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Il welfare paga il risanamento

di Sara Farolfi per Il Manifesto

Venti miliardi nel 2012, 25,5 nel 2013. Su chi ricadrà dunque il peso di quei 45,5 miliardi di euro che servono per risanare i nostri conti pubblici, azzerando nel 2013 il deficit in rapporto al Pil? Pensionandi, dipendenti pubblici, più in generale su tutti i cittadini che si vedranno aumentare le tasse o diminuire i servizi a causa della scure che sta per abbattersi sugli enti locali (Comuni e Regioni). Il contributo della «politica» – «sui costi della politica abbiamo fatto un numero di interventi che credo siano addirittura eccessivi rispetto a quello che sarebbe giusto fare», dice Berlusconi – sarà modesto: i ministeri avranno una riduzione di budget di 8,5 miliardi di euro (6 nel 2012 e 2,5 nel 2013), enti locali e regioni pagheranno con 10,5 miliardi nel biennio (9,5 miliardi gli enti locali, 1 miliardo le regioni). Pura spesa sociale, anche se il governo ha escluso che i tagli riguarderanno sanità, scuola e cultura (già abbondantemente tartassate con le manovre precedenti). Il giro di vite arriva per le province sotto i 300 mila abitanti, che verranno soppresse, e per i comuni sotto i mille abitanti, che verranno accorpati.

Modesti saranno anche gli introiti dell’«imposta di solidarietà»: dovrebbe trattarsi di un contributo del 5 percento per i redditi oltre i 90 mila euro, del 10 percento per quelli sopra i 150 mila euro. A pagare l’addizionale sarà dunque solo chi ha redditi attualmente tassati con l’aliquota del 41 percento. Viene aumentata l’aliquota Irpef per i lavoratori autonomi che dichiarano redditi oltre 55 mila euro l’anno. La tassazione sulle rendite finanziarie sale al 20 percento: capital gain e interessi sulle obbligazioni, ma non quelle pubbliche (Bot, Ccct, e bond a tasso variabile) che continueranno ad avere una ritenuta alla fonte del 12,5 percento.

Anche i roboanti annunci (corredati da campagna pubblicitaria) sulla lotta all’evasione fiscale si traducono in poca cosa: tutte le transazioni superiori ai 2500 euro dovranno essere tracciabili (prima l’obbligo scattava dai 5 mila euro in su), e le sanzioni per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali saranno inasprite fino alla sospensione dell’attività.

Il grosso della manovra verrà dai tagli alle pensioni. La mediazione con Bossi ha portato allo stralcio dell’intervento sulle pensioni di anzianità (nella bozza di decreto per diverse migliaia di lavoratori la possibilità di ritiro sarebbe stata bloccata a partire dal 2012). Ma il grosso dei risparmi verrà dalle donne: il progressivo innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento per le donne impiegate nel privato (per quelle del settore pubblico l’innalzamento era già stato deciso lo scorso anno) viene anticipato dal 2020 al 2016.

E la campana suona anche per gli statali: i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità. Mentre il trattamento di fine rapporto, sempre agli statali, verrà corrisposto con due anni di ritardo.

La manovra varata dal consiglio dei ministri contiene «un meccanismo efficace di privatizzazione dei servizi locali e una normativa efficace su municipalizzate, oltre a norme per la semplificazione e le liberalizzazioni che anticipano la riforma dell’articolo 41 della Costituzione» ha annunciato Tremonti. È stato invece stralciato il taglio del 30 percento degli incentivi alle energie rinnovabili.

«Addolorati ma soddisfatti» Berlusconi e Tremonti, l’unico ministro a cantare vittoria è Maurizio Sacconi che nel decreto è riuscito a inserire alcune norme in materia di lavoro. Passa la cosiddetta «legge Fiat», la legge voluta dal Lingotto per sterilizzare i ricorsi della Fiom contro i contratti separati firmati da Cisl e Uil. I contratti aziendali o territoriali, d’ora in avanti, avranno la capacità di regolare tutto ciò che attiene all’organizzazione del lavoro e della produzione «anche in deroga ai contratti collettivi e alle disposizioni di legge quando non attengano ai diritti fondamentali nel lavoro che in quanto tali sono inderogabili e universali».

