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#UICStrike: contro la Walmartizzazione dell’università

 

Negli ultimi tempi, ormai scemata l’ondata di Occupy, pare consolidarsi la tendenza ad una vertenzialità diffusa in molti luoghi di lavoro, soprattutto nelle grandi catene. Anche in Italia sono giunte notizie di alcuni importanti scioperi dei fast food workers, seguiti dai lavoratori di Wallmart e, tutt’ora in corso, dalle lotte dei dipendenti di Starbucks. Le rivendicazioni si muovono principalmente nella richiesta di aumenti salariali, diritto all’organizzazione sindacale e sostanzialmente una maggiore dignità sul posto di lavoro. Tuttavia, anche se maggiormente sottotraccia, in questi giorni un’altra forma insolita di sciopero ha preso forma, quella dell’università. Per ora si tratta di un caso isolato, ma alcuni protagonisti sostengono che la buona riuscita dell’iniziativa potrebbe fungere da miccia per altri contesti che si stanno muovendo contro la managerializzazione e le “politiche neoliberali” sull’università.

Stiamo parlando di due giornate consecutive di sciopero svoltesi alla UIC (University of Illinois at Chicago). Motore della lotta è un giovane sindacato, il UICUF, riconosciuto nel 2012 e da allora in confronto aperto con l’università per il rinnovo non ancora avvenuto del contratto degli insegnanti. La peculiarità di questa organizzazione è che è riuscita a tenere insieme sia i tenuere che i non-tenuere track professors (che potremmo definire come i professori di ruolo e quelli precari), portando ad affermazioni come la seguente: “Like racism, which categorizes people by their race, and sexism, which categorizes people by their sex, tenurism categorizes people by their tenure status and makes the false assumption that tenure (or the lack of it) somehow defines the quality of the professor” (“Al pari del razzismo, che classifica le persone attraverso la razza, e il sessismo, che lo fa attraverso il sesso, l’essere di ruolo all’università suddivide le persone attraverso il loro status contrattuale con la falsa assunzione che l’essere o meno di ruolo definisca la qualità del professore”). Lo sciopero, deciso a dicembre, si è svolto martedì e mercoledì, per accumulare forza in previsione del tavolo di trattativa che ci sarà venerdì. Uno sciopero decisamente riuscito: più di mille docenti hanno aderito. Nel corteo tenutosi nel primo pomeriggio di martedì, che radunava i partecipanti ai vari picchetti che hanno chiuso gli ingressi del campus, i manifestanti intonavano cori come “Chop from the Top!” (“Tagliare dall’alto”) e “No Contract, No Peace!”, mentre si vedevano cartelli con scritto: “I Teach, Therefore I Am (Exploited)” (“Insegno dunque sono (sfruttato)”) e “The Inductive Method: No Contract, No Work!” (“Il metodo induttivo: niente contratto, niente lavoro!”). Alla protesta si sono uniti anche molti studenti, mentre altri lavoratori dell’università che non potevano scioperare (ma sono anche loro in vertenza per il contratto e potrebbero scioperare a marzo) hanno comunque mostrato solidarietà passando ai picchetti nelle ore libere. Anche dalla città sono arrivate forme di sostegno (la prima sera sono arrivate anche delle pizze gratis…). Le due giornate si sono concluse con la dichiarazione che se al tavolo di venerdì non si avranno risposte, potrebbe scattare uno sciopero ad oltranza.

I giornali definiscono come “storico” questo sciopero, in quanto erano decenni che non si verificava un qualcosa di simile. E’ dagli anni ’70 che non si vedevano livelli simili di organizzazione dei professori, e una delle cause è l’ampio ricorso al lavoro temporaneo e mal pagato. La solidarietà tra i differenti segmenti dell’organizzazione universitaria ha permesso ai docenti precari (che hanno contratti da un anno) di chiedere un aumento da 30 a 45mila dollari l’anno, mentre l’università sino ad ora si è detta disposta ad arrivare massimo a 36mila – giusto come dato: il capo della squadra di football del campus guadagna 1,6 milioni di dollari. Va considerato che il salario medio negli Usa si aggira sui 50mila, ma mai dato statistico si è rivelato più falsificante considerando l’enorme polarizzazione dei redditi nel paese. Gli insegnanti dicono che con 30mila dollari è necessario trovare un secondo lavoro, il che chiaramente influisce pesantemente anche sulla qualità dell’insegnamento.

