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Via Marsala, un anno dopo…

Vogliamo quindi parlare del 13 marzo come del Giorno della Dignità, il giorno in cui otto famiglie hanno scelto la via dell’occupazione e della riappropriazione per affrontare una crisi prodotta da altri; la scelta della ribellione in contrapposizione alla logica del sacrificio che vorrebbero imporci sindaci e assessori, una scelta che è senza dubbio stata replicata e massificata negli ultimi tempi in contesti solo all’apparenza molto diversi.

Le famiglie di via Marsala dando battaglia agli speculatori che regnano incontrastati nel mercato del mattone, ad una amministrazione comunale totalmente succube e collusa ad interessi privati e di lobby, agli assistenti sociali che hanno perso completamente ogni velleità di tutela dei diritti assumendo un ruolo di controllo e pacificazione sociale, ad un impianto mediatico che propone un’informazione distorta ad uso e consumo della governance cittadina, hanno probabilmente anticipato nella nostra città quel “que se vayan todos” gridato a gran voce dagli studenti del movimento nell’autunno appena passato verso una cricca di governo politica ed economica, assolutamente trasversale agli schieramenti politici, che a prodotto questa crisi e che continua ad alimentarla per proprio beneficio.

Che se ne vadano via tutti gli artefici della crisi quindi; un passaggio importante e senza dubbio carico di contenuto simbolico sta nel destituire la “sacralità” del palazzo, violare l’intoccabilità della casta; nella nostra narrazione tutto questo ci riporta ai momenti di lotta che hanno seguito la ferma opposizione al primo tentativo di sgombero il 18 maggio, il Giorno della Resistenza, con l’invasione e l’interruzione di una giunta comunale che si aspettava di aver ormai risolto manu militari uno spinoso problema, e, nei giorni successivi, la forte contestazione al sindaco e l’occupazione simbolica della Società della Salute terminata con l’intervento della polizia. La corretta individuazione delle controparti, molteplici e mutevoli, e la determinazione con cui sono state affrontate, ha rappresentato quel salto di qualità rispetto ad altre precedenti esperienze analoghe, che ha permesso di dare un duro colpo agli equilibri e ai dispositivi di governo cittadini, smascherando la beffa che si nasconde dietro agli ormai sempre meno credibili tentativi di pacificazione delle tensioni.

Le famiglie di via Marsala hanno quindi dato la giusta risposta al 18 maggio riproponendo il livello del conflitto nei confronti delle istituzioni che pretendevano di mettere la testa sotto la sabbia, e la reazione scatenata è stata quella degli apparati di un potere arrogante che viene provocato proprio dentro le roccaforti in cui si sente irraggiungibile; la campagna di criminalizzazione mediatica, il tentativo di isolare la lotta delle famiglie in un’ottica eversiva, fino allo sgombero del 26 maggio, il Giorno della Vergogna.

La tendopoli di Largo Ciro Menotti dei giorni seguenti ha rappresentato per certi aspetti un’esperienza altrettanto dirompente; l’aver ritagliato una fetta così consistente e visibile del centro storico destinandola ad una rivendicazione di diritti, respingendo per giorni le provocazioni dei vigili urbani e rendendo minoritarie le lamentele di alcuni commercianti del centro-vetrina, l’aver raccolto una così larga solidarietà dal tessuto cittadino, ha costretto il sindaco a gettare la maschera, invocando l’aiuto del ministro leghista Maroni per poter giustificare un nuovo sgombero. Nonostante ciò a quel punto la lotta e la tenacia degli ex-occupanti hanno pagato, arrivando ad un risultato con la convocazione della commissione per l’emergenza abitativa.

E poco importa che il Pd pisano stia cercando negli ultimi tempi una ristrutturazione, col maldestro tentativo di cavalcare la protesta studentesca o pacificando e concertando altre situazioni tendenzialmente esplosive; il portato politico e conflittuale dell’esperienza di via Marsala ha segnato un solco e una direzione che si rispecchia nei sempre più diffusi meccanismi di ribellione in atto nella nostra città, dalle occupazioni bianche alle resistenze agli sfratti, fino alle battaglie quotidiane con gli assistenti sociali.

