
La figlia DI SAN BASILIO

Roberto Ciccarelli
All’ospedale Fatebenefratelli, sull’isola Tiberina  a Roma, Stefania Glorioso, 26 anni, si è appena svegliata. La giornata  l’ha passata tra un esame e l’altro. L’ultima è stata la Tac alla testa,  colpita lunedì da una manganellata a freddo, mentre la polizia caricava  una manifestazione pacifica di cinque mila persone appartenenti ai  movimenti per la casa. Nella foto di Yara Nardi si vede un bastone che  rompe gli occhiali da sole a specchio e le sfregia il volto. In uno  scatto successivo vediamo Stefania a terra, sanguinante e senza fiato,  soccorsa da mani premurose, volti agghiacciati.Stefania è stata una  delle vittime, la più grave delle cinque, di una carica violenta che ha  spinto i vertici della città, il sindaco Ignazio Marino e il vicesindaco  Luigi Nieri, a chiedere chiarimenti al Questore e al Prefetto. I  movimenti pretendono invece le loro dimissioni anche perché hanno  lasciato spazio ad una manifestazione non autorizzata della Destra di  Storace. 
Stefania sfiora preoccupata la tumefazione che ha sul  volto. La prognosi è riservata. Le gira la testa, sa che ne avrà per  molto. «Siamo stati in due ad essere stati colpiti in testa – racconta –  In neurologia è ricoverato un mio amico con un versamento di sangue. A  me invece me l’hanno spaccata». La voce si spezza: «Mi hanno messo  dodici punti in testa, mi rimarrà una cicatrice alta sulla fronte. Ma  che, si fanno queste cose?». Stefania riavvolge il nastro di una  giornata che ricorderà a lungo: «Questa è la prima e ultima manganellata  che prendo, giuro – assicura – Provo solo tristezza per questa persona  che mi ha picchiato senza motivazione. Se fossi stata aggressiva,  verbalmente e fisicamente, adesso alzerei le mani e chiederei scusa,  dicendo che ho esagerato. Ma così non è stato. Ho visto che stavano  caricando, in mezzo c’era mio fratello piccolo, i miei amici. Ho solo  provato a chiedere il perché. Nessuno mi ha risposto. Questo è il  risultato. Voglio sapere dov’è la pace, e dov’è la libertà di  manifestare in questo paese». Indica la benda che le copre i punti. E la  ferita ancora palpitante.
Dal 6 aprile scorso, Stefania vive in  un’occupazione sulla via Tiburtina a Roma, nel quartiere di San Basilio,  all’incrocio con via di Tor Cervara, dove i movimenti per il diritto  all’abitare hanno occupato un residence di proprietà dell’immobiliare  I.c.m.c., costruito più di due anni fa e da allora mai utilizzato. Quel  giorno, insieme a lei, c’erano 250 persone, 72 nuclei familiari, donne  incinte, anziani, padri di famiglia, giovani coppie, single e lavoratori  disoccupati o saltuari. E c’erano anche i suoi fratelli, e sua madre. 
Vivevano  ai giardini di Corcolle, una frazione estrema della capitale, dov’è  stato individuato uno dei siti della nuova discarica che dovrebbe  sostituire quella di Malagrotta. «Era una casa piena di muffa – ricorda –  quel giorno ero andata a prendere mio fratello piccolo a scuola, il  proprietario è entrato in casa, ha malmenato mia madre con un bastone e  l’ha buttata fuori. Ha cambiato la serratura e ci ha lasciato fuori.  Ringrazio Iddio che tutto questo è capitato nel momento  dell’occupazione. Il danno è stato minore. Tutta la nostra famiglia è  entrata nel residence. Io vivo in una stanza». 
Stefania ha studiato a  Tivoli da estetista in una scuola professionale: «È un lavoro che amo,  non so spiegarle la ragione, l’ho sempre portato dentro – racconta –  Adesso sono disoccupata, ma non mi piace parlare di questo. Le mie  giornate in questi mesi le ho passate nel residence. A pranzo e a cena  stiamo insieme, uno cucina e io apparecchio, e viceversa. Ci aiutiamo  tutti». Il primo giorno dell’occupazione lo ricorda pieno di  preoccupazioni. Poi la tensione è scemata, gli occupanti hanno iniziato  ad organizzarsi, mentre altri visionavano gli spazi idonei per le  famiglie con i bambini. «Abbiamo imparato ad essere una grande famiglia –  afferma – abbiamo costituiti i picchetti di guardia e quelli per la  pulizia, durano sei ore, ogni turno è composto da diverse persone.  Organizziamo assemblee per stabilire le regole in comune, per comprare  quello che serve se si rompe qualcosa. Siamo un condominio  auto-organizzato, uno di quelli in cui vivono tutti». 
La vita scorre  come un fiume tranquillo nel quartiere dove, 39 anni fa, ci fu la  rivolta di San Basilio. Una settimana di resistenza durissima dei  movimenti per la casa contro i reiterati tentativi di sgombero. L’8  settembre 1974, alle 5 del mattino, perse la vita il 19enne Francesco  Ceruso, da Tivoli, a causa dei colpi esplosi dalla polizia. 
L’occupazione  dei «figli di San Basilio». Così è stata definita l’occupazione nata  nell’ambito della campagna dello «Tsunami tour» partita il 6 dicembre  2012 nel giorno di uno sciopero della Fiom. Stefania si è trovata a  vivere in una micro-storia antagonista e condivide gli obiettivi di una  lotta in una città crudele come solo Roma sa essere: «Personalmente non  conosco le altre occupazioni – dice – ma con molti degli occupanti ci  siamo conosciuti nelle manifestazioni, ci incontriamo spesso e passiamo  le serate. Quando si sta in queste situazioni si vive in maniera umile.  Tra di noi c’è molta umanità. Quando invece ci sono i soldi, le persone  non capiscono il significato della compagnia, della complicità, di un  gesto, di un sacrificio. Noi stiamo riscoprendo un senso quasi  originario dell’umanità e non farebbe male a nessuno viverla». 
Al  sindaco Marino e al vicesindaco Nieri che le hanno fatto visita Stefania  ha ripetuto come sono andati i fatti: «Erano dispiaciuti – dice  Stefania – mi hanno detto che avrebbero piacere di ricevermi. Ci andrò  volentieri, voglio fargli capire la situazione sociale di questa città.  Oggi chi perde il lavoro perde la dignità e la paga. Le famiglie si  separano dopo avere perso la casa. Basta leggere i giornali, la gente si  suicida, non ce la fa più». Cosa dovrebbe fare, oggi, un sindaco di  Roma davanti a tutto questo? «Requisire le case sfitte» risponde  Stefania.
(LA CARICA DELLA POLIZIA DUE GIORNI FA ALLA MANIFESTAZION E PER LA CASA DOVE È STATA FERITA STAFANIA GLORIOSO /FOT O ATTILIO CRISTINI)
Fonte: il manifesto
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