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Le pesantissime condizioni di lavoro nell’industria delle carni a Modena

Impostare un modello d’intervento per la tutela della salute di lavoratori e lavoratrici nel comparto delle carni del modenese, da sempre contraddistinto da pesanti dinamiche di sfruttamento, ma anche da importanti lotte operaie, è stata la finalità della riunione.

di Rete Nazionale Lavoro Sicuro da SI Cobas

La presenza di diversi delegati sindacali, lavoratori nel comparto delle carni, insieme a sindacalisti e operatori Si Cobas e Rete Nazionale Lavoro Sicuro, ha permesso di elaborare una preliminare valutazione su quali siano le principali problematiche proprie del comparto legate a salute/prevenzione/sicurezza.

Stilare un iniziale piano operativo al fine di migliorare le condizioni di lavoro, tutelando le aspettative di vita e salute dei lavoratori e delle lavoratrici è il compito che ci siamo proposti.

I principali problemi individuati che, in seguito, verranno analizzati più nel dettaglio sono:

– l’insostenibilità del carico lavorativo, dei ritmi imposti e della frequenza delle operazioni.

1) C’è un conflitto tra fornitori di manodopera che pagano i lavoratori a ore – come da contratti stipulati – e l’azienda con la quale i fornitori hanno accordi di produzione legati alla quantità di carne lavorata, di conseguenza l’aumento dell’intensità di lavorazione è giustificato per il raggiungimento di quel tot di produzione necessario a pagare i dipendenti;

2) I lavoratori che si occupano dello scarico della carne dai camion frigo riportano di spostare pesi fino anche ai 60 kg, si tratta di un lavoro poco pagato, in quanto meno qualificato, ma sottoposto a ritmi incalzanti – l’arrivo dei camion è continuo – quando non c’è il camion ci si occupa della ‘scorta’ da caricare sul nastro, non ci sono pause.

3) Si sospettano alterazioni nella velocità dei nastri dove scorre la carne e dove i lavoratori – con diverse mansioni e retribuzioni – svolgono differenti operazioni caratterizzate da un ritmo sostenuto e un’eccessiva frequenza.

4) La velocità delle operazioni sul nastro, la frequenza delle operazioni, l’uso di lame determina possibili rischi di ferimento, infatti si sono verificati numerosi incidenti.

– le temperature negli ambienti di lavoro sono troppo basse; ci sono flussi di aria fredda che colpiscono direttamente i lavoratori e le lavoratrici; ci sono situazioni di stress termico anche dovute al transito in ambienti con temperature diverse, sino a 38 gradi di differenza; l’abbigliamento fornito dall’azienda non risulta adeguato.

1) Le modifiche apportate da un’azienda sui flussi d’aria fredda non hanno risolto il problema.

2) Si sospettano possibili alterazioni nella misurazione della temperatura negli impianti.

3) La sudorazione dovuta al lavoro aggrava lo stress termico.

– pause rese impossibili e non adeguate allo stress termico e all’intensità di lavoro tra le altre cose, i lavoratori non posso fare la pausa ‘sigaretta’ senza uscire dall’impianto, ciò comporta che, dato il poco tempo, debbano uscire con gli abiti di lavoro a rischio di ricevere richiami e sanzioni.

– assenza di un adeguato monitoraggio della salute dei lavoratori e delle lavoratrici da parte del medico competente.

1) Diversi lavoratori riportano di occuparsi privatamente di problemi di salute correlati al lavoro.

2) Si evita di rivolgersi al medico competente per la paura che un problema di salute possa compromettere il lavoro o sia utilizzato in funzione repressiva.

3) Alcuni non sono messi a conoscenza di dover sottoporsi alle visite del medico aziendale, c’è chi riporta di averla svolta solo due volte in sei anni di lavoro.

4) In un’azienda, in particolare, le visite si svolgono in un ufficio.

– prassi di occultare gli incidenti sul lavoro quando accadono.

[Nota che non avremmo mai voluto trattare!

Giovedì 1 giugno al Prosciuttificio San Francesco Spa di Modena, un lavoratore si è sentito male ed è stato semplicemente portato nello spogliatoio aziendale dove è rimasto per 40 minuti, nonostante fosse quasi svenuto in postazione di lavoro. Nessun presidio di sorveglianza sanitaria, necessario al manifestarsi del malessere è stato attivato. In spregio alle più elementari norme di prevenzione il lavoratore anziché al P.S. è stato portato a casa. Questo si è verificato nella prima parte della mattinata, attorno alle 8,00. Dato che abita da solo i colleghi preoccupati, la sera verso le 19,00, sono andati a trovarlo ed era moribondo: a nulla è valsa la chiamata della ambulanza ed il lavoratore è morto. L’omissione di soccorso, a nostro parere, è qualcosa di più che un sospetto. Si doveva arrivare prima. Ancora una vita sacrificata alla logica della produzione.]

