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Assalto a Capitol Hill: le convulsioni dell’impero

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Quanto successo ieri sera al Campidoglio degli Stati Uniti, con la sua portata storica, rimescola ulteriormente le categorie con cui ci tocca affrontare questo presente. Quello che per decenni è stato il sogno di milioni di diseredati e sfruttati nel mondo si è realizzato in forma di tragedia e di farsa insieme, come paradosso, per un attimo evanescente per mano di una nutrita folla di sostenitori di Trump. Coloro che si sono qualificati ad ultimo baluardo del sogno americano, divenuto incubo, hanno invaso il sagrato dell’impero  con i loro copricapi da barbari, terrorizzando tutti, e probabilmente anche se stessi.

Sgomberiamo il campo: per quanto ci riguarda quello che abbiamo visto ieri sera non è stato né un tentativo di colpo di Stato, né un’insurrezione proletaria. Entrambe queste categorie in questo momento sono un comodo rifugio per non confrontarsi con la radicale complessità della realtà. Da una parte, non è un tentativo di colpo di Stato perché le elites economiche, politiche e militari non hanno alcun interesse ad esasperare un quadro che sperano rientri al più presto dentro i canoni di normalità (pio desiderio?) per continuare il business as usual (ci sembra d’altronde che il “complottismo di sinistra” che pare andare per la maggiore negli ambienti radical nostrani, tutto focalizzato su una più o meno presunta inazione della polizia, faccia imboccare all’analisi una via sterile se non fuorviante).
D’altra parte la battaglia di Capitol Hill non è stata nemmeno un’insurrezione proletaria perché, banalmente, mossa da un esasperato interclassismo in difesa di una fantasmata comunità nazionale “pervertita” dalla politica sconsiderata delle elites.

Proprio qui sta il punto: lentamente in questi anni è emerso un blocco sociale, che si è fatto blocco politico con un suo leader, un suo immaginario, un suo mito fondativo che si percepisce e viene percepito come in lotta per la libertà (o meglio per una libertà) contro le elites. Un dilemma enorme per chiunque si definisca anticapitalista: lo spostamento a destra progressivo di queste due istanze però è anche il parto di una serie di condizioni ed errori storici. Frammenti di una guerra civile a bassa intensità dove coloro che si vedono sempre più de-integrati lottano ciecamente per mantenere la propria posizione in un modello economico sociale che non esiste più da tempo.

Poco importa se a fare da impalcatura a questa narrazione sia la cosiddetta post-verità. Che Trump abbia perso le elezioni, che non esista nessuna complotto di pedofili democratici, che il Covid19 sia realtà, ad agitarsi nella pancia della folla di ieri sono istanze ben più materialistiche mascherate attraverso queste false verità. Attenzione, non solo quelle di una working class tradita dalla globalizzazione ma anche quelle chi ha goduto di una rendita data dalla posizione imperiale yankee, dalla sua identità privilegiata nelle gerarchie di classe, di genere e di razza del capitalismo statunitense etc…Il punto però è che qui c’è lo scarto con quel complottismo interpretato come fuga impotente dalla realtà: queste masse agiscono, si riconoscono, si fanno comunità di intenti.

Quello di ieri è stato un segnale chiaro a chi sperava più o meno celatamente che l’elezione di Biden avrebbe restaurato il mondo prepopulista e pacificato gli animi. Non si torna indietro, questi fenomeni sono qui per restare, e le premesse della prossima fase non promettono affatto bene. Chissà se quanto successo aprirà un dibattito all’interno di BLM e degli ambiti di movimento USA in grado di superare il rischio di una postura vittimista ed evitare di schiacciarsi sulle posizioni più liberal che si fanno forza sulla negazione dell’esistente, il rifiuto dei “bifolchi” sperando che eludendo il problema questo sparisca (di fatto assumendo posizioni più conservative dei conservatori).

Allargando lo sguardo quanto è andato in scena ieri sugli schermi di tutto il mondo è la conferma della decadenza dell’impero, violato nella sua sacralità, le cui convulsioni avranno conseguenze imprevedibili su tutto il globo. Non è detto che ci sia da rallegrarsi, ma sicuramente questa è l’ennesima manifestazione degli smottamenti profondi che hanno rimesso in movimento la storia e che le elites e i governi occidentali rifiutano in gran parte di comprendere.

Come postilla è importante sottolineare come gli stessi leaders sovranisti siano stati terrorizzati da questa emersione che li ha in qualche modo superati, tracimando gli argini. La ritirata chiamata da Trump, la ferma condanna di Boris Jhonson mostrano per una volta in più l’inconseguenza di queste rappresentazioni politiche, cosa che alla lunga potrebbe portare ad altri scivolamenti ed ad altre coagulazioni più conseguenti che andranno ad approfondire lo scontro già in atto secondo linee di faglia ancora poco chiare.

Queste prime note a caldo sono il frutto di un veloce confronto redazionale. Vogliamo aprire il dibattito su un evento così significativo, quindi invitiamo chiunque fosse interessat* a inviarci un contributo scritto anche se fortemente discordante con quanto abbiamo evidenziato qui sopra.

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