InfoAut

Siamo marea, saremo burrasca

Oggi milioni di donne in tutto il globo sono scese in piazza e hanno scioperato. L’appello argentino Ni una Menos è stato raccolto da oltre 40 paesi, tra cui l’Italia: si sono costituite reti cittadine Non una di Meno in tutte le principali città e la diffusione del materiale per lo sciopero globale transfemminista è arrivata anche nelle piccole cittadine. Una giornata di sciopero produttivo e riproduttivo h24 che ha bloccato le metropoli mondiali innervandosi fin nelle province dello stivale.

Questo spazio politico, per ampiezza e trasversalità, ha permesso di intravedere il superamento delle iniziative istituzionali, da decenni – e anche oggi – sbandierate sulla testa delle donne normalizzando e neutralizzando qualsiasi istanza di cambiamento incarnata nel dissidio dei corpi, delle donne, dei generi non disponibili al compromesso sulla propria pelle: sul lasciarsi ancora parlare e plasmare da altri e per fini altrui. Che sindacati confederali e soggetti istituzionali o para-istituzionali abbiano dovuto rincorrere o comunque parlare dello spazio aperto da questa rete, ne è forse la conferma più lampante e il punto di partenza per la messa in crisi di ogni compatibilismo del discorso di genere: dalla parità nell’integrazione nei modelli di dominio che riproducono i livelli della subordinazione sociale, fino alla comprensione e valorizzazione delle differenze per questo stesso ordine.

Il dato interessante della giornata, che spiazza, ristruttura e supera le stesse forme politiche che sono state condizione di questa possibilità, è l’irruzione concreta di un soggetto inatteso, solcato sì dalla violenza dal conflitto di classe ma anche eccedente questo. E’ forse questa, ancora una volta, la rinnovata e più profonda matrice della lezione femminista. Abbiamo visto nei processi di costruzione, non solo della mobilitazione di questo 8 marzo ma delle lotte e storie che lo hanno prodotto, una presa di protagonismo reale, un’istanza di trasformazione e sovversione dell’esistente che attacca nel profondo le radici del sistema produttivo e riproduttivo. Una tale radicalità ha trovato conferma nella materialità di ruoli assegnati e subiti che, negandosi nello sciopero, hanno messo in crisi la normale riproduzione della fabbrica sociale.

Non solo dunque manifestazioni sorprendenti per proporzioni e vitalità, ma una rinnovata capacità di usare lo sciopero su un piano sociale e politico. Indicazioni importanti. Trasporti, pulizie, ospedali, scuole, logistica, quartieri sono gli ambiti della riproduzione sociale allargata che hanno subito il contraccolpo delle svariate forme di sciopero messo in campo: da quello che ha usato le convocazioni dei sindacati di base, fino all’astensione dal lavoro mettendosi alla mutua, per arrivare all’assenteismo sui terminali del controllo tele-informatico (social network, e-mail) a fini produttivi, fino alla diserzione della disponibilità quotidiana a farsi in quattro per gli altri… mariti, figli, partners. Il fastidio muto che aleggiava sui social network per i disagi su trasporti e mobilità, dai treni fino ai bus e alle metro, sono il segnale che qualcosa ha funzionato nell’interrompere una normalità.

La vita, i servizi, gli istituti sociali che dobbiamo preservare nel rispetto dei ruoli di genere assegnatici sono il mondo che siamo costrette a riprodurre a costo di umiliazioni e servitù. Non è quello che vogliamo. La naturalizzazione dello sfruttamento non si trova più solo nelle cucine, è stata diffusa e allargata alla metropoli globale, la subisce una più ampia composizione femminilizzata nelle sue mansioni, nei suoi comportamenti, nelle sue aspirazioni. L’umiliazione e il costo della produzione/riproduzione di questo sistema sono l’oggetto del rifiuto di questa giornata: dire basta è il punto da cui iniziare. Dirlo significa rifiutare e scontrarsi con la sofferenza del ruolo sociale e simbolico prescrittici (tutte, tutti, trans, queer): in questo sta la gioia della liberazione, della sovversione. L’antagonismo alla sofferenza, al ruolo imposto, al sistema tutto è la scommessa dello sciopero, produttivo e riproduttivo, dei generi e dai generi. La condizione per gioire per “una per cui la guerra non è mai finita”.

L’8 marzo è solo il punto zero da cui ripartire, nella gioia della rabbia, nel distruggere la gabbia. 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Manovra 2026 – parte due. Ancora più austerità

Riprendiamo e aggiorniamo il nostro contributo sulla Legge di Bilancio 2026 alla luce del maxiemendamento approvato nel mese di dicembre, che ha scosso in modo evidente la coalizione di governo.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sgombero di Askatasuna: chi fa i piani e chi fa la storia

Lo sgombero di Askatasuna non può essere trattato come un semplice atto di repressione da parte di un governo di ultradestra.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Leva-tevi

Germania, Francia ed Italia stanno reintroducendo la leva militare, ad oggi su base volontaria, domani chissà.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

SIRIA. Aleppo, i miliziani legati alla Turchia sparano sui quartieri curdi

Le sparatorie cominciate il 22 dicembre, proseguite durante la notte, hanno ucciso due persone e ferito almeno 15 civili secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa siriana SANA.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Arrestato il Presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun

C’è anche Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia – API, tra gli arresti di questa mattina nella nuova ondata repressiva (targata Piantedosi) contro le lotte e la solidarietà per la Palestina in Italia.

Immagine di copertina per il post
Culture

“Una poltrona per due” e il Natale violento del capitale

Perché ogni anno, Una poltrona per due (Trading Places, 1983), di John Landis, viene puntualmente trasmesso dalla televisione italiana in occasione della vigilia di Natale?

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Perde un occhio per un lacrimogeno sparato ad altezza persona: la battaglia di “Lince”

La sera dello scorso 2 ottobre un’attivista di 33 anni ha perso un occhio a causa di un lacrimogeno lanciato ad altezza d’uomo dalle forze dell’ordine.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Combattere la macchina genocidiaria!

Ripensare il due, la divisione, la rivoluzione

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Viva Askatasuna! Torino e la deindustrializzazione

Una volta chiamavano Torino la città dell’automobile.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Aska è di chi arriva. Chiedi del 47

In questo momento più del solito, ma non è un fenomeno specifico di questi giorni, sembra esserci una gara a mettere etichette su Aska e sulle persone che fanno parte di quella proposta organizzativa.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Sanzioni per lo sciopero generale del 3 ottobre: il governo Meloni prova a vendicarsi

La Commissione di Garanzia sulla legge 146 ha emesso la sua prima sentenza contro gli scioperi dello scorso autunno, facendo partire una prima pesante raffica di sanzioni contro l’agitazione che è stata proclamata senza rispettare i termini di preavviso a causa dell’attacco che stava subendo la Flotilla.