
Francia: Lecornu s’est mazziat
500 000 persone in tutta la Francia contro Macron e la sua politica a due giorni dalla caduta del Primo Ministro francese Bayrou, record per il neo incaricato Sébastien Lecornu, contestato al suo secondo giorno di mandato.
”Partout la gauche passe, la République trepasse”
(cit. Jordan Bardella, segretario del RN in diretta su BFM Tv la sera del 10 settembre)

Iniziamo con alcune cifre rispetto alla giornata “Bloquons tout” che ha scosso l’esagono: più di 800 azioni tra presidi, cortei, manifestazioni spontanee e blocchi; circa 1000 convocazioni per lo sciopero secondo la CGT; secondo l’Union Etudiante circa 80 000 giovani mobilitati e 150 licei bloccati; tutte le Assemblee locali di Bloquons Tout, riunitesi a fine giornata e composte da migliaia di persone, hanno deciso di proseguire il movimento tramite iniziative di blocco nei prossimi giorni ed è stata individuata la data del 18 settembre, già chiamata dai sindacati, come prossimo appuntamento generale.
La chiamata per la giornata del 10 settembre prende origine qualche mese fa e attorno ad essa aleggiava poca chiarezza rispetto a da dove venisse, chi diceva vecchi giri dei Gilet Jaunes, chi parlava di gruppuscoli di estrema destra, chi ha pensato di cogliere il sentimento alla base delle istanze, ossia l’opposizione alla politica lacrime e sangue di Macron e del suo governo, per iniziare a costruire un immaginario capace di mobilitare la pancia del Paese. Nel giro di due mesi i profili social, i siti di informazione, i video che suggerivano come costruire barricate si sono moltiplicati rendendo la chiamata eterogenea e un momento di cui appropriarsi mantenendo le parole d’ordine, ossia bloccare tutto il Paese e dare battaglia al sistema. Oltre ai movimenti e ai militanti autonomi hanno appoggiato e preso parte in diverse forme anche dimensioni istituzionali come i sindacati principali CGT e SUD e il partito di Jean-Luc Mélanchon che ieri sera “salutava il successo della mobilitazione”.

Seppur l’ambizione fosse alta il risultato è significativo, vi sono alcuni elementi da considerare per immaginare di che si tratta: la composizione della partecipazione, le differenze geografiche e la questione del governo.
La giornata è iniziata con diversi blocchi su strade, autostrade, pedaggi, tangenziali: da Caen a Rennes, barricate incendiate sulla tangenziale, a Brest, Toulouse, Strasbourg, Lille, Lyon, numerosi blocchi e grosse manifestazioni a Bordeaux e Marseille, ma anche in città più provinciali si registrano blocchi alle rotonde, stazioni occupate, come a Chambery, Valence, Montpellier, le Havre. A Parigi la giornata ha visto numerosi appuntamenti che si sono succeduti l’un l’altro sin dalle prime ore dell’alba.
Nella capitale francese il contesto è specifico rispetto agli altri luoghi e ha visto diversi tentativi di blocco della tangenziale che circonda la metropoli immediatamente sgomberati dalle forze dell’ordine; un momento significativo è stato quello al liceo Hélene Boucher nel XX arrondissement di Parigi che è riuscito a bloccare le sue porte e a confrontarsi con violente cariche della polizia. In seguito vi sono state due assemblee dei ferrovieri in sciopero, una a Gare de Lyon e una a Gare du Nord dove tutte le persone già mobilitate si sono radunate per sostenere i ferrovieri, iniziativa ostacolata dalla gestione dell’ordine che ha messo in campo gas lacrimogeni, cariche e le famose “nasse” per impedire ai manifestanti di continuare il corteo intorno alla stazione e tentare di entrarvi.



