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Il Pd è un obiettivo politico. Ecco perché l’abbiamo assaltato

Dentro una composizione sociale meticcia dove desideri e bisogni si intrecciano quotidianamente prosegue la sollevazione iniziata il mese di ottobre. I territori e le lotte sono il cuore pulsante che offre qualità e numeri alle continue mobilitazioni di questi giorni, alle pratiche di riappropriazione, alle resistenze diffuse, alle decine di assemblee che si susseguono in tutto il paese.

Quest’incontro tra differenze sta producendo così una ricchezza straordinaria che non riproduce una sommatoria di sigle e accordi dentro un ceto politico consolidato, al contrario libera energia e lascia spazio al sorriso e alla rabbia, un nuovo spazio pubblico insomma che lentamente acquista consapevolezza e forza.

Lo scambio con il formidabile bagaglio di relazioni ed esperienze prodotte dalle genti della Val di Susa ha consentito ai movimenti per il diritto all’abitare e contro la precarietà una lettura più accurata della vicenda TAV. La questione dell’uso delle risorse, già sollevata nell’incontro con il ministro Lupi il 22 ottobre, assume il valore di campagna e cozza prepotentemente con l’idea del modello di sviluppo capitalistico.

Rompe definitivamente schemi consolidati dove lo scambio tra compensazioni e consumo di suolo è l’unico orizzonte possibile, con l’unica via d’uscita dalla crisi che passa attraverso nuovo cemento, grandi infrastrutture e grandi eventi. Tutto a scapito della sovranità decisionale di chi abita i territori e le città.

Il comportamento di una forza politica come il PD, che a pranzo sostiene il ministro Cancellieri e in serata gestisce la repressione contro la manifestazione di Campo de Fiori, rappresenta plasticamente l’enorme distanza tra il paese che soffre e che subisce la crisi e gli interessi che Letta e compagni intendono salvaguardare.

Al primo posto nelle attenzioni di questo partito non ci sono i senza casa, gli sfrattati, i pignorati, i precari, gli studenti, i migranti, gli abitanti aquilani alle prese con una difficile ricostruzione della propria città e della propria dignità. Sono le lobbie del mattone, gli imprenditori come Ligresti, la Lega delle cooperative, i profitti legati alla rendita e al consumo di suolo, invece, i fari di riferimento sui quali puntare e sui quali investire. Una vergogna da difendere anche con l’inasprimento degli apparati di controllo sia a livello locale che nazionale.

Ecco perché il PD è stato un obiettivo praticato dalla mobilitazione promossa in occasione del vertice Italia-Francia. Hollande e Letta rappresentano ampiamente il servilismo alla BCE di due realtà politiche di centro-sinistra concentrate sulla conservazione di un modello di sviluppo che produce precarietà, devastazioni ambientali e morti, come in Sardegna poche ore fa.

I militanti del PD che hanno difeso la targa della sede di via dei Giubbonari non si sono accorti di aver perso da tempo la loro dignità di fronte a chi li ha votati e ha ritenuto di fidarsi di loro. Cuperlo poi non ha perso occasione per fare lo struscio mediatico invece che interrogarsi sulle ragioni del sindaco Cialente, che ha chiesto di usare i soldi del TAV per la rinascita dell’Aquila.

La chiarezza delle richieste è stata sostenuta da una pratica di conflitto determinata. La volontà di migliaia di persone di uscire dalla blindatissima Campo de Fiori ha prodotto ancora uno scontro con le forze dell’ordine schierate, ma così come avvenuto il 31 ottobre la straordinaria convinzione nelle proprie ragioni ha consentito di rispondere colpo su colpo alle manganellate della celere in assetto antisommossa. Essere riusciti ad uscire dalla piazza con più di cinquemila persone in corteo ha dello straordinario. Il coprifuoco imposto è stato rotto e il ridicolo è calato su chi ha provato ad impedire che il corteo si svolgesse.

I volti, concentrati nello sforzo di superare i cordoni di polizia e carabinieri, si sono aperti in un sorriso di fronte alle truppe che arretravano e i canti, gli slogan liberatori hanno riempito l’aria di Roma. Dal mese di ottobre ci stiamo dicendo che si può fare e che possiamo riuscirci insieme. Ancora una volta ci sono i fatti che lo dimostrano. Ancora una volta si torna nei territori più motivati e più allegri. Non è poco! Ed è questo che spaventa il PD, le forze sindacali concertative, i resti del PDL, i signori dell’euro.

La campagna di primavera è lanciata. Il vertice europeo sulla disoccupazione diventa un evento contro il quale cominciare a sedimentare percorsi e lotte. Verificare questo dentro una lotta senza quartiere sull’uso delle risorse da distogliere da grandi opere e grandi eventi e destinarle ad nuovo welfare di cittadinanza, può essere il modo in cui ciò che si è sollevato ad ottobre non rinunci ad esercitare tutta la pressione necessaria.

 

(*) Attivista dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma, abitarenellacrisi.org

 

da: http://www.huffingtonpost.it/paolo-di-vetta

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