in termini di ingolfamento giuridico dato il sicuro aumento dei ricorsi, elemento su cui tralaltro Salvini si è già espresso, ovviamente denunciando il “business degli avvocati d’ufficio” che si fonderebbe sull’assistenza ai migranti, diritto riconosciuto.

Il ruolo dei CPR si inserisce in questa analisi come rilancio delle forme di carcerazione e detenzione di persone che non hanno commesso alcun reato: la loro carcerazione, a quanto sembra, potrà essere prolungata dagli attuali 90 a 180 giorni, 6 mesi nei quali di fatto i migranti saranno rinchiusi in lager che saranno aperti o riaperti nelle prossime settimane/mesi. Inoltre, una volta deciso per il rimpatrio, il migrante potrà anche essere internato in strutture diverse dai CPR, probabilmente normali carceri o altri luoghi in cui non avrebbero nessun dovere a stare.

Per il Fondo Rimpatri, che dovrà provvedere a finanziarie questo sistema carcerario in formazione, saranno stanziati 3,5 milioni di euro da qui al 2020. In un contesto per il quale ogni rimpatrio, una volta raggiunti non facili accordi con i paesi di provenienza, costa tra i 4000 e i 10000 euro, siamo di fronte alla possibilità di un numero di rimpatri bassissimo, tra i 300 e i 1000 al massimo.

Di conseguenza, un po’ come sull’operazione riguardante le scuole, ci troviamo di fronte ad una vera e propria operazione cosmetica finalizzata unicamente alla rappresentazione social del celodurismo del Ministro dell’Interno.

Verrà inoltre aumentata la lista di motivazioni per le quali è previsto il rimpatrio e la revoca dello status di rifugiato, tra cui violenza sessuale, produzione, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, rapina ed estorsione, furto, furto in appartamento, minaccia, violenza o resistenza a pubblico ufficiale.

Soprattutto quest’ultimo caso sembra interessare le disposizioni di Salvini, interessato evidentemente a limitare le possibilità di reazione a condizioni di sfruttamento e povertà di cui possono essere esempio i fatti di piazza Indipendenza o di Castello d’Argile.

Salvini ha di fronte due opposizioni. Una è quella che potrebbe arrivare sul piano giuridico, dalla violazione delle normative europee e della costituzione italiana in merito agli istituti della protezione umanitaria. Realisticamente, una posizione spuntata vista la campagna elettorale giocata contro i migranti in tutti gli stati europei rispetto alle elezioni a venire, e che in realtà potrebbe anche giovare a Salvini impegnato a mettere in discussione l’UE e le sue normative.

L’altra, quella che interessa a noi e che necessariamente dovrà darsi percorsi di ulteriore costruzione, è quella sociale che dovrà muoversi dalla definizione di un punto di vista antirazzista alla messa in discussione pratica delle strutture come i CPR che dovranno sostenere le sparate leghiste.

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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