Nel pomeriggio l’appuntamento era chiamato a Place de Chatelet, in pieno centro parigino laddove si trova il principale snodo ferroviario e metropolitano ma anche un centro di shopping importante per i turisti e per la classe media parigina. Da una parte della piazza è stato chiamato un presidio fisso intersindacale che nelle prime ore del pomeriggio ha visto confluire migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi, per poi partire in corteo spontaneo che è riuscito a debordare la gestione delle forze dell’ordine e, nonostante i gas, a uscire per prendersi i grandi viali parigini, costruendo barricate, dividendosi e ritrovandosi in diversi tronconi e bloccando il centro per diverse ore sino a raggiungere l’altra grande piazza, simbolo dei movimenti sociali francesi, Place de la République, dove si svolgeva un presidio in solidarietà alla Palestina. La giornata si è conclusa con un appuntamento musicale a Place de Fetes che ha raccolto oltre cinquemila persone che si sono poi riunite in assemblea e hanno deciso di proseguire le iniziative. Il presidio è stato poi sgomberato in serata con particolare violenza ma anche con grande risposta di piazza.






Gli elementi significativi della giornata possono essere riassunti nella giovanissima età dei partecipanti, studenti e studentesse dalle scuole e dalle università, una significativa disponibilità da parte di territori anche meno cittadini o metropolitani a mobilitarsi, una importante capillarità dunque e una congiuntura particolare, considerando che lunedì il Primo Ministro François Bayrou ha dato le dimissioni a seguito del voto di fiducia e Macron non ha però sciolto l’assemblea nazionale andando così a confermare il suo esecutivo senza andare a nuove elezioni. Nonostante la questione della legge di bilancio resti aperta e la riforma sui due giorni festivi soppressi, che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di Bayrou, non sia stata ancora approvata e tutto torni in discussione non è bastato un cambio di personaggio ai vertici per tranquillizzare la Francia. E’ chiaro che il nuovo ministro continuerà nella stessa direzione le politiche di austerity e potrà dunque avere tutte le carte in regola per essere contestato.

La destra e l’estrema destra in questo frangente hanno la possibilità di acquisire maggiore consenso e giocare la loro battaglia in uno spazio politico che si apre e che vede La France Insoumise già bruciata sulla scommessa delle scorse elezioni. Per quanto riguarda il movimento, che bisognerà vedere se continuerà con la stessa efficacia e intensità nelle prossime settimane, la narrazione delle figure emblematiche dell’opposizione sovranista riguarda “la strumentalizzazione da parte della sinistra e dell’estrema sinistra di un movimento che poteva invece essere di cittadini normali”, posto che alla sua origine vi fossero dei gruppi più a destra. L’obiettivo della condanna totale da parte di RN e dei suoi accoliti è chiaramente Jean Luc Mélanchon che viene considerato come la “regia” dei disordini..

Chi si aspettava di vedere scendere in piazza un nuovo ciclo dei “Gilet Jaunes” è stato deluso da una composizione piuttosto di giovanile, sindacale, e abbastanza lontana da quella scesa in piazza durante il movimento del 2018. Questo fatto, non dovrebbe essere di per sé un elemento negativo quanto più un dato da cui partire per poter costruire nuove mobilitazioni. E’ evidente che per rimanere stupiti da una nuova ondata di lotta dalle caratteristiche di massa e popolari, magari spurie e a volte ambigue, non basti lanciare un immaginario simile ma costruire radicamento e possibilità di ricomposizione. Se ciò avverrà, e i segnali sono positivi, è difficile che si ripeta la dinamica del movimento passato.

Il movimento “Bloquons tout”, indipendentemente dal fatto che continui o no, è un fatto sociale importante per i movimenti, nella sua capacità autonoma di autoconvocarsi e polarizzare la politica istituzionale. Il tema della guerra è un sotto traccia che da alcune parti viene ripreso e che assume contorni popolari importanti; ma il partito dei “volenterosi” di cui si fa capofila Macron, non incontra significative difficoltà nella sua propaganda e intruppamento della Francia verso la guerra. Un pezzo significativo della generazione che l’establishment francese vorrebbe vedere armata e mandata al macello della guerra a “difesa dell’occidente”, è scesa in piazza e ha mostrato un’autonomia e un’insubordinazione nei confronti delle istituzioni, importante nella quantità e nella qualità. Ciò a cui è importante guardare dalle nostre latitudini e territori è senza ombra di dubbio la radicalità e una diffusione trasversale della pratica del conflitto che non ha alcun bisogno di mediazioni. I blocchi, le manifestazioni, le iniziative vengono considerate come reali possibilità di poter incidere nelle scelte governative e vengono praticate per quello che sono, assumendosene tutti i rischi e le conseguenze. Una bella lezione per tutti.
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