InfoAut
Immagine di copertina per il post

Impressioni di Dicembre

Per le periferie della città non si aggira nessuno spettro. Nessuna classe universale. Nessuna classe in sé e tantomeno nessuna classe per sé.

Perché Torino? Potremmo dire che è la metropoli italiana che sta pagando il prezzo più alto in termini di impoverimento e disoccupazione, potremmo dire che a Torino delocalizzazione e smobilitazione industriale hanno interessato di volta in volta migliaia di famiglie. Potremmo dire che ce lo si poteva aspettare e invece diremo che l’effervescenza che attraversa da anni il mondo degli ambulanti ha avuto nella nostra città un peso fondamentale. La mia impressione è che il successo di questo singolare appuntamento, che nelle periferie torinesi nel frattempo si colorava di caratteri tipici dell’attesa messianica, sia dipeso in larga misura dal radicamento dei mercatari nei quartieri di periferia. L’impegno, la rabbia, l’organizzazione della gente dei mercati è stata la conditio sine qua non della riuscita. Questo non perché i mercatari fossero particolarmente abili nel fare propaganda e proselitismo ma perché questi soggetti, che nascondono in realtà condizioni diversissime al loro interno, vivono e abitano le nostre periferie, fanno i mercati nelle nostre periferie, mandano i figli a scuola nelle nostre periferie e hanno lì tutto il loro mondo relazionale. Avanzo l’idea che senza l’attivazione di questi soggetti dentro quel fumoso e reazionario coordinamento nazionale che aveva indetto la giornata, anche Torino avrebbe attraversato la rivoluzione del 9 dicembre senza quasi accorgersene. Invece questo tam tam che si è prodotto nelle periferie, tramite i social certamente, ma anche tramite un sano vecchio passaparola all’interno del quartiere, vecchia entità geografica che abbiamo troppe volte dato per morta e che invece sa ancora produrre condivisione e conflitto, ha fatto da acceleratore e polarizzatore di qualcosa che altrove ha fatto più fatica a trovare espressione e coordinamento, seppur embrionale e debole.

Quindi abbiamo da subito tre compagini ben distinte da considerare: un coordinamento nazionale esplicitamente reazionario o (pseudo)(post)fascista. Una declinazione cittadina che è per sommi capi la rivendicazione corporativa della gente dei mercati, non omogenea né culturalmente né politicamente.  Una composizione variegata spinta alla mobilitazione dall’assenza di speranze ragionevoli di poter risolvere individualmente le tribolazioni di una vita precaria e impoverita sotto molti aspetti. In questa composizione giocano da subito un ruolo fondamentale una certa gioventù selvaggia delle periferie: ragazzi non giovanissimi, certamente non più studenti,  che saltano da un lavoro malpagato all’altro, vivono ove possibile con il sostegno dei genitori, sanno che non avranno una pensione dignitosa e che la loro prospettiva di vita è già chiara e insopportabile. Questi i tratti comuni ai più. Lavoratori autonomi e cosiddette “partite IVA” si distinguono appena da questo quadro, nel senso che forse sono preoccupati per i propri figli che per sé stessi, perché qualcosa hanno accumulato, ma la speranza o la sua assenza restano un fatto fondamentale. Senza considerare che ormai dietro questi imprenditori di sé stessi o di un paio di dipendenti e due macchinari si sviluppano situazioni drammatiche, spesso ben più drammatiche che tra i lavoratori dipendenti. Spiegare come questa resa dei conti tra capitale e piccoli produttori si sia prodotta è anche, o dovrebbe essere, affar nostro.

Le istanze dei mercatari tracimano da subito. Sia soggettivamente (“perché non siamo qui per la Bolkenstein ma perché come tutti gli altri non ce la facciamo più”), sia oggettivamente (perché il loro appello convoglia e attiva istanze che nulla hanno a che fare con i problemi di chi fa i mercati). Una sorta di irruzione dell’oggettivo, come se la Storia, scomposta in mille micro narrazioni, tornasse alla ribalta restituendoci un senso complessivo ma non una direzione, purtroppo o per fortuna.

Già dal secondo giorno un altro soggetto entra prepotentemente in scena: gli studenti medi. Giovanissimi che avanzano istanze già più avanzate e questo era chiarissimo negli interventi dal palco di mercoledì sera.