Il 13 marzo dell’anno scorso otto famiglie hanno mostrato uno dei modi per mettere in atto in concreto la decisione di non pagare la crisi, dichiarando che il bene di tutti deve imporre la sua priorità rispetto al diritto all’arroganza di pochi. La battaglia che si gioca ora, ad un anno di distanza, è quella di iniziare ad immaginare e creare modi per replicare e moltiplicare quell’esperienza; nei palazzi del centro dove procede la svendita del pubblico nella direzione di privatizzazioni e speculazioni, come nei quartiere popolari periferici dove la necessità capitalistica di mettere a valore territori e risorse sta spazzando via gli ultimi residui di vivibilità.

Che ogni contesto, quindi, abbia la sua via Marsala. Buon compleanno.

antagonist* pisan*


CRONISTORIA: L’OCCUPAZIONE DI VIA MARSALA

13 marzo: Il Giorno della dignità. Otto famiglie, supportate da un centinaio di compagni, occupano uno stabile a Riglione, in via Marsala, nella periferia est di Pisa, di proprietà di Pampana, noto speculatore edilizio. 

14 marzo: Assemblea di presentazione del progetto di occupazione dello stabile di via Marsala. Numerose le proposte emerse, anche da parte degli abitanti del quartiere. 

15 marzo: Parte la trattativa con la proprietà, alla quale le famiglie hanno presentato una proposta di recupero dello stabile e di affitto a canone sociale. 

20 marzo: Nonostante il silenzio della proprietà i nuovi abitanti di via Marsala annunciano la prossima apertura di un conto corrente, dove verseranno mensilmente un canone di affitto sociale. Viene lanciata anche una raccolta di firme in sostegno a questa proposta. 

21 marzo: Inaugurazione della ludoteca nei locali di Via Marsala; la mattina i nuovi abitanti sfilano in corteo per le strade di Riglione e Oratoio distribuendo volantini. 

23 marzo: Nascita del Comitato territoriale Pisa Est. 

26 marzo: Il comitato scrive il primo numero di “Pisa-est informa”, il foglio di quartiere volantinato in tutti i palazzi che periodicamente racconterà le evoluzioni della situazione. Viene anche aperto lo sportello di consulenza per il diritto alla casa in via Marsala. 

1 aprile: La Curva Nord “Maurizio Alberti” di Pisa organizza un torneo di biliardino in via Marsala, partecipato da oltre cento persone, per finanziare il progetto della ludoteca. 

3 aprile: In una conferenza stampa viene annunciato il primo versamento a favore della proprietà, che ancora tace; già oltre 800 firme sostengono la proposta delle famiglie di via Marsala. 

9 aprile: Nella stessa sera a Pisa, durante due differenti concerti, gli storici gruppi Egin e Assalti Frontali intervengono dal palco in favore delle famiglie di via Marsala. 

11 aprile: A quasi un mese di distanza dall’occupazione le famiglie e il comitato organizzano una festa per i bimbi del quartiere e un’assemblea pubblica nella piazza della Pagoda, in cui denunciano l’assenza di una presa di posizione del Comune.

13 aprile: Presidio sotto il Comune, dopo un volantinaggio con interventi al microfono, alcuni esponenti delle famiglie in occupazione incontrano gli assessori alla casa e al sociale, facendo pesare la latitanza delle istituzioni.

14 aprile: In una lettera aperta pubblicata sui giornali le famiglie chiedono alla proprietà, ancora avvolta nel silenzio, di esprimersi sulla proposta di affitto sociale, per la quale stanno mensilmente versando una quota.

15 aprile: Via Marsala è sotto sgombero! La DIGOS si presenta in via Marsala notificando un’ordinanza di sequestro dell’immobile, con l’invito ad abbandonare lo stabile entro tre giorni. Il pomeriggio stesso le famiglie e i solidali del Progetto Prendocasa, irrompono in Consiglio Comunale e lo presidiano finché non viene approvata una mozione che riconosce l’effettiva emergenza abitativa degli occupanti e auspica che non ci sia uno sgombero, ma che piuttosto venga dato il tempo di reperire soluzioni alternative.

17 aprile: Nonostante la minaccia di sgombero il Comitato territoriale Pisa-Est continua il suo lavoro di riqualificazione degli spazi degradati di Riglione, autorecuperando il giardino abbandonato di via Quarto, dove il Comune non eseguiva manutenzione da anni.