Il welfare paga il risanamento Scure sul Tfr e sulle tredicesime degli statali. Stop ai ponti, le feste non religiose spostate al lunedì. Donne in pensione a 65 anni MANOVRA BIS 45,5 miliardi in due anni. Mannaia su pensioni e dipendenti pubblici Passa la «legge Fiat». Salteranno le cause della Fiom contro gli accordi separatisara farolfiIl welfare paga il risanamento

Venti miliardi nel 2012, 25,5 nel 2013. Su chi ricadrà dunque il peso di quei 45,5 miliardi di euro che servono per risanare i nostri conti pubblici, azzerando nel 2013 il deficit in rapporto al Pil? Pensionandi, dipendenti pubblici, più in generale su tutti i cittadini che si vedranno aumentare le tasse o diminuire i servizi a causa della scure che sta per abbattersi sugli enti locali (Comuni e Regioni). Il contributo della «politica» – «sui costi della politica abbiamo fatto un numero di interventi che credo siano addirittura eccessivi rispetto a quello che sarebbe giusto fare», dice Berlusconi – sarà modesto: i ministeri avranno una riduzione di budget di 8,5 miliardi di euro (6 nel 2012 e 2,5 nel 2013), enti locali e regioni pagheranno con 10,5 miliardi nel biennio (9,5 miliardi gli enti locali, 1 miliardo le regioni).

Pura spesa sociale, anche se il governo ha escluso che i tagli riguarderanno sanità, scuola e cultura (già abbondantemente tartassate con le manovre precedenti). Il giro di vite arriva per le province sotto i 300 mila abitanti, che verranno soppresse, e per i comuni sotto i mille abitanti, che verranno accorpati.Modesti saranno anche gli introiti dell’«imposta di solidarietà»: dovrebbe trattarsi di un contributo del 5 percento per i redditi oltre i 90 mila euro, del 10 percento per quelli sopra i 150 mila euro. A pagare l’addizionale sarà dunque solo chi ha redditi attualmente tassati con l’aliquota del 41 percento. Viene aumentata l’aliquota Irpef per i lavoratori autonomi che dichiarano redditi oltre 55 mila euro l’anno. La tassazione sulle rendite finanziarie sale al 20 percento: capital gain e interessi sulle obbligazioni, ma non quelle pubbliche (Bot, Ccct, e bond a tasso variabile) che continueranno ad avere una ritenuta alla fonte del 12,5 percento.

Anche i roboanti annunci (corredati da campagna pubblicitaria) sulla lotta all’evasione fiscale si traducono in poca cosa: tutte le transazioni superiori ai 2500 euro dovranno essere tracciabili (prima l’obbligo scattava dai 5 mila euro in su), e le sanzioni per la mancata emissione di fatture o scontrini fiscali saranno inasprite fino alla sospensione dell’attività.Il grosso della manovra verrà dai tagli alle pensioni. La mediazione con Bossi ha portato allo stralcio dell’intervento sulle pensioni di anzianità (nella bozza di decreto per diverse migliaia di lavoratori la possibilità di ritiro sarebbe stata bloccata a partire dal 2012). Ma il grosso dei risparmi verrà dalle donne: il progressivo innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento per le donne impiegate nel privato (per quelle del settore pubblico l’innalzamento era già stato deciso lo scorso anno) viene anticipato dal 2020 al 2016.E la campana suona anche per gli statali: i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità. Mentre il trattamento di fine rapporto, sempre agli statali, verrà corrisposto con due anni di ritardo.

La manovra varata dal consiglio dei ministri contiene «un meccanismo efficace di privatizzazione dei servizi locali e una normativa efficace su municipalizzate, oltre a norme per la semplificazione e le liberalizzazioni che anticipano la riforma dell’articolo 41 della Costituzione» ha annunciato Tremonti. È stato invece stralciato il taglio del 30 percento degli incentivi alle energie rinnovabili.«Addolorati ma soddisfatti» Berlusconi e Tremonti, l’unico ministro a cantare vittoria è Maurizio Sacconi che nel decreto è riuscito a inserire alcune norme in materia di lavoro. Passa la cosiddetta «legge Fiat», la legge voluta dal Lingotto per sterilizzare i ricorsi della Fiom contro i contratti separati firmati da Cisl e Uil. I contratti aziendali o territoriali, d’ora in avanti, avranno la capacità di regolare tutto ciò che attiene all’organizzazione del lavoro e della produzione «anche in deroga ai contratti collettivi e alle disposizioni di legge quando non attengano ai diritti fondamentali nel lavoro che in quanto tali sono inderogabili e universali».

 

Le prime reazioni dinnanzi a Palazzo Chigi registrate da Il Fatto Quotidiano

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