1) Tra gli altri, un lavoratore ha avuto un richiamo disciplinare per abbandono del posto di lavoro, perché aveva accompagnato un collega ferito al pronto soccorso visto che nessun altro se ne occupava.

2) In alcuni impianti pare non esserci la dotazione necessaria per il primo soccorso.

3) La sorveglianza sanitaria è inesistente o carente.

– le problematiche di salute riportate dai lavoratori riguardano soprattutto patologie muscolo-scheletriche, in particolare schiena e arti superiori, lesioni da sforzo o legate all’uso di lame, traumi di vario tipo, malattie respiratorie.

Le condizioni di ricatto nelle quali sono costretti lavoratori e lavoratrici, dentro e fuori dal lavoro, sono già di per sé motivi di rischio per la salute.

Spesso le esposizioni a situazioni di rischio, come può essere lavorare costantemente in un freddo eccessivo e prolungato nel tempo, sono ‘indennizzate’ tramite un aumento salariale, monetizzando anche il danno che determinano. In questo modo si consolida una situazione d’invivibilità nel luogo di lavoro che continua a consumare i corpi, senza tregua, rende vulnerabili le persone con il passare del tempo.

È fondamentale tutelare e promuovere una migliore e più lunga aspettativa di vita e salute, altrimenti ciò che si guadagna ora va a discapito del domani. È dunque necessario costruire, pezzo per pezzo, il supporto ad azioni di miglioramento che risultino credibili e non abbiano ripercussioni sullo status quo salariale. È indispensabile coinvolgere lavoratori e lavoratrici in questo processo – le proposte senza la loro forza, rimangono legate al palo – sottolineando l’importanza di integrare il livello sindacale a quello sanitario in una piattaforma articolata a difesa della salute.

Se i ritmi insostenibili vanno di pari passo a un mancato incremento di manodopera tarato alla quantità di lavoro da svolgere – ciò va a vantaggio dei padroni e a grave discapito della salute di lavoratori e lavoratrici – e a parità di salario, si dovrebbe allora lavorare di meno.

Si devono porre degli obiettivi intermedi di miglioramento perché un ottenimento anche parziale di risultati darebbe forza ai nostri propositi più ambiziosi.

È necessaria un’azione contestuale che comprenda tutto il comparto carni, rendendo le richieste più forti anche dal punto di vista contrattuale – le rivendicazioni non possono essere limitate a una singola azienda, ciò determinerebbe diseguaglianze tra lavoratori e lavoratrici del distretto e offrirebbe alibi ai padroni.

In quest’ottica devono essere integrate le azioni ricavate dalla pratica dei gruppi omogenei, grazie ai quali, i lavoratori e le lavoratrici riuniti per tipologia di mansione, in ogni stabilimento, possano far emergere nel dettaglio i diversi impatti fisici del lavoro, gettando le basi per operare generalizzazioni che tengano conto di un’analisi diffusa a tutto il comparto.

Si è, dunque, deciso di convocare delle assemblee preliminari con lavoratori e lavoratrici in diversi stabilimenti perché ci sia una condivisione del processo e degli obiettivi, per poi programmare il lavoro con i diversi gruppi omogenei ed elaborare piani di miglioramento, avendo a mente le iniziali proposte operative emerse da questo incontro. In sintesi:

a) cercare di operare dei monitoraggi indipendenti su temperatura, velocità dell’aria e velocità dei nastri. In generale, tradurre le soggettività e percezioni di lavoratori e lavoratrici con strumenti di valutazione più oggettivi per essere maggiormente preparati nelle diverse sedi di confronto e su un piano sindacale;

b) ottenere le relazioni annuali dei medici competenti e confrontarle con quanto emergerà dai gruppi omogenei;

c) sviluppare una metodologia per monitorare e far applicare i limiti previsti per la movimentazione manuale dei carichi e per i ritmi di esecuzione delle diverse operazioni;

d) promuovere la creazione di un registro dei mancati incidenti;

e) elaborare una metodologia comune per svolgere i gruppi omogenei.

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