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PIACENZA: FEDEX-TNT ANNUNCIA LA CHIUSURA DELL’HUB. I SI COBAS: “IN CAMPO TUTTA LA NOSTRA FORZA D’URTO”

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Piacenza, logistica e lotte operaie. Dopo il crollo, parziale, del castello giudiziario contro i Si Cobas e la caduta delle misure cautelari contro lavoratori e facchini per la lotta in Fedex-Tnt, la multinazionale Usa annuncia la chiusura del polo piacentino, dove lavorano oltre 300 persone, senza considerare i dipendenti delle varie aziende esterne.

Una sorta di serrata definitiva, quella di Fedex-Tnt, nell’ambito di una “ristrutturazione” europea che prevede 6.500 licenziamenti e che a Piacenza è partita – con i primi lavori di chiusura dell’hub emiliano – proprio nei giorni in cui una trentina di lavoratori e sindacalisti Si Cobas finivano nel mirino della magistratura, a partire da Carlo e Arafat, coordinatori piacentini del sindacato di base e conflittuale, che da venerdì non sono più agli arresti domiciliari e che quindi sabato 27 marzo hanno potuto essere presenti alla partecipata manifestazione di Piacenza, chiamata proprio dal Si Cobas.

L’intervista a Carlo, coordinatore provinciale Si Cobas di Piacenza. Ascolta o scarica

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Di seguito, il comunicato Si Cobas sulle mosse di Fedex-TNT nel polo di Piacenza:

“Come il S.I.Cobas annunciava da oltre un anno, Fedex-TNT aveva esplicitamente annunciato una ristrutturazione su scala continentale di oltre 6.500 licenziamenti, di cui 850 in Italia e compreso l’intero stabilimento di Piacenza.

Il S.I.Cobas è andato ripetendo quanto sopra nel generale disinteresse delle istituzioni, che anzi, insieme ai sindacati confederali, hanno sempre negato che esistesse un problema di salvaguardia dei posti di lavoro. Le dichiarazioni dei confederali e di istituzioni come la procura sono documentate sui giornali in occasione della infausta mobilitazione della CGIL contro i facchini che scioperavano e della conferenza stampa della procura in occasione dell’operazione repressiva contro il S.I.Cobas.

Lo sciopero del S.I.Cobas in gennaio aveva come punto prioritario l’impegno a mantenere in attività il magazzino, poiché era nota da un anno l’intenzione di chiuderlo in marzo, essendo stato annunciato dalla stessa Fedex.

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Per tre settimane dopo la fine dello sciopero, l’azienda ha lavorato a pieno ritmo e tutto pareva avviato al meglio. A favorire la mai tramontata volontà di Fedex-TNT di giungere all’eliminazione dello stabilimento è però intervenuta l’azione repressiva di procura e questura.

Sin dal giorno degli arresti di Pallavicini e Arafat, l’azienda si è approfittata per operare una “serrata” padronale (illegale nel nostro ordinamento), cercando di sfruttare l’assenza dei rappresentanti sindacali per raggiungere il proprio scopo.

L’obiettivo dichiarato della multinazionale è quello di ridurre il costo del lavoro, tornando a quella che non esitiamo a definire schiavitù, dimenticata ormai dal lontano 2011 a Piacenza.

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Al contrario, anche nelle città venete stanno avvenendo licenziamenti con la attiva collaborazione alla ristrutturazione e la pesante responsabilità da parte dei sindacati confederali. Fedex-TNT arriva ad offrire fino a 45.000 euro ai lavoratori che accettano di andarsene.

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Tale collaborazione si è evidenziata anche a Piacenza, con le manifestazioni di dipendenti di ditte esterne al magazzino scesi sotto le bandiere confederali in piazza contro lo sciopero dei facchini in difesa del loro posto di lavoro. Ai loro iscritti dicevano che non sussisteva alcun rischio del posto di lavoro: ci chiediamo cosa gli diranno oggi, dopo che l’azienda ha chiuso e loro hanno manifestato insieme ad essa contro chi lottava per salvaguardare il magazzino

.

Il S.I.Cobas investirà Fedex-TNT con tutta la sua forza d’urto per arrivare alla salvaguardia dei 300 posti di lavoro nel piacentino, colpendolo con scioperi e manifestazioni in tutta Italia. Nel farlo, tutelerà anche i dipendenti di ditte esterni rimasti fregati dai sindacti confederali: se riusciremo a mantenere aperto il magazzino, avremo salvato anche il loro posto di lavoro.

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Ciò depone ulteriormente a favore del S.I.Cobas nel contrastare l’operazione repressiva, già in parte smontata, di cui sono stati oggetto i suoi rappresentanti. Ma ora la priorità è data alla salvaguardia del posto di lavoro, per la quale ci impegneremo con tutte le nostre forze, sperando che nel frattempo chi ha ordito contro di noi calunnie e azioni repressive si faccia un profondo esame di coscienza e decida di intervenire per risolvere la situazione che ha contribuito ad alimentare.

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Da Radio Onda d’Urto

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