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Costruire lo sciopero

Insomma, il 6 maggio c’è lo sciopero generale. Lo studio della data sembra un opera di ingegneria meccanica, che però ha l’obiettivo di produrre una cinquecento non una Lotus (non diamo soddisfazione agli imprenditori nostrani). La distanza di due mesi di attesa ha il solo obiettivo di narcotizzare gli animi di chi da quest’autunno scende in piazza; le 4 ore di sciopero hanno l’obiettivo di non infastidire mai troppo gli animi degli imprenditori; il 6 maggio ha la funzione di Spin Doctor per le amministrative del centrosinistra della settimana successiva.

Ma comunque, il 6 maggio c’è lo sciopero generale. E adesso il compito passa nelle mani di chi, senza alcuna laurea di ingegneria, si esercita fin da piccolo con marmitte e carburatori. Trasformando nei propri garage semplici cinquantini i moto da competizione. Truccare un motorino è un processo lungo che non ha mai una fine definita. C’è la ricerca dei pezzi. La continua messa alla prova. Lo smontare e rimontare ed imparare facendolo. Fino a quando è il momento di testare su un rettilineo la velocità.

È una metafora un po’ stravagante che però richiama l’olio sulle mani delle operaie e degli operai metalmeccanici, richiama all’arte di arrangiarsi di questa nuova generazione, e soprattutto richiama alla fase di avvicinamento al test. Da qua al 6 maggio sono numerose le date lanciate, alcune costruite da tempo, altre che assomigliano più ad un lancio di dadi.

Ma allora, come approcciarci a  tutte queste scadenze? La capacità deve essere quella di saper leggere e intercettare in ognuna di esse le novità e la forza che esprimono per riuscire a ricomporle il 6 maggio in una grande giornata di lotta e di sciopero generale e generalizzato. Un 6 maggio che attacchi Marchionne e Confindustria ma che si dia l’obiettivo di buttare giù Berlusconi.

Buttare giù Berlusconi e il suo governo, oggi, acquista un significato in più. Un significato di solidarietà alle rivolte del nord Africa, ai popoli libici, tunisini ed egiziani che stanno vedendo sempre di più l’incombere di un intervento in quell’area. Attaccare il Governo è dire no a qualsiasi intervento militare nell’area.

Buttare giù Belusconi significa far diventare programma politico il “Que se vayan todos“, e rompere con  il “berlusconismo” il cui paradigma principale era riassunto nella rassegnazione al cambiamento. “Que se vayan todos” perché c’è bisogno di nuovi attori che diventino soggetti.

E questi nuovi attori non potranno che essere un attore collettivo che dall’8 marzo, passando per le giornate transnazionali del 24, 25 e 26 marzo contro le banche e le misure di austerità, arrivino fino al Primo maggio. Per cui se il 6 maggio è stata una data progettata in qualche studio di ingegneria politica, adesso sta all’officina sociale montarne i pezzi secondo il proprio saper fare.

Bada Nasciufo

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