18 aprile: Pranzo contro lo sgombero ed inaugurazione della Palestra Popolare in via Marsala, con l’apertura del corso gratuito di kick-boxe. Inoltre durante il derby Pisa-Pontedera la Curva Nord espone un grande striscione contro lo sgombero delle otto famiglie.

19 aprile: Con una conferenza stampa simbolicamente convocata sotto un altro palazzo di Pampana sfitto da decenni, partecipata anche dalle principali sigle cittadine che hanno sostenuto la campagna contro lo sgombero, viene convocato un corteo per il 24 aprile, la vigilia dell’anniversario della Liberazione, contro lo sgombero, per il diritto alla casa.

24 aprile: In Piazza tutta la Pisa che resiste; circa 800 persone (occupanti di case, migranti, studenti universitari, studenti medi, ultras in lotta contro i decreti repressivi, lavoratori, famiglie sotto sfratto, varie realtà politiche e sociali) sfilano a fianco delle famiglie di via Marsala in un corteo che va a toccare i principali luoghi della speculazione in città. Pampana è isolato, Pisa resiste!

26 aprile: Dopo il corteo riparte la trattativa, gli occupanti incontrano di nuovo gli assessori alla casa e al sociale, che si impegnano a mediare con la proprietà per il ritiro delle denunce e la ricerca di una soluzione.

28 aprile: Il Tribunale del riesame di Pisa conferma il decreto di sequestro dell’immobile, tacciando gli occupanti di violenza e inciviltà nei confronti di chi aspetta regolarmente l’assegnazione della casa.

2 maggio: Altra giornata di pranzo e di festa in via Marsala, intanto Pampana annuncia che si siederà al tavolo di trattativa con il Comune.

8 maggio: Torneo “Pisa che resiste”; il campo sportivo della “Scintilla Pisa-Est” ospita un torneo di calcetto tra alcune realtà che hanno supportato le otto famiglie: Newroz, Curva Nord “Maurizio Alberti”, Collettivo Autonomo Studenti Pisani, Giovani Comunisti, Comunità senegalese, Progetto Prendocasa, Comitato Territoriale Pisa-Est, Laboratorio della disobbedienze Rebeldia.

15 maggio: Il Giro d’Italia passa da Pisa e da via Marsala, viene accolto da uno striscione con su scritto “Diritto alla casa, Via Marsala pedala!”

18 maggio: Il Giorno della Resistenza. La trattativa va in fumo, durante la prima mattinata le forze dell’ordine si presentano in massa in via Marsala con l’intenzione di eseguire uno sgombero coatto. Trovano ad attenderli però un presidio di oltre cento persone tutt’altro che intenzionato ad andarsene; da un balcone sventola uno striscione “Vergogna, Pampana comanda in città, è questa la vostra legalità”. Seguono ore di tensione con gli occupanti asserragliati nelle case, i solidali a presidiare il piazzale e le forze di polizia e carabinieri che cingono in assedio la palazzina, militarizzando l’intero quartiere; grandi assenti la proprietà ed il Comune. Il sindaco e gli assessori sono irreperibili ma hanno già preparato le strutture di prima accoglienza poiché erano già a conoscenza della data dello sgombero. Lo sgombero non viene eseguito per motivi di salute e di intrasportabilità di alcuni occupanti, ma non viene neanche rinviato ufficialmente, alcune camionette restano a presidiare la zona. Intanto verso le 18.00 una parte del presidio si distacca e, raggiunto il palazzo del Comune, riesce ad irrompere in giunta, per mettere gli assessori (che per giorni hanno ingannato le famiglie raccontando di una trattativa inesistente) di fronte alle loro responsabilità. Viene promesso un nuovo intervento dei servizi sociali.

20 maggio: A due giorni dal primo tentativo di sgombero le istituzioni continuano a tenere la testa sotto la sabbia. Durante la sera gli occupanti ed il Progetto Prendocasa intervengono ad un convegno in città dove è presente il sindaco Filippeschi, che però si sottrae in malo modo ad ogni possibilità di confronto, offendendo e spintonando alcuni membri delle famiglie.

21 maggio: I servizi sociali fanno pubblicare sui giornali dati personali degli occupanti, distorti in modo da nascondere la reale emergenza abitativa; la risposta degli occupanti e dei solidali è di presidiare l’ingresso della Società della Salute, reclamando un ulteriore incontro con l’assessore al sociale; intervengono invece la DIGOS e i carabinieri, che liberano la sala spintonando violentemente le famiglie e procurando un forte malore ad uno degli occupanti, che viene portato al pronto soccorso in ambulanza.

