
Il CLAP: i riders parigini contrattaccano

Da Lundi.am traduciamo un contributo sulle forme di organizzazione conflittuale dei riders parigini.
«Siamo le vittime più visibili della politica di Emmanuel Macron perché ci colpisce direttamente»
Sono in prima linea sul fronte dell’uberizzazione e hanno deciso di spaccarlo. I proletari a due ruote dell’epoca delle start-up danno vita a un collettivo.
Divise fluorescenti con il logo stampato, bici inforcate, volti coperti, striscioni aperti e geolocalizzazione spenta. Lo scorso 8 maggio, una decina di loro erano presenti in testa al corteo in occasione del raduno parigino del Front Social. Per il nuovo gruppo Collettivo di rider autonomi di Parigi (Collectif des livreurs autonomes de Paris, CLAP), l’anonimato è particolarmente importante nelle giornate di manifestazione. Essere localizzati dagli algoritmi di Deliveroo o Foodora in place de la République in un brutto momento, significa rischiare di vedersi “disattivata” la app da un giorno all’altro. E’ ormai incalcolabile il numero di lettere di licenziamento dalle motivazioni discutibili: «Abbiamo constatato che più di una volta lei non si è attenuto ai suoi obblighi contrattuali, in particolare non rispettando le prescrizioni sul vestiario di Deliveroo», diceva quella di Arthur Hay, fondatore della CGT Corrieri di Bordeaux, una delle prime organizzazioni ad aver tentato di organizzare i rider in Francia, dopo che avevano disattivato il suo account dalla piattaforma di consegne turchese nel marzo 2016. La nostra epoca ha trasformato la bicicletta in uno sport da combattimento.
Allora, qualche giorno dopo che colui che è stato eletto presidente dichiarava senza battere ciglio davanti alle telecamere di Médiapart: «Andate voi a Stains1 a spiegare ai giovani che fanno gli autisti Uber che è meglio essere disoccupati o spacciare. I quartieri dove Uber assume sono quartieri in cui noi non sappiamo offrire niente. Infatti lavorano 60 o 70 ore alla settimana per il minimo sindacale. Ma conquistano la dignità […], si mettono un vestito, una cravatta… Cosa gli abbiamo offerto di meglio negli ultimi 30 anni?», i membri del CLAP continuano a pedalare.
Il collettivo, nato in seguito a un raduno dei rider della capitale il 15 marzo, parte da una semplice constatazione: «Con due, tre amici, andavano spesso a lamentarci della riduzione delle tariffe al quartier generale di Deliveroo. Ma ci mandavano a cagare dicendoci che, in ogni caso, se non eravamo contenti saremmo stati rimpiazzati da qualcun altro.», racconta Mouloud*, studente di 20 anni che vive a un’ora da Parigi, «Improvvisamente mi sono detto che per loro sarebbe stato più difficile sbarazzarsi di un collettivo senza nome e senza volto». Decine di giovani rider sono entrati quindi in contatto con Jérôme Pimot, ex rider di Take It Easy2 e Deliveroo (a cui hanno disattivato la app dopo un articolo su France Culture), iperattivo sui media per denunciare le derive della “food technology” e munito di una rubrica di militanti ben fornita.
La Notte delle Barricate la sera del primo turno elettorale, la manifestazione del primo maggio, il Front Social l’8 maggio… Il CLAP ha approfittato di un periodo di contestazione sociale propizio per farsi conoscere. «Siamo le vittime più visibili della politica di Emmanuel Macron perché ci colpisce direttamente», spiega Jérôme. «Quando ascolti i discorsi di Macron sull’uberizzazione, hai l’impressione di rivedere Sarkozy e Fillon nel 2007 quando andavano in estasi per i subprimes», prosegue Bastien*, rider parigino di 24 anni che scrive i volantini per il gruppo. Per questo studente di Storia del pensiero politico dai polpacci gonfi, le piattaforme di «economia collaborativa» non sono per il momento che «delle bolle che fanno miliardi senza alcun giro d’affari» che rischiano di deragliare brutalmente come Take It Easy l’anno scorso. Lasciando centinaia di fattorini in mezzo alla strada. «Per me, è un modo per lo Stato di lavarsene le mani e di regolamentare il “nuovo proletariato”, che finora andava avanti al nero. Ora come ora, il governo non ci dà mai niente e recupera in più sui nostri contributi pensionistici».
