
Occupy The Hood
La maggior parte degli americani che hanno perso il lavoro e la casa negli ultimi anni vive nelle periferie popolari delle metropoli americane, negli ‘hood’ abitati in prevalenza da neri e ispanici. Il tasso di disoccupazione, al 9 per cento tra i bianchi, è schizzato al 16 per cento tra gli afroamericani. Su tre case pignorate dalle banche lo scorso anno, due appartenevano a neri.
La recessione ha ampliato il gap sociale tra americani bianchi e non: il tasso di povertà, al 10 per cento tra i bianchi, è salito al 27 per cento tra i neri e ispanici, il loro reddito medio si è ridotto a un ventesimo di quello dei bianchi, l’accesso ai servizi sanitari e all’istruzione registra crescenti disparità su base razziale, la percentuale della popolazione carceraria di colore è in aumento.
Una discriminazione che rischiava di riflettersi anche nel movimento di protesta di Occupy Wall Street, sorto proprio in reazione alle crescenti ingiustizie sociali provocate dalla crisi. Non fosse stato per l’idea di un assistente sociale di colore di New York, Malik Rhasaan, e di una parrucchiera di Detroit, anch’essa di colore, Ife Johari Uhuru: fondatori, insieme ad altri, dell’anima ‘black’ del movimento, Occupy The Hood.
“Noi afromericani, insieme agli ispanici, siamo la parte più malmessa del 99 per cento”, scriveva mesi fa Mailk lanciando su Facebook l’idea di Occupy The Hood. “Ma quando sono andato a Zuccotti Park mi sono reso conto che non di fratelli neri o di latinos ce n’erano ben pochi. Le nostre comunità, i nostri quartieri, devono avere voce in questo movimento, perché non possiamo rimanere esclusi da questa lotta per il progresso verso un nuovo sistema economico”.
L’iniziativa, nata virtualmente su Facebook e Twitter, ha ricevuto il sostegno di noti esponenti delle comunità afroamericana – dal filosofo socialista Cornel West al magnate dell’hip-hop Russell Simmons – ha rapidamente attecchito negli ‘hood’ afroamericani e ispanici delle principali città degli Stati Uniti: New York, Los Angeles, Washington, Detroit, Pittsburgh, Seattle, Philadelphia, Atlanta, Boston, Dallas, Cincinnati, Portland, St.Louis, Cleveland, Richmond e altre ancora.
Gli aderenti agli Occupy The Hood locali – spesso provenienti da esperienze di militanza politica e sociale in associazioni di quartiere e di volontariato, organizzazioni per i diritti civili e gruppi di sinistra – hanno iniziato a partecipare agli incontri e alle attività del movimento Occupy delle rispettive città, portando le loro istanze, le problematiche sociali dei loro quartieri e la loro carica ‘rivoluzionaria’, promuovendo campagne e iniziative di protesta.
Per avere un’idea delle coordinate ideologiche del movimento basta dare un’occhiata al suo sito internet ufficiale, dove sono elencati i nomi di personaggi e movimenti cui Occupy The Hood rende omaggio per il loro “grandioso sacrificio” ed “esempio rivoluzionario”: da Martin Luther King jr. a Malcolm X, da Che Guevara alle Pantere Nere.
In alcune città, Occupy The Hood è diventato un forte fattore di propulsione e aggregazione dei movimenti locali. E’ il caso di Los Angeles. Tra le decine di Occupy di quartiere che compongono il movimento della megalopoli californiana, i più intraprendenti sono gli attivisti di Occupy Skid Row: ghetto afroamericano/ispanico nel cuore di Downtown LA, con la più alta concentrazione di homeless degli Stati Uniti (oltre 7mila su 17mila residenti) e un tasso di povertà da terzo mondo (il 42 per cento dei residenti sotto la soglia di povertà).
L’Occupy The Hood di Skid Row è nata per iniziativa di Bilal e General Dogon, ex Pantera Nera il primo, ex capo di una gang dei Bloods il secondo, da anni impegnati nel sociale nell’associazione di quartiere Los Angeles Community Action Network (LA CAN). Insieme a Brother TC, carismatico leader nero della comunità homeless di Skid Row, sono riusciti a portare le gravi problematiche del loro quartiere alle assemblee di Occupy LA, trasformando Skid Row nel principale terreno di mobilitazione politica del movimento cittadino.
“Noi sosteniamo e ci consideriamo parte di Occupy Wall Street – spiega General Dogon a PeaceReporter – ma dal nostro punto di vista ha dei limiti: è nato come un movimento della classe media bianca e con un’agenda molto generale e teorica. Occupy The Hood porta nel movimento la voce della comunità nera e ispanica, la voce dell’America più povera, le problematiche concrete dei quartieri poveri e della gente che già aveva poco e che con la crisi ha perso anche quello, di chi invece di ricevere aiuto dalle istituzioni viene privato di ogni garanzia sociale e perseguitato in quanto povero”.