22 maggio: Le istituzioni e il Partito Democratico danno vita, tramite i due principali quotidiani cittadini, ad una pesantissima campagna di criminalizzazione basata su infamie e bugie; la sera del 20 maggio viene descritta come una brutale aggressione al sindaco, il presidio alla Società della Salute come l’ennesimo atto di una escalation di violenza. In risposta uno degli occupanti (quello che il giorno prima aveva avuto un malore) decide di cominciare uno sciopero della fame ad oltranza, contro lo sgombero e le bugie del Comune.

25 maggio: Per la prima volta interviene pubblicamente sulla vicenda il proprietario di via Marsala, Giuseppe Pampana, con un’intervista rilasciata alla Nazione.

26 maggio: Il Giorno della Vergogna. Alle prime luci dell’alba centinaia di agenti in tenuta antisommossa sgomberano la palazzina di via Marsala lasciando in mezzo alla strada otto famiglie (con 17 minori e 5 malati gravi). Durante tutta la giornata vengono presidiati da un numero spropositato di agenti quelli che sono considerati gli obiettivi sensibili: il palazzo del Comune, altre palazzine sfitte di Pampana o di proprietà pubblica. L’assessore al sociale non mette a disposizione alcuna soluzione d’emergenza, dichiarando che chi ha creato questa situazione dovrà sbrigarsela. Di fronte a questa situazione le famiglie decidono di accamparsi con le tende in Largo Ciro Menotti, in pieno centro, nel “salotto buono” della città. Un altro padre di famiglia decide di iniziare lo sciopero della fame.

28 maggio: Prosegue la tendopoli in centro, nuova casa per le famiglie di via Marsala e proseguono lo sciopero della fame, il presidio permanente e la raccolta di firme per ottenere una soluzione. Si moltiplicano le tende in Largo Ciro Menotti, oltre alle “abitazioni” delle famiglie sfrattate tantissimi collettivi, associazioni, soggetti politici e sociali decidono di accamparsi lì in segno di solidarietà. Nel pomeriggio una partecipata assemblea pubblica rilancia la necessità di fronteggiare l’estrema inadeguatezza di questa giunta nei temi delle politiche sociali. Nel frattempo sui giornali viene pubblicata la notizia di un presunto attentato incendiario ad una proprietà di Pampana, compiuto, da quanto risulta dalle videocamere, da un “ragazzo coi piercing”.

30 maggio: Nella prima mattinata i vigili urbani recapitano alle tende una comunicazione in cui si danno 24 ore di tempo per smobilitare l’accampamento prima dello sgombero forzoso. Nuovamente la decisione è quella di resistere.

5 giugno: Continua a crescere la tendopoli in Largo Ciro Menotti, continua l’assordante silenzio delle istituzioni che si nascondono dietro le provocazioni dei vigili urbani; uno degli ex-occupanti, in sciopero della fame da 14 giorni, è colto da un malore e viene ricoverato in ospedale. Viene deciso di sospendere questa forma di protesta.

7 giugno: Intorno alle 7.00 i vigili urbani di Pisa, protetti da circa 50 uomini in antisommossa, sgomberano le tende che da oltre due settimane fanno da casa alle famiglie. Il motivo è l’arrivo in città, previsto nei giorni successivi, del ministro Maroni per firmare il “Patto per Pisa sicura”. Il presidio si sposta a protestare sotto il palazzo del Comune dove le famiglie si accampano nuovamente con i loro materassi.

8 giugno: Vigili urbani e polizia tentano l’ennesimo sgombero del presidio e dei materassi dopo che parte degli occupanti ha trascorso in piazza la notte.

9 giugno: Mentre Maroni giunge in prefettura per firmare il patto per la sicurezza col sindaco Filippeschi, compare una tenda circondata dal filo spinato davanti al Comune. Viene così rilanciato il presidio permanente e la raccolta delle firme (ormai oltre 2000) che chiede una soluzione per le famiglie di via Marsala.

14 giugno: Una nuova conferenza stampa presso il presidio permanente, a tre mesi dall’occupazione di via Marsala, punta il dito contro l’alto numero di case popolari o alloggi di proprietà del Comune sfitti, dimostrando che le vi sono soluzioni possibili per le otto famiglie.

