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Processo Riders vs. Glovo: decisione rinviata

Il 4 novembre si è tenuta a Torino quella che avrebbe dovuto essere l’udienza finale del processo che vede la multinazionale del food delivery come imputata.

Il tribunale avrebbe dovuto decidere se il lavoro svolto dai riders va riconosciuto come subordinato e se l’algoritmo risulta discriminatorio nei confronti di chi sciopera. Ma la decisione è stata rinviata a data da destinarsi da parte del giudice.

Di seguito il Comunicato di Deliverance Project

Contro ogni aspettativa l’udienza finale del processo contro Glovo di ieri si è protratta per quasi 5 ore e ha portato la giudice della sezione civile del Tribunale di Torino a non comunicare sul momento un termine per la cosiddetta camera di consiglio.

Nei primi giorni della prossima settimana si saprà se verrà emesso il giudizio oppure, se alla luce di nuovi documenti presentati e contestati dalle parti, sarà necessario riaprire la fase di valutazione delle prove.

Tra i nuovi elementi esposti ieri in aula meritano attenzione le sentenze sui processi Eternit e Thyssen. Gli avvocati Bonetto e Druetta, infatti, dopo un’attenta descrizione del sistema gestionale di Glovo, hanno suggestivamente dato risalto alla questione della sicurezza.

Esiste, ad esempio, un danno risarcibile per chi lavora senza dispositivi di sicurezza o in assenza di visite preassuntive, per il solo fatto di subire un rischio per la propria salute? Ovviamente da parte nostra la risposta non può che essere affermativa.

Di tutt’altro avviso è la difesa di Glovo, azienda che attraverso un sistema gestionale estremamente opaco tenta di aggirare ogni onere previdenziale, fiscale e di prevenzione scaricando costi e rischi su lavoratori e lavoratrici.

Secondo l’avvocato Tanca (in difesa di Glovo), infatti, l’attività della società spagnola è organizzata in base alla totale libertà del rider di lavorare, come, se e quando vuole e l’equivalente libertà dell’azienda di ricevere la prestazione nei modi che ritiene più opportuni. Notevole è il paralogismo per cui alla pretesa libertà del rider di scegliere di non lavorare corrisponda in maniera equivalente la libertà del datore di lavoro di non far lavorare…

Liberi tutti, insomma, dal momento che queste condizioni sono del resto liberamente sottoscritte alla firma del contratto!

Nulla vale il gap linguistico vissuto da buona parte delle persone che vivono di questo lavoro.

Il punteggio e il controllo mediante GPS in quest’ottica sarebbero solo strumenti per supportare il o la rider nell’esperienza totalmente libera e spontanea di trasportare merci in base alle proprie esigenze di vita.

Da questo punto di vista, su Glovo non graverebbe nessun obbligo di fornire dispositivi di sicurezza o di verificare preventivamente l’idoneità fisica di chi lavora a svolgere un’attività dai carichi fisici intensi e costanti.

Sempre da questa prospettiva, non esisterebbe quindi alcuno squilibrio in termini di rapporti di forza economici tra una multinazionale valutata 2,3 miliardi di euro e una persona pagata circa 3 euro a consegna.

OK!

Al netto delle stronzate che siamo stati costretti ad ascoltare sotto l’occhio (da) vigile di DIGOS e carabinieri, riteniamo che sia fondamentale decostruire con ogni strumento a nostra disposizione una narrazione del lavoro distorta e ampliare il più possibile forme di solidarietà che riescano ad incidere sulla qualità delle nostre vite.

Un ringraziamento va a quanti e quante hanno preso parte sia al presidio che all’udienza.

A breve aggiornamenti.

#RIDER IN LOTTA

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