
Ci vogliono i terremoti per mettere in discussione le grandi opere?
Sin dalle prime ore, seguendo la diretta dalle 4 del mattino sul web e le news, è emersa la predominanza di interesse da parte dei media per i beni culturali dei paesi colpiti, chiese, castelli, torri; successivamente si è pensato ai luoghi di produzione e solo alla fine si sono considerate le persone colpite.
Dopo due giorni, “lo stato” si è presentato in quelle terre ed è stato contestato fortemente da molti cittadini colpiti dal sisma, sentitesi presi in giro da quella norma che prevede la dismissione del pagamento dei danni dovuti a calamità naturale.
Si è, invece, completamente trascurato di menzionare i danni ingenti subiti dalle costruzioni ad uso abitativo. E in particolare, nessuno ha citato il maestoso progetto che la Ers, supportata da alti esponenti politici nazionali tra cui il senatore Giovanardi originario di questa provincia, vuole fare in quell’area: un deposito di gas.
Si tace sull’argomento, ma la discussione, portata avanti nel territorio prima del terremoto dai comitati sorti appunto per contrastare quell’opera, è stata ampia, aspra e ha sviluppato una forte resistenza contro la costruzione del ‘mostro’.
Ma cosa prevede questo progetto?
300 milioni per 19 pozzi in quasi 11 ettari: uno stoccaggio da 3,2 miliardi di metri cubi di metano in acquifero, un sistema mai realizzato in Italia, a 2.550-2.800 metri di profondità.
L’importanza delle lotte che i comitati locali portano avanti contro la realizzazione del deposito di gas, viene amplificata quando capita un evento di questo tipo, poiché porta alla luce l’ottusità di chi mette davanti a tutto il profitto e non la vita delle persone. Se, per assurdo, quel deposito fosse stato realizzato, si sarebbe trovato proprio sotto un’area abitata da 80mila persone: un enorme ordigno silente che il sisma stesso avrebbe potuto far esplodere.
Tutto ciò è un’ennesima dimostrazione di quanto lotte popolari come quella della Val Susa, siano fondamentali per impedire la costruzione di grandi opere, tanto inutili quanto dannose, specialmente in un paese che non è in grado di dare risposte ai bisogni reali della sua gente. I comitati che portano avanti tali battaglie vengono contrastati con violenza dallo Stato e sono tacciati strumentalmente di ostacolare il progresso. La storia italiana è tempestata di eventi disastrosi esacerbati, se non causati, dalla priorità data al profitto piuttosto che alla salvaguardia pubblica. La tragedia del Vajont costituisce un esempio fondamentale.
Nonostante tutto le dichiarazioni rilasciate in queste ore post terremoto da parte sia della Ers che di Giovanardi, ci fanno capire in che direzione vogliono andare, cercando di smorzare le polemiche e continuando a rivendicare la bontà di quell’opera e del non rischio anche in caso di terremoti come quello avvenuto domenica scorsa, senza andare a fare nuove verifiche geologiche subito dopo il sisma.
E’ possibile che questo terremoto faccia comprendere il potenziale devastante che avrebbe un deposito di gas in un’area a rischio sismico e che contribuisca indirettamente a bloccare la costruzione di quell’opera. Tuttavia, pensiamo che dovrebbe essere la coscienza politica delle popolazioni e non la ‘spettacolarità’ dei disastri ad impedire che il profitto di pochi prevalga sul bene collettivo.
Vogliamo, inoltre, riportare alcune testimonianze di compagn* che vivono nelle terre colpite dal terremoto, che si sono aggirat* per i campi messi in piedi dalla protezione civile:
“La situazione è drammatica, più di quanto si pensi. La tendopoli è stata terminata nella giornata di lunedì, con difficoltà nell’assegnazione e risulta del tutto insufficiente a coprire le richieste di alloggio da parte della popolazione terremotata. La protezione civile agisce in totale collaborazione con la celere e il clima generale è piuttosto teso. Ci sono almeno 1500 sfollati di varie etnie e già questo crea attriti a causa dei ‘diritti di precedenza’. Purtroppo, per svolgere attività all’interno dei campi (soprattutto nella tendopoli) la Protezione civile tende ad ostacolare la presenza di aiuti esterni in quanto considera costoro una possibile fonte di problemi logistici.”
Ascolta l’intervista a Simone su Radio Onda d’Urto
Questa testimonianza è avvallata anche dalla dichiarazioni di oggi del premier Monti, il quale ha dato massima libertà alla Protezione Civile facendo riferimento al provvedimento di riforma della Protezione Civile, spiegando che sta funzionando bene nell’emergenza del terremoto in Emilia. E proprio secondo il nuovo regolamento, durante lo stato di emergenza, le ordinanze emanate nei prossimi 20 giorni saranno immediatamente efficaci. In questa fase il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, agirà con massima flessibilità e libertà, senza bisogno di acquisire parere concertati o visti preventivi. Successivamente le ordinanze dovranno invece ricevere il concerto del ministero dell’Economia e delle Finanze, “limitatamente ai profili finanziari”.
Vorremmo concludere con un pensiero rivolto agli ennesimi morti sul lavoro. Tre operai hanno perso la vita durante il sisma a causa del crollo dei capannoni all’interno dei quali stavano svolgendo i loro turni di lavoro. Ci sembra inaccettabile che strutture industriali, molte delle quali di recente costruzione, crollino con questa estrema facilità. Ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di ‘morti bianche’, di cui nessuno verrà ritenuto responsabile, nemmeno gli individui che hanno permesso la realizzazione di edifici ‘formalmente’ antisismici e che antisismici evidentemente non erano. Il profitto continua ad uccidere.
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