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Maschere che si squagliano, incrostazioni che resistono. Scorie di patriarcato dopo l’8 marzo

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Ancona, Corte d’Appello, processo per stupro. Due ragazzzi vengono assolti perché la violentata ha un’estetica mascolina, affermano le giudici. A questa sentenza in primo grado si sovrapporrà quella in Corte di Cassazione, il cui ricorso è stato accetto.

 

Ad Ancona la corte di tre donne assolve due ragazzi (uno stupratore e un palo) che hanno violentato una loro compagna di scuola serale con queste parole: “In definitiva, non è possibile escludere che sia stata proprio Nina a organizzare la nottata ‘goliardica’, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare Melendez (al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di ‘Vikingo’, con allusione a una personalità tutt’ altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida”.
Perché se sei bella forse non dovevi aspettarti di poter passare una serata senza commenti indesiderati o molestie o stupri; se sei una ragazza non canonicamente definibile bella allora non è possibile che ti molestino o stuprino, sei tu che hai organizzato il tuo stupro. La violenza sulle donne della società patriarcale è questa: istituzionale, giudiziaria che in tutto rispecchia e riproduce quella quotidiana, delle strade e delle case.

Non basta certo nascere con una vagina per voler cambiare il mondo. A volte aiuta, vista la valanga di violenza ulteriore che ti si abbatte addosso, ma certo non basta. Lo mostra questo caso, lo mostrano tanti altri. Rompere i ruoli sociali e di genere su cui la mentalità di ognuno è stata forgiata non è impresa di poco conto. Questa mentalità patriarcale predatoria e violenta viene riprodotta anche dalle donne, forse prima dalla donne, grazie alle quali questo ordine può reggere immutato. Confrontarsi con questa contraddizione è una delle sfide del movimento globale, come il riuscire a narrarla e comunicarla.
A pochi giorni dallo sciopero globale dell’8 marzo le ragioni della mobilitazione e della voglia di stravolgere l’ordine esistente si confermano alla lettura dei giornali. Delle donne che hanno invaso le strade di tutto il globo scioperando non c’è parola. Le uniche donne di cui si parla sono quelle troppo sexy per essere all’ottavo mese di gravidanza e mostrarlo su degli altissimi tacchi alla moda. Non sorprende, è parte dell’ordine che il movimento globale vuole distruggere. Di quest’ordine fa parte anche il neo-liberismo di cui tanto femminismo liberal è portatore. E di quest’ordine fa parte la giustizia fintamente egualitaria che condanna qualunque riproduzione differente dei ruoli sociali. Di quest’ordine fa parte la trasfigurazione della memoria che fa di Idro Montanelli uno dei più grandi giornalisti italiano non uno stupratore di bambine: “Aveva dodici anni… a dodici anni quelle lì [le africane] erano già donne. L’avevo comprata dal padre a Saganeiti assieme a un cavallo e a un fucile, tutto a 500 lire. Era un animaletto docile, io gli misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi assieme alle mogli degli altri ascari…arrivava anche questa mia moglie, con la cesta in testa, che mi portava la biancheria pulita” (intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982)”. Questo è stato Montanelli e il giornalista bianco, democratico e di sinistra che si appella alla contestualizzazione difendendolo è parte dell’ordine da buttare via. Siamo felici che un burrone ci separi già oggi.
Sta a chi quest’ordine solo per alcuni non lo vuole subire continuare a costruire i modi per ribaltarlo. E non sono quattro femministe a volerlo, sono milioni di persone in tutto il globo.

 

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

8 marzoNON UNA DI MENOsciopero

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