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Facebook e algoritmi di personalizzazione, intervista con Facebook Tracking Exposed

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Intervista con Facebook Tracking Exposed, progetto nato per creare maggiore consapevolezza e controllo tra gli utenti del social network in relazione agli algoritmi di personalizzazione dei contenuti.

Ci potete spiegare in cosa consiste il progetto Facebook Tracking Exposed?

È un progetto nato dalla necessità di creare maggiore trasparenza nell’ambito degli algoritmi di personalizzazione dei contenuti, per raggiungere questo obiettivo abbiamo lanciato la piattaforma Facebook Tracking Exposed per poter permettere ai ricercatori di accedere ai dati.

Gli algoritmi di personalizzazione come incidono sul funzionamento di Facebook? A che livello?

L’intera esperienza di Facebook si basa sul creare esperienze “su misura” per l’utente, questo è come funziona, ma anche il suo modello di business che è capace di attrarre investitori ed inserzionisti proprio per la capacità di adattarsi ai suoi utenti. Gli algoritmi di personalizzazione sono ciò che rendono Facebook particolarmente comodo e funzionale, noi non vogliamo opporci a questo servizio, ma nel momento in cui sono presenti su Facebook due miliardi di utenti non possiamo semplicemente fidarci che l’algoritmo lavori al meglio, dobbiamo pretendere trasparenza.

Cosa può fare un utente per aiutare lo sviluppo del progetto?

Prima di tutto installare la nostra estensione browser. Questa andrà a raccogliere i post pubblici presenti nella timeline di facebook durante la navigazione e dopo averli decorati con alcuni metadati ne invierà il contenuto alla nostra piattaforma. Raccogliamo solo dati legati a post pubblici e l’identificativo dell’utente viene anonimizzato. Questo è ciò rende la nostra piattaforma unica, possiamo raccogliere i dati dal punto di vista degli utenti (le timeline).

A livello procedurale, qual è il processo con cui estraete dati funzionali a partire dall’analisi dei profili affiliati? Come ogni singolo user può monitorare quanto elaborato?

Sui dati che riceviamo dagli utenti facciamo delle continue elaborazioni per estrarre il maggior numero di informazioni “grezze” sul post, come il tipo, se contiene link o il contenuto delle immagini. Questi dati possono essere utilizzati dai ricercatori per le loro analisi, ma anche continuamente arricchiti di nuove informazioni. Gli utenti possono già usare alcune delle interfacce sul nostro sito con cui possono monitorare quali dei loro dati sono stati estratti ed in che modo, oppure osservare come i post si distribuiscono nelle timeline.

Il potere che la piattaforma acquisisce tramite gli algoritmi di personalizzazione è un potere che ha effetto potenzialmente sulla società in generale? In che modo?

L’impegno di Facebook in questi anni è stato quello di diventare una piattaforma capace di soddisfare tutte le necessità che gli utenti cercano normalmente su internet: relazioni, informazione, contenuti, etc. Questo l’ha resa oggi una piattaforma di due miliardi di utenti capace di soddisfare al suo interno tutta la “vita online” di buona parte delle persone. Nel momento in cui un solo potere è capace di manipolare in modo più o meno volontario il modo in cui la persona si informa, allora come possiamo aspettarci di mantenere una qualche forma di libero arbitrio in questo, se non siamo più in grado come individui di raccogliere informazioni e sviluppare delle opinioni in modo indipendente allora in gioco è la nostra stessa capacità di agire come individui unici nel sistema.

Il rischio diventa dunque quello di non aver controllo nè consapevolezza di come queste tecnologie possano avere influenza su di noi. Questi ragionamenti possono essere estesi ad altri algoritmi o tecnologie con cui interagiamo quotidianamente? Con che conseguenze?

Non è sul singolo algoritmo o tecnologia a cui dovremmo rivolgere la nostra attenzione, questi sono solo ad oggi il meglio della tecnica per raggiungere un obiettivo. Quotidianamente usiamo strumenti e tecnologie sviluppate con fatica da aziende che hanno bilanci superiori alle grandi del petrolio in forma totalmente gratuita, è evidente che c’è un cortocircuito: se non stiamo pagando per un prodotto, significa che siamo noi il prodotto. È questo è un paradigma che è sempre stato in profonda lotta di collisione con la privacy degli utenti.

Vedete all’orizzonte una possibilità di resistenza?

La resistenza del singolo è sempre quella di non accontentarsi mai delle prime informazioni o di quelle più comode, avere sempre uno sguardo critico e cercare uscire sempre dalla propria bolla, cercando opinioni diverse da fonti diverse. Il rifiuto di queste tecnologie in modo definitivo ad oggi non è possibile se si vuole continuare ad avere un rapporto con il resto del mondo che le usa.
Ad un livello di comunità dobbiamo prendere sempre maggiori livelli di trasparenza, fino a renderla una necessità, solo in questo modo possiamo mettere dei paletti ad alcune delle degenerazione che queste tecnologie hanno o potranno avere.

Chi possiede le competenza tecniche (siano essi lavoratori dell’informatica o appartenenti al movimento hacker) non dovrebbe denunciare e rendere trasparente il funzionamento di tecnologie così importanti per la società contemporanea?

Quello che stiamo vivendo non è un radicale cambio di paradigma rispetto alla lotta per la privacy e libertà di espressione, semplicemente si sono aperti degli scenari inediti di cui questo dibattito si deve far carico. Ciò che rende però particolarmente complicato questo passaggio è l’intrinseca difficoltà che queste tecnologie hanno per essere comprese e studiate dall’esterno. Come possiamo denunciare le valutazioni di un algoritmo se questo si comporta diversamente per ogni persona?

La grande quantità di dati a disposizione di piattaforme come Facebook, che fa sicuramente parte di un fenomeno più esteso, permette di costruire una forma di conoscenza del comportamento umano molto efficace, divenendo strumento in grado di influenzarlo e condizionarlo. Cosa ne pensate a riguardo? Quali risvolti negativi o positivi ne derivano?

La risposta a questa domanda ci arriva da Facebook stessa quando nel 2014 annuncia con la pubblicazione di un articolo di essere riuscita a manipolare i sentimenti di quasi ottocentomila dei suoi utenti per mezzo della ri-organizzazione dei contenuti nelle timeline. Da questo possiamo capire che per alcune aziende la manipolazione basata sull’apprendimento continuo dei comportamenti non è vista come un pericolo ma semplicemente come un nuovo asset da sfruttare.

Qual è lo stato attuale di facebook tracking Exposed? Quali saranno i prossimi passaggi?

Siamo alla versione beta del progetto, questo significa che alcune cose funzionano altre meno. Nello specifico il nostro sforzo è concentrato nello stabilizzare la piattaforma ed il modo in cui estraiamo i dati per mezzo delle estensioni. Sicuramente l’obiettivo più importante a breve termine è quello di costruire interfacce che possano essere facili da usare e possano permettere agli utenti di capire come la bolla di facebook incide sulla loro personale dieta informativa.

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pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

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