16 giugno: Rioccupato Largo Ciro Menotti dagli antagonisti pisani durante la sera e la notte della Luminara, e riempito con una festa per ridare visibilità e finanziare la lotta delle famiglie sgomberate.

18 giugno: La determinazione e la tenacia delle otto famiglie ottiene finalmente riconoscimento: il Comune, di fronte al perdurare del presidio permanente, è costretto a riaprire la trattativa e a proporre delle soluzioni credibili, in base ai rispettivi redditi.

Quattro famiglie otterranno l’alloggio procurato dal Comune (due ad affitto calmierato, due ad affitto pagato per intero o per due terzi dai servizi sociali); una avrà l’alloggio per l’emergenza abitativa; le altre tre famiglie rifiuteranno le proposte ricevute a fronte di situazioni più vantaggiose reperite in altri comuni.

 Pampana e il mercato immobiliare pisano

(Estratto dal dossier sulla proprietà realizzato prima dell’occupazione di via Marsala)

La famiglia Pampana è nota per possedere un’eccezionale quantità di immobili a Pisa, tanti che farne una mappatura completa è praticamente impossibile. Ma è anche nota per lasciare o aver lasciato sfitti per anni edifici enormi che, da soli, risolverebbero l’emergenza abitativa di centinaia di persone.

Già alla fine degli anni Settanta un nucleo di famiglie in emergenza abitativa, sostenute dall’Autonomia Operaia, andò a occupare due grandi palazzine in Via del Giardino (tutt’oggi di proprietà Pampana), sfitte da anni, denunciando le speculazioni operate dalla famiglia.

Un altro degli emblemi più appariscenti della speculazione a Pisa, più volte denunciato dai movimenti di lotta per la casa pisani, è il palazzo Pampana situato nella zona della stazione. L’edificio copre 7 numeri civici su tre vie diverse (Vespucci, Puccini, Corridoni), per un totale di una novantina di appartamenti. Si può immaginare quale effetto avrebbe l’immissione nel mercato degli affitti di una città di centomila abitanti di novanta nuovi alloggi: un aumento così sostanzioso dell’offerta porterebbe ovviamente ad un calo generale dei prezzi. Invece il palazzo, mai abitato da quando è proprietà di Pampana, è sfitto da almeno 15 anni: gli unici momenti in cui è stato aperto alla città sono stati nel 1998, quando il movimento di lotta per la casa pisano lo ha occupato simbolicamente, e nel 2005, quando una ventina di famiglie rom, a cui era appena bruciato il capannone in cui vivevano, lo hanno occupato per trascorrervi la notte.

La palazzina di Via Marsala ha una storia di più di 10 anni. La proprietà del terreno su cui è stata costruita è del multiproprietario immobiliare Pampana. Nell’anno 2000 il sig. Pampana presenta il progetto di edificazione dell’immobile, appaltato alla ditta del costruttore Sabatini, che viene regolarmente accettato.
Nel 2001 il Comune di Pisa vara un Regolamento Urbanistico che prevede un cambio di destinazione d’uso dell’area in questione, da area edificabile ad area a uso pubblico – verde in cui sarebbe dovuto sorgere un parcheggio. Ma ovviamente i lavori edili avevano già avuto inizio ed in circa 2 anni la costruzione della palazzina composta da una decina di appartamenti e 3 fondi è stata ultimata. Parallelamente, perciò, è nato un contenzioso tra proprietà e comune sulla destinazione d’uso dell’area dei parcheggi che si è risolto circa un anno fa con la vittoria del proprietario.

La proprietà però non ha mai chiesto la condizione di abitabilità necessaria all’immissione degli appartamenti nel mercato degli affitti e della vendita. Senza questo requisito infatti gli appartamenti non sono registrati al catasto e il proprietario non deve pagare alcuna aliquota sull’immobile. Di fatto questo patrimonio immobiliare, assieme all’altro centinaio di case tenute vuote sempre dalla stessa proprietà, continua ad alimentare quello squilibrio tra domanda ed offerta che nell’attuale mercato abitativo è la maggiore causa dell’aumento spropositato dei canoni di locazione privata.