Le iniziative per lottare contro le condizioni di lavoro sempre più precarie delle app di consegne mettono radici un po’ dappertutto in Francia e altrove. Malgrado il fatto che organizzarsi collettivamente su un posto di lavoro così frammentato ed evanescente non sia cosa facile, qualche esempio esiste. A Marsiglia, una decina di questi “auto-imprenditori” di Deliveroo, sui quaranta che conta la città, sono riusciti a bloccare il sistema per un’intera nottata di marzo. Verso le 19, ora di punta per chi fa questo lavoro, i rider marsigliesi sono entrati in sciopero contro le condizioni delle tariffe riviste verso il basso, i turni sempre più corti e la cancellazione della paga minima oraria nei nuovi contratti (rimpiazzata da una remunerazione unica a 5 euro qualsiasi sia la distanza della consegna).
«Abbiamo smesso di accettare le consegne che ricevevamo sui nostri telefoni e ci siamo piazzati davanti a quattro ristoranti per impedire ai rider di prendere le loro comande», ricorda Marc*, 28 anni, osteopata che lavora come un matto da settembre per pagare la sua clinica. «Non abbiamo obbligato nessuno, ma molti si sono uniti alla nostra causa». Un pugno di ristoranti circondati e tutte le comande della serata sono state compromesse. Risultato: in un batter d’occhi Deliveroo ha spedito i suoi “ambasciatori” – degli zelanti rider che vengono pagati due euro in più alla consegna – e ha proposto un incontro negli uffici regionali. A Torino e a Londra, alla fine del 2016, dei corrieri hanno strappato delle piccole vittorie concrete tirando su delle campagne sui social network e delle azioni spettacolari, in completa autonomia. La posta in gioco principale resta quella di creare degli spazi e dei momenti di incontro tra i ciclisti.
Forti di queste esperienze passate, i rider del CLAP si sono riconquistati un rapporto di forza. «Lo scopo è quello di coordinare le azioni parigine, con un’indipendenza totale nei confronti delle organizzazioni sindacali», rileva Bastien. Il movimento è sostenuto da militanti dei sindacati CGT e SUD ma rifiuta ogni affiliazione. «Abbiamo tutti delle sensibilità differenti: Mouloud non era politicizzato, Basile* è dell’NPA3, Jérôme è un Insoumis4, io sono vicino agli autonomi… Ma abbiamo la stessa linea per quanto riguarda la lotta». Gli attivisti hanno anche in progetto l’apertura del collettivo su altre questioni oltre alla politica: delle uscite in bici, una collaborazione con l’associazione Vélorution che si batte perché i ciclisti si riapproprino delle strade, degli eventi culturali… «La rivoluzione è come una bicicletta…» diceva Che Guevara. La rivoluzione è in bicicletta, potremmo parafrasare.
L’11 maggio alla libreria Rideau Rouge del 18esimo arrondissement, per l’appunto, il CLAP ha incontrato la redazione della rivista Jef Klak che presentava il suo ultimo numero “Cavallo da corsa” sul tema del gioco, includendo in particolare la testimonianza illuminante di un ex-rider intitolata “Prends-le-cool”. E Jérôme ha annunciato il suo progetto di un’app di consegne in bici cooperativa. Lo sviluppatore Alexandre Segura, con cui lavora, ha messo in rete CoopCycle, un codice open source che ha l’obiettivo di servire a tutte le piattaforme locali autogestite che lo sostengono. «So bene che il mio sito non farà concorrenza ai giganti che dominano il mercato», precisa l’informatico. «Ma non bisogna dimenticare che alla base di internet c’era qualcosa di libertario, che apparteneva a tutto il mondo. Sta a noi recuperarlo».
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*I nomi sono stati modificati.
1 Banlieue a nord di Saint-Denis.
2 Start-up di consegne di cibo chiusa nel 2016, formalmente concorrente a Foodora ma che di fatto era posseduta dalla stessa società, la tedesca Rocket Internet.
3 Nouveau Parti Anticapitaliste (Nuovo Partito Anticapitalista).
4 Rete a sostegno di Mélenchon.
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