InfoAut
Immagine di copertina per il post

Chi ha fermato Donald Trump? Una tragedia promessa finita in farsa e il comando del capitale

||||

di Felice Mometti per Connessioni Precarie

Sarebbe fin troppo facile raccontarla come un bmovie pensato come drammatico ma che man mano che scorrono le immagini diventa inconsapevolmente comico. Non basta l’uso compulsivo di Twitter per sovvertire le istituzioni. E nemmeno una squadra raffazzonata di avvocati, dalla quale i grandi studi legali si sono tenuti a debita distanza, con a capo il protagonista arrapato di uno degli episodi del film Borat. E che dire di una conferenza stampa che avrebbe dovuto rivelare colossali brogli elettorali tenuta nel retrobottega di un negozio di giardinaggio? L’intera vicenda si potrebbe tranquillamente chiuderla qui.

L’iconografia classica dei colpi di stato prevede come minimo l’esercito nelle strade, l’occupazione delle reti di comunicazione, la chiusura delle sedi istituzionali. Certo ci possono essere colpi di stato striscianti con la nomina, in quantità industriale, di giudici “amici” (fino a che punto?) presso le corti statali e federali. Facendo appello alla mobilitazione di massa contro fantomatici pericoli socialisti. Quello che non può esserci è la simulazione virtuale di mezzo colpo di stato o di un quarto di colpo di stato. Ma è questo che voleva (vuole?) Trump con le svariate decine di cause, intentate in più stati, con lo scopo di delegittimare la vittoria di Biden. E con l’appoggio, che in realtà si è tradotto in alcun tweet e un saluto veloce dietro i vetri blindati del Suv presidenziale mentre andava a giocare a golf in Virginia, alla marcia del 14 novembre a Washington dei suoi sostenitori. Le decine di cause e ricorsi sono state tutte perse tranne una per alcuni vizi procedurali.

La Million MAGA March di Washington, che nelle intenzioni doveva costituire l’inizio delle proteste di piazza, ha messo insieme non più di 20 mila partecipanti tra Proud Boys e simili, pensionati della Florida, gruppi familiari dell’Oklahoma, qualche rappresentante di sindacati di polizia e no-mask negazionisti di vario genere. Con queste iniziative legali e di piazza l’obiettivo di Trump era (è?) duplice: alzare la posta per aprire una trattativa con la nuova amministrazione Biden sui procedimenti giudiziari per evasione fiscale, corruzione, bancarotta ai quali andrà probabilmente incontro una volta non più presidente. E, secondo motivo, giocare ancora un ruolo decisivo nel partito Repubblicano anche nella prossima fase che sarà di riorganizzazione politica e di ridefinizione delle gerarchie interne. Ma cosa è intervenuto negli ultimi tre giorni tanto da costringere Trump a concedere l’apertura della transizione al presidente eletto Biden?

Oltre all’aumento delle pressioni provenienti dall’interno del Partito Repubblicano e la certificazione dei risultati elettorali in Michigan che hanno reso di fatto impossibile una vittoria legale, c’è stata la presa di posizione pubblica di 160 tra amministratori delegati e top manager di grandi aziende e società finanziarie, il cambio di rotta della General Motors nella causa contro il governo della California, l’abbandono della nave trumpiana di Stephen Schwarzman, CEO di Blackstone, la testa di ponte di Trump a Wall Street. L’azione di Trump: «mette a rischio la salute pubblica ed economica e la sicurezza dell’America». Questo il passaggio centrale della lettera pubblica dei 160 amministratori delegati e top manager, tra i quali quelli di Goldman Sachs, BlackRock, Mastercard, Visa. La General Motors ha ritirato l’appoggio alla causa che Trump ha avviato contro il governo della California per annullare le regole del risparmio di carburante per frenare il riscaldamento globale. Più che la Costituzione, che in tema di democrazia presenta molte zone a dir poco grigie – sfruttate da Trump – ha potuto il grande capitale.

Portare alle estreme conseguenze la delegittimazione della vittoria di Biden avrebbe messo in discussione l’intero processo elettorale e il sistema rappresentativo in quanto tale. Non è ciò di cui hanno bisogno i gestori delle grandi reti del valore e della produzione in mezzo a una pandemia mondiale. La risposta di Biden, che per ora ha schierato le seconde linee – escluso John Kerry ex Segretario di Stato – delle amministrazioni Clinton e Obama, rappresenta per loro il male minore affinché non si interrompa la riproduzione dei rapporti sociali, politici ed economici.