La condizione di abitabilità non è mai stata chiesta in tutto questo tempo e questo appare assurdo a fronte di una costruzione pronta da più di 7 anni, mai utilizzata e senza nessuna intenzione da parte della proprietà di renderla fruibile alla collettività almeno nel giro di breve tempo.

Al fine di ottenere la condizione di abitabilità, se volesse, la proprietà dovrebbe ottemperare alcune modifiche all’immobile relative alla distanza tra i garage sotteranei (ovviamente mai utilizzati) e la strada di via Calatafimi. Modifiche che non sono di tipo strutturale ma che nel giro di pochi giorni di lavoro potrebbero essere compiute.
Questo dimostra che lo stato di abbandono dell’immobile non è da imputare ad una difficoltà nel trovare affittuari o acquirenti.


La narrazione mediatica di via Marsala

Il rapporto che si è posto in essere tra i protagonisti della vicenda di via Marsala (le famiglie occupanti ed il progetto prendocasa) ed i media mainstream merita una riflessione specifica, alla luce dell’importanza che ha avuto il fattore comunicativo nei mesi che hanno seguito il 13 marzo.

Innanzitutto bisogna prendere atto del dato quantitativo di articoli prodotti sull’argomento; se consideriamo un periodo di poco più di tre mesi, dall’occupazione del 13 marzo fino alla seconda metà di giugno in cui viene riunita la commissione per l’emergenza abitativa, possiamo contare sulle tre testate prese in considerazione (il cartaceo delle edizioni locali di Tirreno e Nazione e il quotidiano on-line Pisanotizie) oltre 180 articoli totalmente o in buona parte dedicati a via Marsala, per una media quindi poco inferiore ai 20 articoli al mese.

Quello coi giornali è stato chiaramente di un rapporto non lineare, come emerge da una semplice lettura della rassegna stampa, che permette di scorgere il cambiamento dell’atteggiamento di alcune testate nei confronti di una lotta che col passare dei giorni si è manifestata come una delle più incisive avvenute nella nostra città negli ultimi anni. Appare evidente, senza particolari sforzi dietrologici, come questi cambiamenti di umore siano direttamente legati ai mutamenti dell’atteggiamento del Comune nei confronti degli occupanti, dando l’ennesima prova della sudditanza di una certa stampa al potere politico del PD, egemone in città.

Rapportarsi con i giornali è stata senza dubbio necessario per gli occupanti, che si sono trovati nella condizione di dover convocare molteplici conferenze stampa; da una parte vi era l’esigenza di mantenere alto un livello di visibilità in città, dall’altra incideva certamente la territorialità degli eventi, svoltisi (almeno nei primi due mesi) per lo più nel quartiere di Riglione/Oratoio: se il resoconto giornalistico assume tanto più peso quanto minore è per il lettore la possibilità di avere esperienza diretta di un evento, il fatto che questa vicenda si sia svolta in una zona di Pisa periferica e decentrata condiziona certamente questo aspetto. Conseguentemente gli stessi organi di informazione propri del movimento si sono immediatamente manifestati come limitati rispetto alla situazione e necessitavano per lo meno di essere integrati con altri mezzi più adatti al contesto. Di qui l’intuizione, da parte del comitato che organizzava attività ed iniziative nella palazzina, di strutturare un livello di comunicazione capillare con il quartiere.

“Pisa-est Informa”, il foglio di quartiere curato dal Comitato territoriale Pisa-est, è il risultato di questo ragionamento, frutto dell’evoluzione dei semplici volantinaggi che venivano effettuati dagli occupanti in tutto il quartiere, nei circoli e nei bar. Con il progressivo aumento delle iniziative organizzate nel quartiere, con l’apertura della ludoteca prima e dei corsi della palestra poco dopo, con la sempre maggiore partecipazione (anche saltuaria) di abitanti del quartiere alle riunioni, ma anche a fronte del sempre più concreto rischio di sgombero, nonché dei pettegolezzi infamanti distribuiti ad arte nel quartiere (che cercavano di descrivere gli occupanti come ladri e spacciatori), i volantini presero progressivamente la forma di un giornalino con diversi articoli ed uno spazio per gli appuntamenti, distribuito senza periodicità (ma sempre almeno una volta a settimana) fino allo sgombero della palazzina.