Sino ad ora potrebbe sembrare di assistere ad una, seppur interessante, lotta corporativa per un aumento di salario. Ma in realtà pare che la questione sia molto più ampia. Innanzitutto è necessario dire che la UIC, poco meno di 30mila studenti, è un’università statale in una città, Chicago, profondamente duale, polarizzata. Solo un terzo degli studenti proviene da famiglie con un reddito superiore ai 60mila dollari, mentre molti provengono da famiglie di migranti, lavorano, vivono a casa (cosa che, molto più che in Italia, qui è un chiaro indicatore di indigenza), e talvolta hanno già figli. In definitiva l’insegnare in queste università è anche mosso da una convinzione nell’educazione come un “great equalizer” (un motore di egualizzazione della società).

Negli ultimi anni i processi di esclusione dall’università hanno avuto un significativo incremento su scala nazionale, e Chicago può fungere da caso d’osservazione significativo. Si conferma che i processi di globalizzazione dell’università si danno al ribasso. Negli Usa, mutatis mutandis, si scopre uno scenario che ricorda l’Europa: innalzamento delle barriere di accesso, dequalificazione del percorso di studi e del titolo… La cosa differente è che qui l’indebitamento studentesco pesa sugli individui e non sulle famiglie, e raggiunge livelli veramente stratosferici, funzionando come reale tagliola sul futuro e  come potente fattore disciplinante. Dunque le rivendicazioni degli insegnanti su aumenti salariali e contratti più lunghi, è incardinata in una prospettiva che va contro la svalorizzazione dell’università e l’aumento delle diseguaglianze sociali. L’università attuale viene infatti definita come “engine of inequality” (“motore della diseguaglianza”). Tra le istanze portate avanti nello sciopero c’è inoltre quella del “control over governance and curriculum”, ossia il punto è “to take back decision-making power over the issues that matter to us — curriculum, teaching conditions, the distribution of monies, and the like” (“riconquistare potere decisionale sulle questioni che ci competono: l’organizzazione dei corsi, le condizioni di insegnamento, la distribuzione del denaro e simili”).

Si avanza dunque una interessante visione sociale ampia ed una questione di “potere”, che non a caso ha portato gli insegnanti a interrogarsi sulla propria “soggettività”. Laddove l’amministrazione li definisce professionisti, e come tali si sono sempre considerati, i professori iniziano ad interrogarsi. Anche grazie all’incontro con altre figure sociali, reso possibile tramite il sindacato, la loro definizione in quanto professionisti come elementi distinti dai lavoratori viene fortemente messa in discussione: “we’ve all begun to realize […] that, whatever it meant in the late 19th and early 20th century, in the 21st century that distinction is pure ideology. Professionals are workers—and professors are workers” (“abbiamo tutti iniziato a capire che, qualsiasi cosa potesse significare in passato, oggi questa distinzione è pura ideologia. I professionisti sono lavoratori – e i professori sono lavoratori”).

 

 

Alcuni link utili, oltre alle cronache reperibili sui quotidiani locali:

. La cronaca twitter dello sciopero reperibile all’hastag #UICStrike;

. Per il collocamento dello sciopero in una prospettiva storica sul ruolo dell’università negli Usa e sulla sua condizione attuale:

http://www.dissentmagazine.org/online_articles/from-california-to-chicago-a-call-for-unionized-universities

. Il contributo di due docenti dell’università scritto prima dello sciopero:

https://www.jacobinmag.com/2014/02/faculty-on-strike/

. Il profilo Facebook dell’organizzazione sindacale:

https://www.facebook.com/UICUF

. Un esempio di adesione allo sciopero da un altro lavoratore:

http://preaprez.wordpress.com/2014/02/14/ill-be-back-at-my-alma-mater-next-tuesday-this-time-ill-join-faculty-on-the-picket-line/

. Un gruppo studentesco che supporta lo sciopero:

http://usas.org/2014/02/17/students-pledge-support-for-uic-faculty-on-eve-of-strike/

. Alcune immagini dello sciopero:

http://www.youtube.com/watch?v=W7WnX7M93m4&feature=youtu.be

. Qui è possibile ascoltare un remix degli slogan dello sciopero:

https://soundcloud.com/robert-craig-baum/mighty-mighty-uicstrike-rcb

. Due professori, un gruppo di impiegati e una studentessa spiegano le ragioni dello sciopero tramite brevi clip:

http://www.youtube.com/watch?v=3BlSK6NOxB0

http://www.youtube.com/watch?v=OUAmltowNhA

http://www.youtube.com/watch?v=UfPW4-eJBZ8

http://www.youtube.com/watch?v=g5jhBstW-rY&feature=youtu.be

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