 

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

elezioniUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: la strategia Trump del “cortile di casa”

Le dichiarazioni di Trump delle ultime settimane sono molte e contraddittorie rispetto alle azioni da intraprendere nei confronti del Sud America in particolare al largo del Venezuela

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Un “pericoloso comunista” sindaco di New York… E vai!

Riprendiamo questo articolo apparso su Il Pungolo Rosso sulla elezione di Mamdani a sindaco di New York. Il contenuto ci pare largamente condivisibile in diversi punti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Sudan. Dopo il Darfur le RSF puntano al Kordofan, proseguono i massacri

Il Sudan continua a precipitare in una spirale di violenza che sembra non avere fine.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

NYC: la vittoria di Mamdani

La vittoria del candidato sindaco democratico Mamdani è stata in prima pagina su tutti i giornali nostrani sia ieri che oggi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Quando fallirà la promessa gialla?

Da Balfour a Trump, dal distintivo giallo alla linea gialla, la stessa storia si ripete in un unico colore, un colore che macchia le mappe e dipinge sia la geografia che la memoria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Bolivia nel suo labirinto

Con questo risultato, si chiude, per il momento, l’egemonia del Movimento al Socialismo (MAS) di Evo Morales

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: Noboa cerca di autorizzare una base militare USA nelle isole Galápagos

Il presidente ecuadoriano cerca di eliminare l’articolo costituzionale che proibisce basi straniere, nonostante il rifiuto sociale e ambientale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cosa c’è dietro il nuovo piano di Israele per dividere Gaza in due

Mentre Trump elogia la “pace”, Israele sta consolidando un nuovo regime di confini fortificati, governo per procura e disperazione orchestrata, con l’espulsione ancora obiettivo finale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Elezioni presidenziali in Camerun: proteste, repressione del dissenso e delle opposizioni

Le elezioni presidenziali in Camerun del 12 ottobre hanno portato ad un clima di crescente tensione nel Paese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Napoli: occupata l’Aula Nugnes del Consiglio Comunale, “Rispettate la mozione contro la collaborazione con Israele”

Nel corso del pomeriggio di venerdì 31 ottobre è stata occupata dalla rete Napoli con la Palestina l’aula Nugnes del consiglio comunale di Napoli.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia

Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I bulldozer di guerra israeliani: finire ciò che la Nakba ha iniziato

Le spedizioni di bulldozer sovvenzionate da Washington stanno consentendo a Tel Aviv di radere al suolo Gaza, rilanciando le tattiche utilizzate durante la Nakba per la Pulizia Etnica della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

American Primeval

Dell’omicidio di Charlie Kirk e del suo presunto esecutore Tyler Robinson si sta parlando ampiamente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

America Latina, “la guerra secondaria”

Nel 2025, la competizione globale per i minerali essenziali – terre rare, litio, cobalto – e per le fonti energetiche – petrolio, gas, energie rinnovabili – sta riconfigurando il potere globale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Raffaele Sciortino – L’imperialismo nell’era Trump. Usa, Cina e le catene del caos globale

Che cos’è l’imperialismo oggi, nell’era di Trump? da Kamo Modena Non è una domanda scontata, né una mera speculazione teorica; al contrario, siamo convinti che sia un nodo fondamentale, tanto per chi vuole comprendere il mondo, quanto per chi mira a trasformarlo – partendo, ancora una volta, da dove si è, da dove si è […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Los Angeles, o la fine dell’assimilazione

“Non è nostro compito inventare strategie che potrebbero permettere al Partito dell’Ordine di respingere il diluvio. Il nostro compito è piuttosto quello di individuare quali compiti necessari ci vengono assegnati giorno per giorno, quali forze di creatività, determinazione e solidarietà vengono chiamate in causa, e quali forme di azione appaiono ora ovvie a tutti.”

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Fuoco e ghiaccio: lezioni dalla battaglia di Los Angeles

Traduciamo questo articolo anonimo dal sito ill will. Il testo è del 14 giugno, quindi scritto nei giorni caldi delle rivolte. Ci sembra importante cercare di seguire il dibattito interno al movimento che si sta dando negli Usa, per provare a restituire la complessità delle questioni che esso mette sul tappeto.