“Per esempio il nostro quartiere, Skid Row, era già molto povero prima della crisi – continua General Dogon – ma a causa della politica la situazione è ulteriormente peggiorata. Invece di investire in programmi sociali per dare lavoro a chi l’aveva perso o fornire un alloggio ai nuovi homeless generati dalla crisi dei mutui, hanno investito milioni di dollari per costruire una nuova stazione della polizia e per aumentare il numero degli agenti, intensificando la loro politica di criminalizzazione della povertà per ‘ripulire’ il quartiere e gentrificarlo allo scopo di poter avviare una speculazione immobiliare residenziale. In una parola: pulizia etnica e sociale a fini di lucro”.
Una ‘pulizia etnica’ che spesso assume forme anche violente, con pestaggi e uccisioni, come spiega a PeaceReporter Bilal, cofondatore di Occupy The Hood Skid Row. “La gente di questo quartiere, in particolare homeless, neri e ispanici, viene arrestata per infrazioni minime: chi attraversa la strada fuori dalle strisce pedonali, chi getta la genere a terra, chi viene sorpreso a dormire sui marciapiedi di giorno viene portato in galera. Per non parlare di chi viene sorpreso con una birra o con una canna di marijuana. Tutte infrazioni tollerate nel resto nella città, non qui a Skid Row”. “Il risultato di questa politica di criminalizzazione di massa – spiega Bilal – è una media di settecentocinquanata arresti al mese. Undicimila residenti del quartiere hanno subito un arresto negli ultimi anni: vale a dire tutti, vecchi e bambini esclusi! Sperano di cacciarci, ma non abbiamo dove andare”.
“L’unico risultato che ottengono è quello di sporcare le fedine penali dell’intera comunità, privando così tutti del diritto ad accedere ai servizi sociali, a una casa popolare, agli assegni di disoccupazione. Stanno devastando le vite delle fasce più deboli della popolazione. E’ una politica ingiusta, criminale e disumana, che va denunciata e contrastata. Non si può combattere la povertà facendo la guerra ai poveri! Non voglio homeless per le strade? Costruiscano case popolari invece di spendere i soldi per la repressione”.
“Occupy The Hood non è un’organizzazione nel senso stretto della parola, è più che altro un concetto”, spiega Bilal. “Il concetto secondo il quale nessun movimento, neanche un movimento dalle grandi potenzialità come Occupy Wall Street, può sopravvivere e ottenere risultati concreti se non si radica nelle realtà sociali di quartiere, se non affronta le problematiche concrete della popolazione più bisognosa, se non lotta a fianco degli ultimi, di quelli che vivono quotidianamente sulla loro pelle le ingiustizie di questo sistema, che ala fine sono il vero 99 per cento”.
Grazie ad Occupy The Hood Skid Row, la problematica sociale di questo quartiere è diventata una delle principali istanze sostenute da Occupy Los Angeles, che da mesi organizza ogni venerdì sera una marcia di protesta dalla piazza centrale in Downtown, Pearshing Square, fino ai margini di Skid Row, per portare le tende del movimento accanto a quelle dei senzatetto, che in tenda ci dormono per necessità non per protesta.
Grazie agli attivisti afroamericani e ispanici che partecipano attivamente alle riunioni di Occupy Los Angeles, tutto il movimento cittadino è pronto a mobilitarsi in loro difesa. Una sera di aprile, dopo l’ennesima ondata di arresti condotti dalla polizia con la collaborazione dei ‘Camicie Rosse’, vigilantes privati soldo delle aziende del quartiere, Brother TC è intervenuto a un’assemblea annunciando per l’indomani una marcia di protesta sul quartier generale di queste guardie private.
L’appello è stato raccolto dal movimento e diffuso via Facebook e Twitter, ma la polizia – informata della protesta – ha arrestato Brother TC dopo averlo sorpreso a dormire nella sua tenda cinque minuti dopo la scadenza del coprifuoco notturno. Senza TC la protesta di quel giorno è stata annullata per evitare tensioni, ma gli Occupy di tutti i quartieri di Los Angeles hanno deciso di incentrare su Skid Row la grande manifestazione del primo maggio, quando il quartiere è stato festosamente occupato da migliaia di manifestanti che scandivano slogan a sostegno degli homeless, per il diritto alla casa, contro la loro criminalizzazione della povertà, contro al repressione e la discriminazione razziale.
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