
La banalità del male accademico: difendere un’ora di lezione e ignorare un genocidio
Un minuto negato alla Palestina, un’ora di lezione annullata.
Di seguito pubblichiamo il comunicato uscito da Studentx per la Palestina Pisa e ripreso anche da Giovani Palestinesi e Rete Ricerca e Università per la Palestina in merito alle iniziative svolte in Università a Pisa in solidarietà alla Palestina e per dare seguito allo slogan “blocchiamo tutto”.
È iniziata questo lunedì la prima settimana di lezioni in Università. Ancor prima dell’inizio, studenti e studentesse di tutta Italia avevano dichiarato di essere pronte a bloccare i propri atenei, per la Global sumud flotilla e per Gaza. Nella notte tra il 15 e il 16 settembre, è arriva la notizia dell’invasione di Gaza city da parte dell’esercito israeliano, che ha dato avvio alla parte finale del progetto coloniale e genocidario di Israele.
Abbiamo deciso di farci sentire nella ripresa delle lezioni di un’accademia che prova a inghiottire e normalizzare ogni cosa nella sua immobile ipocrisia. Siamo state nei corridoi, siamo entrate nelle lezioni, nel cortile, nelle conferenze. A sventolare le bandiere, a fare interventi con il megafono per informare di quanto accaduto nella notte, a urlare “Palestina libera”. Ovunque abbiamo portato la voce della Palestina, sapendo che in questo momento deve essere la priorità su tutto e per tutti. Insieme a noi si sono uniti studenti e studentesse, e anche docenti che hanno deciso che è più importante mandare un messaggio di solidarietà piuttosto che trincerarsi nel microcosmo della loro lezione.
Questo finché, nell’ultima aula, ci voleva essere impedito di parlare. Appena abbiamo aperto la porta, il professore si è scagliato contro di noi per non farci entrare. Con tutto il suo corpo manifestava l’unica volontà che non una parola venisse spesa per la Palestina, che non una bandiera contaminasse la sua aula.
Ma oggi non possono essere chiusi spazi per parlare della Palestina, non possiamo accettare di fare un solo passo indietro, per un popolo che da oltre 70 anni subisce la colonizzazione sionista e da due anni un vero e proprio genocidio. Di fronte a quello che continuiamo a vedere sui nostri social ogni giorno, non solo non possiamo stare zitte, ma vogliamo che sia eroso ogni spazio di chi sostiene l’operato dell’entità sionista. Oggi non si può negoziare sullo spazio da accordare alla Palestina.
Le aule universitarie sono spazi in cui sempre di più è necessario prendere posizione al fianco del popolo palestinese, per promuovere saperi di pace. Non può esserci spazio per chi promuove odio, guerra, colonialismo. Per questo il professor Rino Casella era così spaventato dalle bandiere della Palestina e per questo non ha potuto far altro che lasciare l’aula. Se un minuto voleva essere negato alla Palestina, noi ci siamo prese tutta la lezione, un’ora liberata dalla violenza e dal dispotismo sionista e divenuta spazio di confronto e incontro con tutte coloro che, tra i corridoi universitari, sanno bene da che parte stare di fronte ad un genocidio.
Dal pomeriggio, abbiamo sentito dire qualsiasi cosa sull’accaduto. Il professore, evidentemente ferito nell’orgoglio per aver visto minata la sua autorità, ha fatto presto a mettere in moto la macchina mediatica per costruirsi addosso l’immagine di vittima.
Di fronte alla semplicità di quello che è successo, un’interruzione della lezione per informare su ciò che sta accadendo a Gaza, il quadro che ne è stato dipinto di violenze rosse, blitz, calci e pugni ha dell’assurdo ma è anche comprensibile: chi non ha la ragione e la giustizia dalla sua parte è costretto a ricamarsi addosso menzogne di questo tipo.
Nella giornata di ieri sono anche cadute le maschere della presunta neutralità del sapere che l’Università ci fornisce. In un dipartimento come quello di scienze politiche, alla cattedra a fare da padrona è un’ideologia coloniale e sionista: è anche in questo modo che si riproduce il genocidio nelle nostre università. Abbiamo detto che vogliamo bloccarlo ovunque, negli accordi, nei laboratori e anche nelle aule di chi ne costruisce piano piano e spesso sotto traccia la legittimazione.
Ai diversi ministri che si sono espressi, Annamaria Bernini e Matteo Salvini, al rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi vogliamo dire che non devono temere per l’incolumità fisica dei loro professori: devono temere perchè il loro potere sta vacillando, sempre meno riconosciuto da chi abita gli Atenei.Le loro complicità con la guerra e con il genocidio sempre di più stanno facendo ribellare studenti e studentesse che in tutte le università non sono più disponibili a rimanere in silenzio.
Vogliamo decidere sulla nostra formazione e sul nostro futuro, non lasceremo che altri lo facciano al posto nostro. Ci vediamo allo sciopero generale del 22 settembre!
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