Alle 7.30 di lunedì in piazza Pitagora era già chiaro che nessuno era in grado di manovrare la piazza. Piccole componenti organizzate quasi indistinte dai molti accorsi disordinatamente comprendevano: ragazzi della Juve, ragazzi dei mercati (la cui capacità organizzativa si concretizzava in furgoni che consegnavano ai presidianti qualche genere di conforto: cioccolatini, poi pane, poi acqua, poi birre), giovani proletari della zona (non molti nelle prime ore), molti lavoratori autonomi. Storie drammatiche di abusi e prepotenze (Equitalia e Agenzia delle Entrate ma anche Grande Distribuzione e grossi Gruppi della Logistica e dei Trasporti) consumatesi sempre al cospetto di un’ostinata assenza della politica e dei sindacati. Il fatto che la protesta assuma da subito la forma di blocco e paralisi sottolinea largamente come la percezione nelle classi povere e impoverite, corretta e niente affatto impolitica, di cosa sia la produzione oggi, venga chiaramente individuata nei flussi di merci e nella logistica. Il marcato accento torinese contro la grande distribuzione (in virtù delle istanze dei mercatari) è una punta a mio avviso avanzata e gravida.

Il martedì mattina siamo stati completamente assorbiti dall’informazione radiofonica e questo meriterebbe un altro capitolo. Perché ho visto cosa vuol dire fare della radio uno strumento di cambiamento. Realmente credo che abbiamo spostato delle cose e abbiamo aperto nuovi sentieri di ascolto che forse sedimenteranno qualcosa. Abbiamo aperto i microfoni agli odiati bottegai, che non hanno espresso granché ma nelle interviste raccolte nei presidi invece già qualche elemento emergeva.

Non ho mai sentito parlare di golpe militare ma di “mandarli tutti a casa”. Non ho sentito di privilegi per pochi ma di voler vivere modestamente. Il bisogno di comunità mi è parso potente e sostanzialmente inscritto nel bisogno che ci si rende conto di avere degli altri. Per lottare, per farsi valere. Un bisogno impellente di comunicare di raccontarsi, di condividere le proprie disgrazie. In piazza Derna per lo più i blocchi erano gestiti da ragazzi della zona, disoccupati non si sa più da quanto e incazzati perché sentono addosso un certo stigma, anche da parte dei genitori che li ritengono un po’ schizzinosi nell’accettare lavori di merda. Questo è un buon dato, nel senso che indica una certa indisponibilità allo sfruttamento eccessivo. La mia netta impressione è che ci sia più disponibilità ad accettare un lavoro malpagato piuttosto che un lavoro pericoloso o troppo faticoso. Ma è solo un’impressione.

La totale assenza di organizzazioni radicate e capaci di contare sul posto, nei presidi, genera già dalle primissime ore del lunedì una situazione di presidi autogovernati che vanno un po’ per i fatti loro. I vari capetti che si presentavano nei presidi venivano mandati affanculo in base alla semplice regola: chi è sul posto a sporcarsi, a faticare, a non dormire, pesa di più e decide. Chi arriva pulito e sbarbato pretendendo di dare direttive viene mandato affanculo. I mercatari in questo fungono da mediatore. Da intermediari tra chi sta in piazza e questa piattaforma nazionale cui hanno aderito, cui guardano ma essendo ben inseriti nel tessuto periferico della città hanno capito l’antifona e mediano pazientemente. Qualche tentativo di forzare l’hanno manifestato più verso gli studenti riuscendoci in principio ma non a fondo.

Forse il coordinamento dovrebbe prevalere come preoccupazione dei compagni sull’organizzazione.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Bisognidi redazioneTag correlati:

9dicembreforconitorino

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Italia: una società anziana, malata e sempre più diseguale

Due recenti rapporti ci offrono un affresco delle condizioni in cui versa la società italiana, disegnando uno scenario di forti diseguaglianze, frammentazione sociale e crisi demografica.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Briosco dice No all’Italian Raid Commando nella scuola del paese

A Briosco, paesino di poche migliaia di abitanti in Brianza, si è tenuta la 37esima edizione dell’Italian Raid Commando ossia una esercitazione militare cammuffata da competizione/allenamento da svolgersi nella palestra della scuola, resasi disponibile per l’accoglienza, oltre che nei boschi circostanti.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Falerna: uomo muore per strada dopo aver trovato la guardia medica chiusa

