
Gli USA bombardano l’Iran, ogni maschera è caduta
Ieri notte gli USA hanno bombardato tre siti nucleari in Iran, quello di Fordo, di Isfahan e di Natanz ufficializzando di fatto l’entrata in guerra al fianco di Israele.
I siti sarebbero stati colpiti con una combinazione di bombe anti-bunker e missili tomahawk. Non è ancora chiara l’entità dei danni, mentre Trump e l’amministrazione USA hanno annunciato trionfalmente che il programma nucleare iraniano è stato distrutto, dall’altra parte si parla di danni limitati, di scorte di uranio arricchito già trasferite da tempo. Difficile capire se e quanto l’attacco sia stato efficace circondato com’è dalla solita cortina di guerra.
Ciò che è chiaro è che gli Stati Uniti guidati da Trump, nonostante le opposizioni interne ed esterne alla sua amministrazione ed al suo partito, hanno deciso di percorrere la strada della guerra aperta. La tendenza neocons ha prevalso sulle remore diffuse negli USA rispetto alla possibilità di imbarcarsi direttamente in una nuova avventura militare in Medio Oriente. D’altronde era evidente da giorni che Israele non solo non stava avendo la meglio nel nuovo conflitto in cui ha precipitato la regione, ma stava subendo importanti e significativi danni sia sul piano della deterrenza pratica, sia su quello dell’immaginario di potenza super-tecnologica e militarmente imbattibile. E se c’è qualcosa che gli Stati Uniti non possono tollerare è che Israele, con il suo ruolo di avanguardia militare occidentale nella regione, venga sconfitto o anche solo indebolito. Dunque è dovuto intervenire il “garante di ultima istanza” dello Stato genocida a mostrare tronfio al mondo la sua supremazia militare: ancora una volta suprematismo, capitalismo e colonialismo danzano insieme su una melodia di morte e distruzione.
Ogni maschera è caduta. Ogni ipocrisia del soft power statunitense è stata spazzata via: l’Iran è stato attaccato senza l’autorizzazione del Congresso, in spregio al diritto internazionale, al trattato di non proliferazione del nucleare, per dimostrare chi comanda al mondo intero. Tutta questa architettura contradditoria di mistificazioni si è dissolta di fronte all’unica cosa che conta per gli Stati Uniti, mantenere saldo il proprio dominio sulla catena del valore capitalista.
La gravità di quanto accaduto viene smorzata dalle narrazioni mediatiche asservite. Il primo atto di guerra nucleare dopo il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki è di nuovo un prodotto tutto made in USA. Atto di guerra che ha colpito strutture per l’arricchimento dell’uranio per uso civile, in barba a tutte le fregnacce che sentiamo pronunciare dai promotori dell’energia atomica. Dei civili evacuati, del rischio di contaminazioni nucleari della portata di Chernobyl se ne parla come se fossero servizi sul caldo record. Altro che doppi standard, qui è l’esercizio più feroce e sprezzante del suprematismo che alloggia nelle redazioni dei giornali.
Mentre stiamo scrivendo già si rintracciano i primi segnali di un possibile allargamento del conflitto: il Regno Unito ha dichiarato che una risposta dell’Iran contro gli Stati Uniti sarà considerata un attacco a un Paese membro della NATO, alludendo all’attivazione dell’articolo 5. Il parlamento iraniano sta valutando la chiusura dello Stretto di Hormuz con enormi conseguenze sul commercio globale. Intanto gli Stati Uniti e l’Europa dissimulano nuovamente un atto di guerra dietro menzogne paradossali: JD Vance afferma che “Gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Iran […] Siamo in guerra con le sue ambizioni nucleari”. Come si può non rimanere allibiti di fronte ad una faccia tosta di questa portata? La verità è che l’amministrazione Trump ha bisogno di giustificare alla sua opinione pubblica interna ed alla sua base elettorale questa ennesima guerra. Quando e se l’Iran risponderà legittimamente all’aggressione il messaggio sarà: “Avete visto? Sono stati loro ad attaccarci per primi”.
Mentre tutto ciò accade il genocidio dei palestinesi nella Striscia di Gaza procede senza sosta, la timida condanna dei crimini israeliani che si stava facendo spazio nelle cancellerie occidentali è subito regredita al tipico ritornello sul “diritto di Israele a difendersi”. Bisogna capire che questi fatti non appartengono a vicende diverse, fanno parte dello stesso quadro. Un’unica egemonia da garantire scrivevamo.
L’unico attore che può cambiare le carte in tavola sono le masse popolari che non hanno nulla da guadagnare da queste guerre. Le maschere sono cadute, oggi abbiamo tutti e tutte di fronte tutta la brutalità e l’ipocrisia del sistema di sviluppo in cui viviamo. E’ qualcosa da cui partire.
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