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Sciopero (quasi) generale

A più di quattro messi dalle prime richieste della piazza (16 ottobre: manifestazione nazionale della Fiom e dei movimenti) la neo-segretaria della Cgil “concede” (bontà sua) l’indizione di uno sciopero generale di tutte le categorie. “Un atto di responsabilità” lo definisce… e infatti tempi e modi della proclamazione sembrano proprio voler esorcizzare qualsiasi uso generalizzato della scadenza.

Per evitare il prodursi di qualche emulazione italiana di piazza Tahrir, si piazzano 4 ore (“siamo responsabili”) il prossimo 6 maggio. Reazioni e commenti piovono sul web e tra il passa-parola della base, tra l’ironico, il cinico e il disilluso. Solo le dichiarazioni ufficiali dell’opposizione gioiscono di un gesto “importante per i diritti e la democrazia”, politico nella dichiarata volontà di non agitare le acque che un minimo poterbbero pur incresparsi.

Se gli ingenui in buona fede si lasciano cullare da un “meglio tardi che mai”, i più sanno bene che le modalità scelte obbediscono al codice politico del “sindacalese”. Con questa formula la Camusso e il suo gruppo dirigente intendono ricordare al paese chi comanda nel sindacato: l’indizione non segue le richieste di Fiom, base e movimenti ma è una esclusiva e deliberata scelta del direttivo Cgil.

I limiti della scadenza sono evidenti a tutt*. In particolare per quanto concerne i tempi della scadenza:  1) il 6 maggio, che seguirà di poco le manifestazioni del 1 maggio, dove la Cgil sfilerà – come sempre – assieme ai sindacati “gialli” di Cisl e Uil che procedono a spron battuto nella firma di accordi separati. 2) un’astensione di 4 ore, inadeguata per uno sciopero generale, indicazione spesso non raccolta dagli stessi lavoratori che non sempre accettano una soluzione così tiepida.

Una mossa di estremo equilibrismo che svela anche il differente approccio poltico che separa l’azione della Cgil da quela della Fiom, dei movimenti, delle istanze di base. Per Camusso & c. (sinistra istituzionale e ceto economico-politico che guarda al dopo) il problema è solo Berlusconi e il suo governo, per noi i nemici sono anche Marchionne, Confindustria e il nuovo paradigma di assoggettamento generalizzato al Capitale sotto il segno dell’austerità e dei sacrifici.

Red. Infoaut

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