InfoAut
Immagine di copertina per il post

Tunisia: la rabbia popolare esplode a dieci anni dalla rivoluzione

||||

In concomitanza con il decennale della rivoluzione che ha portato alla cacciata di Ben Ali il popolo tunisino torna in piazza tra vecchie questioni insolute e nuove drammatiche necessità.

Sabato scorso l’ormai tradizionale decennale della Rivoluzione ha assunto un nuovo significato, dando l’innesco a quattro giornate di scontri che si sono diffusi in tutta la Tunisia. La rabbia è esplosa, da Tunisi a Sousse, da Hammamet a Tozeur, da Monastir a Djerba, migliaia di giovani sono scesi in piazza con determinazione per sollevare la questione della propria sopravvivenza stretti tra l’emergenza Covid e la crisi economica dilagante. Il bilancio della serata è stato di 242 arresti, oggi sono diventati 630.

Gli epicentri da cui sono partite le proteste sono stati i quartieri popolari della capitale. La rivolta è generazionale, molti degli arrestati sono giovani o giovanissimi. Quanto sta succedendo è un cocktail esplosivo derivato dal coincidere della malagestione dell’epidemia da parte dei governi (5.528 morti, 175mila casi allo scorso venerdì, inoltre in Tunisia, a differenza di Egitto e Marocco non sono ancora partite le vaccinazioni) con le condizioni economiche che persistono disastrose dal tempo della rivoluzione. Tra disoccupazione giovanile, povertà e bancarotta dietro l’angolo la rottura del 2011 risuona come un’occasione persa per molti. Le conquiste formali di allora, come la Costituzione ed il diritto di parola, oggi diventano simulacri vuoti di fronte alla condizione in cui sopravvivono i settori popolari tunisini.

“Questa è la rivolta degli affamati”, annuncia uno slogan dipinto su un muro a Kabbariya, un quartiere nella periferia meridionale di Tunisi. E così i rivoltosi attaccano e saccheggiano supermercati per conquistare beni di prima necessità, distruggono “le agenzie bancarie e postali, la loro presenza in quartieri in cui il risparmio e il credito bancario sono inaccessibili risuona come una provocazione.”1

“Questa è la continuazione del 2010 e del 2011, perché nulla è cambiato, il potere ha ulteriormente impoverito le persone e ulteriormente emarginato le regioni. Avevamo un problema con la famiglia corrotta di Ben Ali. Oggi abbiamo un problema con la nuova famiglia al potere, la famiglia di ennahda, e gli uomini d’affari corrotti, gli stessi di prima oltre a quelli nuovi!” annuncia un manifestante di Jelma.

Le istituzioni hanno risposto alle proteste schierando i militari da un lato e dall’altro proponendo un vasto rimpasto di governo. Hichem Mechichi, primo ministro tunisino, non ha riconosciuto il carattere politico della rivolta definendo i giovani che da giorni stanno combattendo nelle piazze come “vandali”.

I manifestanti sono stati picchiati, tra gli arrestati persone accusate di “istigare” disordini sui social media, raid della polizia avvenuti in quartieri inondati di gas lacrimogeni e l’esercito è stato dispiegato nei governatorati di Sousse, Kasserine, Siliana e Bizerte. I veicoli corazzati della Guardia Nazionale hanno pattugliato le strade di Hay Tadhamon, uno dei più grandi quartieri della classe operaia alla periferia di Tunisi, lunedì sera.

Mechichi è in carica dal 2 settembre 2020 e nel 2011 fu membro della Commissione Nazionale di Investigazione sulla Corruzione e Appropriazione indebita.

Ennahda, il partito di governo, ha visto ridursi il suo successo elettorale. “Da un sorprendente 37% nel 2011 (89 seggi), al 27% dei voti nel 2014 (69 seggi) e solo al 19% nelle ultime elezioni del 2019 (52 seggi). Da un lato, la decrescente popolarità di Ennahda riflette il malcontento dell’opinione pubblica per la sua gestione dell’economia. Neoliberale nell’orientamento e desideroso di dipingersi come favorevole alle imprese, Ennahda non è riuscita a mantenere le sue promesse di giustizia sociale – uno dei pilastri della sua piattaforma e una richiesta chiave della rivoluzione. Più in generale, non ha attuato veri e propri progetti di riforma strutturale e socioeconomica durante i suoi anni al governo, tanto meno in termini “islamici”.

D’altra parte, Ennahda ha pagato per la sua associazione con l’establishment – sempre più percepito come una banda di entità egoiste – e la politica del consenso e del compromesso “a tutti i costi”, che ha stabilizzato il paese ma ha impedito le riforme necessarie.2

Il parlamento emerso dalle elezioni del 2019 è estremamente frammentato e tra le formazioni che godono di un maggiore sostegno popolare ve ne è una che rivendica il ritorno al regime di Ben Ali.

Le organizzazioni ufficiali della classe operaia e degli studenti sono rimaste spiazzate da questa emersione e si posizionano tra il timore e la curiosità, tentando una legittimazione politica delle piazze e allo stesso tempo un loro recupero.

Sarà da vedere se la rivolta in corso si solidificherà in un movimento in grado di “riappropriarsi” della rivoluzione incompiuta o se diverrà un’esplosione momentanea destinata a ritornare sottotraccia.

Una cosa è certa, dietro lo slogan che risuona nelle piazze «Il nostro lockdown politico dura da dieci anni!», se la rivoluzione del 2011 è stata l’innesco di sconvolgimenti globali significativi, questa rivolta è un segnale importante.

