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Tunisia: buttato giù il primo ministro Ghannouchi

Il 14 gennaio mentre Ben Ali scappava verso Jedda, il movimento tunisino festeggiava in tutte le piazze del paese una prima vittoria: “non è che l’inizio!”. Ripetevano tutti. E hanno mantenuto la promessa. Manifestazioni pubbliche, scioperi generali, occupazioni dell’università e delle scuole superiori, giornate di insurrezione, rabbia e dimostrazione di forza hanno permesso al movimento tunisino di farsi largo contrastando senza tregua i tentativi del blocco politico-economico dell’rcd (vecchio partito lobby capeggiato da Ben Ali) di restare e riconsolidarsi al potere.

La transizione di Ghannouchi andava infatti in quella direzione e solo la tenuta di posizione e l’incredibile capacità di rilancio e avanzamento del movimento tunisino ha garantito che gli spazi politici non si chiudessero nelle mani dell’establishment “benalista”. Un primo impresentabile governo cade grazie alla Carovana della Liberazione che riesce a conquistarsi la Casbah (sede del primo ministro) e dopo giorni e giorni di pressione il presidio butta giu il governo e tenta di resistere alla violentissima repressione che riuscirà per il momento a sgomberare la piazza.

Dopo pochi giorni l’rcd torna all’assalto e il nuovo governo di transizione (riconosciuto anche dagli alti vertici del sindacato in contrasto con la propria base e il movimento) nomina come governatori delle regioni altri uomini della vecchia elites del sistema, ma la “dégage mania” travolge l’operazione: molte città riescono a scacciare i governatori tramite presidi pacifici ma determinati che “consigliano” alla polizia di starsene calma nei commissariati, altrove invece torna la provocazione e la violenza che raggiunge picchi osceni e bestiali, quando due militanti vengono arrestati nella zona del Regueb ed usciranno dalle caserme morti, arsi vivi.

L’indignazione in quelle terre coraggiose alza i toni e giorni e notti di insurrezione riescono a vincere sulla violenza e brutalità poliziesca riuscendo a bloccare l’insediamento del nuovo governatore, nel Regueb come altrove. Il governo cede, ma poi attacca militarmente tramite la polizia, circuitando aperture politiche a repressione. Tendenza fatale per Ghannouchi che dopo centinaia di migliaia di persone in piazza venerdì contro il governo inizia a tremare, dichiara le elezioni a luglio, ma poi lascia sparare la polizia contro i manifestanti. Un fine settimana ad altissima tensione, mentre l’esercito si ritira e restano in strada solo manifestanti e polizia, che uccide 3 ragazzi del movimento.


Ghannouchi ha dichiarato di non essere “il genere di persona che prende decisioni che possono provocare vittime”
e che non vuole passare alla storia come il primo ministro della repressione. Ma tutti sanno che dimettendosi ha riconosciuto la forza delle ragioni politiche che muovono la piazza della Tunisia, anche se ha parlato di gruppuscoli infiltrati mettendo in guardia i tunisini della presenza delle forze lealiste a Ben Ali, è chiaro che con le dimissioni si possono aprire nuove prospettive per il movimento che reclama da settimana l’urgenza della creazione di un’assemblea costituente e di un consiglio autorevole di salvaguardia della rivoluzione.

La strutturazione di un contro potere nella figura dell’assemblea costituente  e del consiglio potrebbe essere la soluzione che il movimento riuscirebbe a conquistare per far avanzare il processo rivoluzionario, ma non sarà semplice. In questi minuti non sappiamo ancora come si stiano orientando i vertici dell’esercito e come il sistema dei partiti al governo intenda reagire al nuovo scenario aperto dalle dimissioni. Certamente i lealisti di Ben Ali e le milizie non faranno attendere le loro mosse in uno scenario politico fortemente destabilizzato, anche se la crisi dell’alleato libico pone seri problemi a chi lavora nel torbido e nella provocazione.

Intanto la piazza continua a mantenere il presidio sociale e di massa, scontrandosi ancora con la polizia come a Kesserine o gridando di gioia come alla Casbah di Tunisi per quella che in queste ore appare come l’ennesima straordinaria vittoria di chi solo due mesi fa era la vittima del regime e della crisi, e che ora invece è capace di riprendersi tutto, in primis la capacità di lotta e la forza dell’organizzazione autonoma. L’indicazione che corre dai social network ai passa parola è “teniamo le strade, restiamo vigili!”, ed è un indicazione che anche noi, dalla redazione di infoaut, prendiamo sul serio mantenendo fissa l’attenzione sulla Tunisia rivoluzionaria che attraversa ore decisive per il futuro del suo popolo.

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