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Il futuro di Rote Flora non dipende dall’ordinanza del tribunale

Dopo che il 21 dicembre scorso una manifestazione con tre obiettivi – difendere il centro sociale Rote Flora, denunciare la crescente speculazione immobiliare e chiedere che venga riconosciuto il diritto di soggiorno per i rifugiati che arrivano da Lampedusa – ha percorso le strade del quartiere Schanzen­vier­tel di Amburgo, la città nel nord della Germania si è trovata sotto i riflettori dei media europei. Agli scontri che ebbero luogo durante la manifestazione bisogna aggiungere lo stato di eccezione “ Gefahrengebiet” decretato il 3 gennaio dalle autorità locali. Parliamo di quello che è successo e quello che sta per succedere con Andreas Blechschmidt, attivista del centro sociale e culturale Rote Flora.

Il centro sociale Rote Flora – progetto autogestito che ha preso vita nel 1898 in un ex teatro in via Schulterblatt, 71- è stato venduto nel 2001 dalle autorità locali a un investitore privato, Klausmartin Kretschmer . L’amministrazione locale della SPD ( Partito Socialdemocratico Tedesco ) sperava di trovare una soluzione facile, ma dall’assemblea del centro sociale si è deciso di rifiutare tutte le forme di collaborazione con il nuovo proprietario, così si è bloccato il suo accesso al posto. È anche importante notare come, mentre si susseguono questi eventi, il nostro quartiere, Schanzenviertel, sta andando incontro a un forte e aggressivo processo di gentrificazione. In questo senso, è evidente che un edificio come quello di Rote Flora diventa oggetto di speculazione dal momento in cui il padrone, Kretsch­mer, ha annunciato la sua intenzione di mettere fine all’occupazione e sgomberarlo.

Ci sono possibilità di far fronte a questo ordine dal punto di vista legale? Quali altre dinamiche di resistenza state considerando?

Vogliamo impedire lo sgombero e per questo obiettivo abbiamo una doppia strategia. In primo luogo, il proprietario ha bisogno di un ordine del tribunale per sfrattarci e vogliamo evitare ciò con l’aiuto dei nostri avvocati: questo processo durerà almeno fino al prossimo anno. Inoltre e parallelamente alla battaglia legale, vogliamo lavorare durante questo periodo per generare un processo di mobilitazioni che abbia la forza di impedire la realizzazione dello sgombero. Crediamo che il futuro di Rote Flora non possa essere deciso da un’ordinanza del tribunale. Siamo in grado di organizzare una piattaforma politica che ci permetta di difendere il centro sociale e fermare lo sgombero.

Come vivete una così assidua attenzione dei mass media, focalizzata esclusivamente sul conflitto e sugli scontri, quando invece il vostro lavoro quotidiano è rimasto invisibile per anni?
La verità è che siamo abituati a questa intrusione, diciamo che è un fenomeno frequente. I mezzi di comunicazione ci prestano attenzione solo quando ci sono scontri per strada. Ma il nostro lavoro politico è stato presente ogni giorno durante gli ultimi 24 anni. Riteniamo di avere lasciato un’impronta considerevole nei dibattiti politici.
Abbiamo anche l’impressione che la gente dei movimenti sociali ci apprezzi per la nostra resistenza e che la politica ufficiale non ci accetterà mai. È importante evidenziare che riceviamo la solidarietà di realtà che non hanno gli stessi nostri obiettivi e non solidarizzano solo con la nostra lotta, ma che rispettano le nostre attività fondamentali. Crediamo che ciò sia più importante di una buona immagine nei mass media.

Come ne pensate della combinazione delle dinamiche di conflitto con la polizia quando allo stesso tempo si generano spazi di dialogo con il Comune?

In tedesco si parla di ” Zuckerbrot und Peitsche ” (bastone e carota) . È possibile che lo sgombero di Rote Flora avvenga in due modi diversi : da una parte, può essere messo in atto un sgombero violento dalla polizia, dall’altra parte, c’è la possibilità che lo sgombero venga fatto attraverso una strategia basata su dialoghi o negoziazioni con i politici che vogliono regolarizzare, legalizzare la situazione del Rote Flora con contratti d’affitto.

Crediamo che quest’ultima ipotesi metta certi limiti e porti a una “de-politicizzazione” del progetto, sarebbe simile a uno sfratto tranquillo e silenzioso. Dobbiamo trovare un equilibrio tra i nostri atti di resistenza davanti alla minaccia di sfratto, individuare dei punti per i quali potremmo avere una testardaggine politica e marcare la nostra direzione di fronte alle proposte di dialogo. Non è facile .

Come sta influendo lo stato d’eccezione in alcuni quartieri della città di Amburgo?

È il tentativo di risolvere un conflitto politico con l’intervento della polizia, riducendolo a un mero problema di ordine pubblico. Risulta che, al contrario di quello che si aspettava la polizia, la Gefahrengebiet (zona di pericolo o stato di eccezione), ci ha aiutati a dar voce ai nostri progetti politici. La situazione di pressione poliziesca che stiamo vivendo ha determinato la politicizzazione di molta gente, la quale osserva come le istituzioni locali e la politica ufficiale, invece di trovare spazi per il dibattito e cercare soluzioni costruttive, delega il problema alle centinaia di unità antisommossa.


Da Lahaine.org
Traduzione a cura della redazione Infoaut

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