
Sguardo sulla Logistica (2): prosegue la lotta all’ Alcar Uno, mentre si contano le morti dolose dei migranti sfruttati nel Paese
Resta alta, altissima la tensione nel modenese per quanto riguarda una delle vertenze operaie maggiormente conflittuali della penisola in questo 2017.
Se da una parte continuano gli scioperi e i blocchi per richiedere l’immediato reintegro dei 55 licenziati da Levoni, davanti ai cancelli di Alcar Uno a Castelnuovo Rangone la mano pesante della polizia nel cercare di silenziare la lotta è la risposta esplicita dei Levoni riguardo le richieste dei lavoratori. I lavoratori con il Sindacato Intercategoriale Cobas portano avanti da tre settimane un presidio permanente, richiedendo l’apertura di un tavolo di trattativa. La risposta delle istituzioni modenesi a riguardo è per ora assente: un aut-aut che si inscrive in un clima di delegittimazione e di intimidazione delle forme di lotta, agite in particolare dai sindacati di base, come abbiamo visto con l’accusa di estorsione nei confronti del segretario nazionale del Si Cobas, Aldo Milani. Accusa di estorsione inaccettabile e inconsistente, che peraltro si affianca a quelle comminate ad altre forme di lotta che si stanno dando nel Paese (basti guardare al caso della vertenza studentesca contro la mensa universitaria a Bologna o alle voci che coinvolgono il mondo del diritto all’ abitare romano). E’ in questi contesto che si colloca quanto successo esattamente nella giornata di ieri, molto dura, con un picchetto e il blocco di decine di camion a partire dalle 4 del mattino.
Dopo svariate ore la polizia ha forzato il blocco che ha resistito passivamente a terra, manganellando e gasando i presenti e poi rincorrendoli per chilometri lungo la Statale, come ci racconta Marco del SiCobas Modena in questa intervista a caldo:
Cinquantacinque operai e famiglie costrette alla fame da ottobre,in una situazione di illegalità a cui oltre il trattamento schiavistico riservato agli operai da Alcar Uno si aggiungono il mancato riconoscimento sistematico di infortuni sul posto di lavoro. Una situazione che vede la lotta non retrocedere, nonostante le cariche e i fogli di via comminati in queste settimane, su cui pesa come scritto prima il silenzio beffardo delle istituzioni, nel tentativo padronale di comparare le forme di sciopero a forme di crimine organizzato in stile mafioso contro cui queste stesse lotte si oppongono!
A ciò, sono da aggiungere le continue intimidazioni nei confronti di chi lotta tramite sabotaggi e altre forme, come denunciato sempre ieri in un post dello Spazio Guernica di Modena.
Non solo Alcar Uno. Altri scioperi hanno caratterizzato le prime settimane di Marzo un po’ in tutta la penisola, in particolare durante l’ 8 Marzo, come alla DHL di Settala (Milano). Tutto bloccato per il rispetto del Ccnl e il riconoscimento del Si.Cobas, così come per quanto riguarda lo sciopero generale dei dipendenti di World Soc. Coop e MEn Coop Soc.Coop operanti presso il magazzino DHL/Eurofarm di Casalmaiocco (LODI).
Le morti dolose che hanno caratterizzato l’inizio di Marzo a causa degli incendi nel Ghetto di Rignano (con probabile mano poliziesca)e i due immigrati morti presso Empoli parlano dell’ attacco istituzionale al migrantato che lavora in condizioni immani di sfruttamento, e che sono colpiti direttamente dalle “misure di urgenza” varate da Gentiloni a difesa dei grandi profitti latifondisti. A proposito, una serie di contributi raccolti nel sito sicobas.org:
http://sicobas.org/news/2609-nazionale-rignano-ed-empoli-sono-delitti-di-stato-e-mercato
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