La vicenda di Falerna, in cui un uomo muore davanti alla guardia medica chiusa, rappresenta una realtà drammatica e simbolica della situazione della Calabria, dove gli interessi privati hanno divorato i servizi essenziali. da Addùnati Questo episodio non è un caso isolato, ma la conseguenza di anni di abbandono, tagli e decisioni politiche sbagliate frutto […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Libertà per Tarek,Anan, Ali e Mansour. Libertà per il popolo palestinese

Riceviamo e pubblichiamo da compagne e compagni di Roma questo appello in solidarietà a Tarek Dridi, Anan, Alì e Mansour. Mercoledì 21 si invitano tutt a partecpare al presidio in solidarietà al tribunale a L’Aqula per il procecesso di Anan, Alì e Mansour, mentre giovedì 22 al faro del gianicolo si porterà solidarietà a Tarek […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Stop Riarmo: assemblea pubblica a Torino

Riprendiamo l’indizione dell’assemblea pubblica e segnaliamo il percorso di Stop Riarmo che si sta sviluppando a Torino.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

In ricordo di Sara Marzolino

La redazione di Infoaut si unisce al Movimento No Tav nel ricordo di Sara, giovane compagna reggiana che ci ha lasciati ieri.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La città cantiere e il mito delle grandi opere: una chiamata dallo Stretto a intrecciare voci, resistenze, immaginari

Ci sono progetti che non si misurano solo in chilometri di cemento, in tonnellate d’acciaio e in cavilli ingegneristici. Progetti che dall’alto piombano sulla vita delle persone imponendo devastazione, macerie e profitto per pochi.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

La sanità tra finanziarizzazione ed economia di guerra

È un anno, il 2025, caratterizzato dalla Terza guerra mondiale, che rischia di ampliarsi e deflagrare oltre quei “pezzetti”, che percepì e segnalò per primo, solo pochi anni fa, Papa Francesco e dalla svolta protezionistica dei dazi innescata dal presidente USA Trump, un passaggio epocale, paragonabile, per portata storica, agli accordi di Bretton Woods, alla […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Blackout in Spagna: un segnale inascoltato

Cercando i fatti Giorgio Ferrari ci guida tra speculazioni, bugie e contraddizioni.

Immagine di copertina per il post
Culture

Blackout Fest 2025!

Dal 13 al 15 Giugno a Manituana (Torino)
Torna la festa dell’unica radio libera dell’etere torinese, qui il programma da Radio Blackout.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Torino cambia lavoro – Tra deindustrializzazione e riconversione

Gli operai prendono parola: il lavoro cambia, la città si interroga

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

2 Giugno: Torino scende in piazza contro il razzismo!

L’8 e il 9 giugno si terrà un referendum popolare che prevede quattro quesiti sul lavoro e un quesito per ridurre da 10 e 5 anni i prerequisiti di residenza continuativa in Italia per l’ottenimento della cittadinanza.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’uso dei reati associativi per contrastare il conflitto sociale: il processo contro il CSOA Askatasuna (1° parte)

Il processo contro 28 militanti del centro sociale Askatasuna e del movimento No Tav, conclusosi il 31 marzo scorso, costituisce il tassello principale di un’articolata strategia volta a contrastare il conflitto sociale a Torino e in Val di Susa

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: cacciati i sionisti dal Campus (per la seconda volta) e boicottata la conferenza di Nathan Greppi al Salone del Libro

La giornata di ieri è stata un’altra occasione per praticare i valori dell’antisionismo e dell’antirazzismo, opponendoci ai provocatori eventi che i sionisti avevano previsto di svolgere in Università e al Salone del Libro.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Sciopero dell’università: contro tagli, precarietà e guerra

Per avere un lavoro stabile nell’università allo stato attuale è richiesto ad ogni lavorator di sopportare tra i 15 e i 20 anni di precarietà lavorativa che costringe ad una vita precaria a 360 gradi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Vertenza LEAR: tutto fumo, niente arrosto

Gli anni passano, tragedie come queste rimangono però all’ordine del giorno e trasformano il tessuto sociale delle nostre metropoli. Sembra che non si impari mai niente dagli errori commessi nel passato.

Immagine di copertina per il post
Culture

Tonino Miccichè, crucifissu cumu a Cristu!

Senza il libro di Filippo Falcone, Morte di un militante siciliano (1999) probabilmente si sarebbe persa quasi del tutto la memoria. Con la necessità di ricordare viene orgganizzato il festival “Memoria e Utopia per Tonino Miccichè” a Pietraperzia, il 9, 10 e 11 maggio. di Angelo Maddalena, da La bottega del Barbieri Rocco D’Anna poco […]