InfoAut
Immagine di copertina per il post

Muoversi stando fermi. Trump, Wall Street e l’incertezza dei movimenti

||||

Riprendiamo da Connessioniprecarie questo articolo di Felice Mometti che fa il punto sulla situazione politica negli Stati Uniti rispetto al ruolo di Trump, agli equilibri interni al Partito democratico e a quanto si muove “in basso”.

 

In alcuni bar di Atlantic Avenue a Brooklyn le scommesse sulle dimissioni di Trump entro l’anno sono quotate 5 a 1 e quelle prima della scadenza naturale del mandato 2 a 1. Quotazioni che continuano a scendere. Insomma, secondo i bookmakers, nemmeno le dimissioni di Trump farebbero racimolare qualche dollaro perché date per probabili. Sembra sia solo una questione di tempi, che avranno una notevole accelerazione nel caso di una vittoria dei democratici nelle elezioni di medio termine nel novembre 2018. In questa singolare identità di vedute con i bookmakers si muove il ceto politico che conta nel partito Democratico e, a quanto pare, lo stesso Obama. Il quale, seppur chiamato a gran voce da una parte crescente di elettori democratici, per il momento «resiste» a scendere politicamente in campo contro Trump e a prendere in mano le sorti del partito. Un partito, ancora profondamente segnato dalla vittoria di Trump, che delega ai continui scoop della coppia mediatica «New York Times» e «Washington Post» (Russiagate, Fbi, menzogne varie, omofobia, affari illeciti, fisco ecc.) per lavorare ai fianchi The Donald e si affida alla Commissione d’inchiesta con a capo il Procuratore speciale Robert Muller per costruire un impeachment che non sia solo propagandistico. La scelta è di portare alle estreme conseguenze una politica pensata e concepita per interposta persona: il partito non è in grado di reagire e quindi demanda a soggetti politicamente vicini l’iniziativa. Al tempo stesso, però, il partito viene congelato perché per struttura, modo di funzionamento, meccanismi di selezione della leadership non reggerebbe una qualsiasi ipotesi di riforma. Certo, si corrono dei rischi, ma i settori più dinamici del capitalismo americano, dell’establishment istituzionale e l’opinione pubblica liberal concentrata nelle grandi aree metropolitane delle due coste non hanno alternative al partito Democratico. Non è un caso che tra coloro che si oppongono a Trump con maggior determinazione ci sia Jeff Bezos, amministratore delegato di Amazon e proprietario del «Washington Post». Si tratta quindi, per i gruppi dirigenti democratici, di mettere in campo iniziative politiche mirate verso quei settori di elettorato colpiti dalla crisi che hanno votato Trump e che gli hanno permesso di vincere negli Stati chiave del Midwest, garantendogli la presidenza. Questo è più o meno il ragionamento che, tra l’altro, ha azzerato le speranze di Bernie Sanders e il suo progetto Our Revolution, che si prefiggeva di riformare il partito democratico per linee interne. Se, da un lato, il ceto politico Democratico ha combattuto con tutti i mezzi il progetto di riforma di Sanders per non essere fortemente ridimensionato, dall’altro canto Sanders e il suo staff non potevano promuovere un radicale movimento politico costituente al di là del partito democratico, pena la loro uscita di scena.

Intanto la strategia di Trump e dei suoi stretti collaboratori è cambiata. Messo in seconda fila Steve Bannon, l’anima nera, e accantonati – per ora – i suoi blitzkrieg a colpi di decreti attuativi per «decostruire lo Stato» nei primi cento giorni di presidenza, il tentativo è quello di stabilizzare l’Amministrazione insediata alla Casa Bianca. Si guarda a tempi più lunghi cercando di costruire un rapporto con il partito Repubblicano. Se Trump ha bisogno di tutto il partito Repubblicano del Congresso per far passare i suoi decreti e le proposte di legge, il partito Repubblicano non può avere un presidente fuori controllo o a rischio di impeachment fino alle elezioni del 2018. Un equilibrio precario che si può rompere in qualsiasi momento e non solo per nervosa bulimia di tweetdel Presidente. Il sostegno dei generali del Pentagono all’Amministrazione, dopo un primo momento di distanza da Trump, comincia a essere visto come un problema dopo i missili sulla Siria, lo sganciamento della «madre» di tutte le bombe e i contratti miliardari per la fornitura di armi all’Arabia Saudita (anche se in gran parte sono stati il perfezionamento di pre-accordi sottoscritti da Obama). Uno dei dogmi dei repubblicani recita che l’autorità del Presidente deve basarsi innanzitutto su rapporti di forza dettati dalla politica interna e dopo, solo dopo, può permettersi proiezioni militari esterne di varia natura e intensità. Una condizione che per Trump a tutt’oggi non è data. L’inverso, secondo questo schema, non può che portare a una crisi sociale ancora più acuta. E allora non rimane che puntare alla chiusura del triangolo costituito dai repubblicani del Congresso, dal Pentagono e infine da Wall Street, come base di appoggio per la stabilizzazione politica. Le riforme epocali annunciate come il piano di ammodernamento delle infrastrutture e la cosiddetta «rivoluzione» fiscale rimangono, allo stato attuale, confinate nei caratteri dei tweet. Il recente rapporto di 150 pagine del Dipartimento del Tesoro ha come obiettivo lo svuotamento del Dodd-Frank Act, la legge voluta da Obama nel 2010 per una maggiore regolamentazione, nei fatti mai avvenuta, delle banche e degli altri istituti finanziari dopo l’esplosione della crisi dei mutui subprime. A Wall Street non sopportano nemmeno che ci siano dei vincoli formali, anche solo scritti, alle loro operazioni finanziarie. E il miliardario newyorchese tende la mano in cambio se non del sostegno, quantomeno della non belligeranza. Ciò fa pensare che la convivenza di un Trump-dottor Jeckyll arcigno difensore del mercato interno e un Trump-mister Hyde sfrenato globalizzatore della finanza sia solo un’immagine giornalistica. Le catene della valorizzazione del capitale, nel loro funzionamento impersonale, non tengono conto dei sondaggi sulla popolarità e non si fanno carico delle personalità bipolari. Una situazione che ancora non si sblocca e corre il rischio di impantanarsi. L’Amministrazione Trump non ha l’autorevolezza del punto di riferimento politico e gli altri soggetti in campo, dai repubblicani al Pentagono e Wall Street, mantengono una notevole dose di autonomia politica. In una battuta: Trump ha la soluzione, ma non ha presente il problema.