Creato un livello di comunicazione territoriale rimaneva comunque la necessità di un confronto continuo coi mezzi di informazione cittadini per porre la questione oltre i limiti stretti del quartiere in questione. Per i primi mesi la stampa locale ha mostrato un certo interesse per la vicenda di via Marsala, tendendo ad accentuarne il lato pietistico, marcando la disperazione che sottendeva una scelta di illegalità di questo tipo, ma tutto sommato mantenendo una narrazione degli eventi non caratterizzata in maniera negativa. Da una parte vi era indubbiamente una necessità di mercato giornalistico che faceva prevalere i toni da soap opera (in particolar modo verso alcune situazioni più drammatiche, o che avevano già trovato spazio sui giornali per questioni precedenti all’occupazione); dall’altra (soprattutto per il Tirreno, organo di informazione del PD) stava la volontà politica dell’amministrazione comunale di procedere con un certo tatto, valutando la possibilità di speculare e trarre profitto dalla faccenda.

Il precipitare degli eventi, con il primo tentativo di sgombero del 18 maggio, ma soprattutto con le scelte immediatamente successive del movimento di identificare pubblicamente come controparti l’amministrazione comunale e gli apparati di gestione del welfare in città (con l’irruzione in giunta la sera del tentato sgombero, la contestazione al sindaco e la successiva occupazione della Società della Salute) ha invece portato le testate cartacee locali a riconfigurarsi nel ruolo di strumento del potere politico cittadino e ad iniziare una seria campagna di criminalizzazione degli occupanti e del progetto che li sosteneva.

In questo quadro interpretativo va letta anche la scelta del presidio permanente in Largo Ciro Menotti (cioè in pieno centro cittadino, proprio sotto la sede della Nazione) con lo sciopero della fame prima e l’intera tendopoli degli sfollati pochi giorni dopo. A fronte della ormai manifesta impossibilità di ricavare spazi adeguati nella narrazione della stampa mainstream è stato necessario riprendersi fisicamente la visibilità e la centralità. La periferia di Riglione risultava ormai isolata rispetto al dibattito cittadino, le strategie comunicative fino ad ora assunte rischiavano di rivelarsi assolutamente marginali rispetto all’ampiezza che aveva assunto la vicenda di via Marsala.

Per settimane è stato presente nel centro della città di Pisa, ventiquattro ore al giorno, un punto di produzione diretta di comunicazione ed informazione antagonista, tramite materiale cartaceo distribuito ad oltranza, raccolta di firme, cartelli di protesta posti lungo tutta la strada principale (che nessun vigile si è permesso di staccare), spettacoli teatrali, assemblee pubbliche partecipatissime, continua presenza di giornalisti senza bisogno di alcuna conferenza stampa.

È chiaro la capacità delle famiglie di riappropriarsi della centralità del discorso e di riprendere parola rompendo definitivamente la dinamica di isolamento in cui era stato tentato di rinchiuderle ha rappresentato un dato determinante nel raggiungimento dell’obiettivo; non si può immaginare un’esperienza di una tale conflittualità che non si ponga come prioritario il passaggio di creare dei canali di informazione adeguati al contesto, di sfruttare quelli esistenti senza farsi ingabbiare, e soprattutto di essere pronta, appena necessario, a decostruirli con forza.

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A Milano le forze dell’ordine, in gran numero, hanno iniziato all’alba di martedì 29 agosto lo sgombero dell’occupazione abitativa di via Esterle. Lo stabile è di proprietà del Comune guidato dal sindaco Beppe Sala.

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Bisogni

Emergenza abitativa: occupata la Regione Lazio, sgombero della polizia

Le uniche sortite fatte su questo tema da chi governa la Regione sono state infatti l’appoggio (ribadito anche oggi) alla spettacolarizzazione degli sgomberi nelle case popolari, e l’intenzione di criminalizzare ulteriormente chi vive in immobili e alloggi occupati per necessità, precludendo per legge l’accesso al welfare regionale e a tutte quelle misure che quantomeno mitigano quella stessa povertà per la quale si è intrapresa questa scelta.

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Crisi Climatica

“Clima: agire ora” Extinction Rebellion occupa la Mole Antonelliana

Dal suo monumento più importante, Torino lancia un messaggio chiaro sull’urgenza di agire per mitigare i danni del collasso climatico. Sarà accolto dal governo o la risposta saranno nuovamente multe e denunce?