 

1 https://www.middleeasteye.net/fr/opinion-fr/tunisie-emeutes-revolution-pauvrete-injustice-sociale-corruption-kais-saied

2 https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/tunisia-and-ennahdas-post-revolutionary-trajectory-28867

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

primavera arabarivoltatunisia

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Barnier come primo ministro, il figlio del RN e del macronismo

Macron voleva concludere il suo mandato governando con l’estrema destra. È con questo obiettivo che ha inaspettatamente lanciato uno scioglimento d’emergenza prima dell’estate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: “Aysenur, attivista ISM, è stata uccisa a sangue freddo”

Le Nazioni Unite hanno chiesto “un’inchiesta approfondita” sull’uccisione per mano israeliana di Aysenur Ezgi Eygi, 26enne attivista statunitense dell’International Solidarity Movement

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hezbollah lancia la “prima fase” di attacchi di rappresaglia contro Israele dopo l’assassinio del comandante Shukr

Il gruppo libanese Hezbollah ha annunciato domenica di aver lanciato centinaia di razzi e droni in profondità in Israele come parte della “prima fase” della sua risposta all’assassinio del suo comandante senior Fouad Shukr da parte di Tel Aviv.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Spettri di Working Class, il classico strumento repubblicano per vincere le presidenziali

Paul Samuelson, per quanto sia stato un genio della astrazione economica e della regolazione dei mercati, ci ha lasciato modelli matematici di efficienza delle transazioni di borsa che, nella realtà, si sono paradossalmente rivelati soprattutto strumenti ideologici. 

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Irlanda: intervista a Danny Morrison, segretario del Bobby Sands Trust

Radio Onda d’Urto intervista Danny Morrison, 71 anni, nato e cresciuto a Belfast, figura storica del movimento repubblicano irlandese e protagonista di diverse fasi cruciali della storia dei Troubles.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le armi uccidono anche se non sparano

Le guerre ci hanno catapultato nel vortice di una furiosa corsa al riarmo globale, come non accadeva da prima dell’89 del ‘900.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cronaca da Beirut: “Magari una guerra potrebbe ridurre la pressione su Gaza”

Durante la scorsa settimana, i jet israeliani hanno sorvolato il Libano a bassa quota, un costante promemoria della minaccia di guerra imminente. “Se vogliono fare guerra contro di noi, così sia. Forse potrebbe ridurre la pressione su Gaza,” dice mia madre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bangladesh: il riscatto di una generazione

Ripubblichiamo il contributo del Collettivo Universitario Autonomo – Torino in merito alle rivolte in Bangladesh. Un punto di vista e una riflessione sulla componente giovanile e il carattere studentesco delle mobilitazioni.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Governo blindato, piazze aperte

Il Dl infrastrutture è stato approvato in tempi rapidissimi da un parlamento silente e complice, a colpi di fiducia. Il commissario straordinario Sessa ha quindi l’ok definitivo da Camera e Senato per aprire la “contabilità speciale”: 20 milioni di euro per il 2024, sui 520 complessivi, con un cronoprogramma di 10 anni di lavori.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Zoo umani, esposizione di teschi, la frusta: capire la rivolta dei Kanak

In Palestina, come in Nuova Caledonia e in altri conflitti coloniali, quando i colonizzati si ribellano, i colonizzatori cancellano la storia e cercano di far dimenticare i loro crimini.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Germania, agricoltori in rivolta: occupate le autostrade, blocchi e cortei nelle città

È caos in Germania, dove è esplosa la protesta dei coltivatori contro il governo Scholz.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Belgio: la polizia spara a un uomo, 3 notti di rivolte

Oupeye è una città vicino a Liegi, in Belgio. Venerdì, un uomo di 32 anni, Domenico, è stato ucciso dalla polizia per aver opposto resistenza all’arresto mentre era a bordo di un quad. I testimoni hanno detto che era stato colpito alla nuca, cosa che è stata poi confermata.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

SPECIALE BANLIEUE | Toute la symphonie ardente

Apriamo questa nuova pagina di approfondimento rispetto alla vicina Francia, per comprendere quanto sta accadendo e per trarne alcuni spunti interessanti da convogliare nella nostra riflessione in questa fase e nel nostro agire.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Cronache marsigliesi /7: la guerra civile in Francia

La prima cosa che va rilevata è come, a differenza che nel 2005 e nel 2006, anche Marsiglia sia scesa pesantemente in campo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: terza notte di rivolta. Incendi e saccheggi in tutto il paese. 10 commissariati di polizia presi d’assalto. 667 arresti

Terza notte di scontri e di rivolta in tutta la Francia dove in diverse citta’, anche piccole, si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia, saccheggi, espropri di negozi e grandi magazzini, oltre 500 le auto incendiate, uffici istituzionali date alle fiamme, assaltati 10 commisariati di polizia.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Francia: rivolta nella banlieue dopo l’ennesimo brutale omicidio poliziesco

Scoppia la rabbia dopo l’omicidio di un diciasettenne da parte della polizia francese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: gli abitanti di Jujuy chiedono le dimissioni del governatore Gerardo Morales

Nonostante i proiettili, le manganellate e gli arresti il popolo resiste e annunciano altre proteste. Le proteste sono riprese nella notte di sabato per chiedere le dimissioni del governatore e l’annullazione della riforma della Costituzione della provincia di Jujuy.