Nel punto di osservazione dell’opposizione sociale a New York si percepisce un’atmosfera sospesa. Si attende che accada qualcosa, ma non si sa bene che cosa. La mobilitazione contro Trump, dai presidi all’aeroporto allo sciopero delle donne, che si è sviluppata da gennaio a metà marzo aprendo interessanti percorsi di soggettivazione, ha perso l’impatto iniziale pur essendo ancora in campo. Black Lives Matter attraversa una crisi di identità che deriva dalla mancata riflessione sulla propria articolazione interna. La divisione tra le componenti Lgbt di base – la New York City Dikes March ‒ e il Gay Pride ufficiale, con tanto di Sindaco, Governatore e senatori vari si è ulteriormente accentuata. Permane un conflitto sociale a bassa intensità che, per riemergere, ha bisogno di sbarazzarsi di un immaginario politico pervaso dall’antitrumpismo. Al tentativo di spallata di Trump ci si è illusi di poter dare una spallata uguale e contraria. Ora che l’Amministrazione Trump rischia (e favorisce?) il pantano, non è permesso essere speculari. Neanche stavolta Godot arriverà, ma l’attesa non sarà inutile se il tempo verrà dedicato a connettere esperienze di conflitto e intessere relazioni costituenti di soggetti sociali e politici.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

trumpUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump all’attacco dell’America Latina con la scusa della “guerra alla droga”

La tensione nei Caraibi ed in America Latina si fa sempre più alta. Alcune note per comprendere quanto sta succedendo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il bluff dell’ intelligenza artificiale

Perché la bolla speculativa è solo la punta dell’iceberg di un piano per consolidare il potere.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’ottavo fronte: la Cupola di Ferro Digitale di Israele e la battaglia narrativa

Mentre i suoi militari bombardano Gaza, nonostante l’accordo per un cessate il fuoco, Tel Aviv lancia un’offensiva parallela su internet volta a mettere a tacere le narrazioni della Resistenza, manipolare le percezioni globali e riprogettare la memoria digitale dei suoi Crimini di Guerra.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ecocidio, imperialismo e liberazione della Palestina/1

La devastazione di Gaza non è solo genocidio, ma anche ecocidio: la distruzione deliberata di un intero tessuto sociale ed ecologico.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché Trump vuole “salvare” Milei

Swap multimilionario del Tesoro Usa in cambio dell’impegno a cacciare la Cina dall’Argentina. Sospetti di fuga di fondi speculativi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché la Silicon Valley sostiene Trump

Nei racconti della Silicon Valley scritti da sé medesima, tutti disponibili in rete o in libreria, si legge di un capitalismo eccezionale, guidato da uomini fuori dal comune.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lo storico israeliano Avi Shlaim ha abbandonato il sionismo molto tempo fa. Ora è al fianco di Hamas

Shlaim, dell’Università di Oxford, sostiene che Hamas incarna la resistenza palestinese e si allontana persino dai suoi colleghi più radicali.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cina, le linee guida del plenum sul piano 2026-2030

Si è conclusa la quarta sessione plenaria del XX Comitato centrale del Partito comunista. Fissati gli obiettivi generali del XV piano quinquennale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Brasile: solidarietà internazionalista, João Pedro Stédile spiega la posizione del MST sul Venezuela

João Pedro Stédile, nell’intervista che ha concesso a Rádio Brasil de Fato, spiega la posizione politica del Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra (MST) di fronte alla situazione in Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dalla strategia di Trump ai pakal

Nelle analisi non è bene separare le diverse dimensioni della dominazione, né di nessun oggetto di studio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA: quasi 7 milioni di persone partecipano alla giornata di protesta No Kings Day

Di seguito traduciamo il comunicato del movimento No Kings dopo l’imponente mobilitazione di ieri che ha visto la partecipazione di milioni di persone in tutti gli Stati Uniti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ricostruzione a Gaza: il business della “pace” dopo la distruzione

Mentre le macerie di Gaza raccontano l’ennesimo atto di pulizia etnica e annientamento coloniale, il governo italiano si prepara a “sedersi al tavolo della ricostruzione”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La giudice federale impedisce a Trump di inviare truppe della Guardia Nazionale a Chicago

Il pendolo tra guerra civile e guerra esterna negli Stati Uniti di Trump oscilla sempre più vorticosamente.