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Chi ha paura della Fazenda romana di via Boccea?

Periferia, anche questa, dove il cemento e le speculazioni sono la costante, la dispersione giovanile e l’assenza di prospettive lavorative la cruda realtà. Un altro pezzo di metropoli più che mai disponibile alla costruzione di un’alternativa indipendente, difronte all’assenza di qualsiasi prospettiva.

Un gruppo di precari e precarie, studenti e studentesse di Roma Nord, sotto la sigla “casa per tutt*”, hanno dato vita per due settimane all’occupazione socio-abitativa in via Boccea 506. Il 12 Aprile è arrivato lo sgombero da parte delle forze del disordine, con la solita violenza e arroganza che distingue i tutori della legge: vetri infranti, spintoni e  mani in faccia. Una ragazza voleva avvertire il padrone per la sua probabile assenza dal lavoro, ma una mano di un agente sul collo ha fermato il suo tentativo. Dieci gli identificati.

In queste due settimane in tanti hanno attraversato questo spazio. Un enorme prato verde ha saputo accogliere più di un centinaio di persone il giorno di pasquetta. L’associazionismo e i comitati del territorio sono stati sin da subito propositivi e presenti nella condivisione e gestione dei tanti spazi disponibili. Le comitive di diversi quartieri (Casalotti, Primavalle, etc.) vi hanno trovato il luogo dove incontrarsi e poter socializzare oltre la desolazione del classico bar di periferia. Realtà lontane, apparentemente diverse, si sono riconosciute nella loro condizione precaria.

E’ questo riconoscersi la potenza più grande della Fazenda di via Boccea. Questa voglia di mescolarsi nei territori senza settarismi, alla ricerca di risposte ai propri bisogni. La “laicità” con la quale un gruppo di persone ha provato a costruire una connessione con il tessuto metropolitano disgregato dalla crisi e dall’assenteismo istituzionale. Questa potenza spaventa lo Stato quanto il palazzinaro: sia mai che la gente di periferia si riconosca nella propria simile condizione, oltre i linguaggi stereotipati, per organizzare delle risposte concrete alla propria esistenza.

Questa sperimentazione ci convince. Rompere completamente la routine militante e tornare nei territori, svestirsi dei panni dell’attivista per essere (come realtà vuole) parte del problema. Vivere le contraddizioni come elemento di possibilità, sperimentando nuovi modi di affrontare il problema della precarietà. In questo ci riconosciamo con i fratelli e le sorelle che hanno animato l’occupazione in queste due settimane.

Per questo ci impegniamo per far vivere l’esperienza della Fazenda Occupata in ogni quartiere. Roma nord non è così lontana infondo.

Collettivo L’Officina – Ostia – Roma

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