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Del divorzio tra alta finanza e lavoro utile

Sul fronte della comunicazione è stato interessante notare che, partendo dal presupposto che Hollande non ha commentato il passaggio di Monti, l’interpretazione mediatica si è divisa in due a seconda se l’incontro veniva commentato al di qua o al di là delle Alpi.

Infatti in Francia del si non detto di Hollande al Tav Torino-Lione, nessuno ha parlato.

In Italia il silenzio di Hollande è diventata notizia di gaudio e speranza per tutta la politica ufficiale nazionale e, di conseguenza, per tutti i maggiori mass-media del paese.

Immaginiamo l’incontro degli addetti stampa dei due statisti:

(italiano): abbiamo bisogno di uscire con una dichiarazione congiunta sul Tav;

(francese): non se ne parla neanche; al massimo voi fate una breve dichiarazione che noi non commentiamo, così voi dichiarate che siamo d’accordo, mentre noi non ne parliamo neppure o, se proprio lo chiedono, diciamo che siamo d’accordo sul quadro generale del rilancio economico, ecc.

(italiano): si, si, va bene. A far pubblicare quello che serve poi ci pensiamo noi …

Del resto nessuno capisce perché la non-dichiarazione di Hollande fosse così interessante per tutta la stampa nazionale: nessuno lo capisce se non si dice che in Francia la tratta che dovrebbe arrivare a Lione è stata messa fortemente in discussione proprio a livello istituzionale.

In altri termini: quello che dovrebbe essere un progetto FONDAMENTALE per il rilancio europeo, è stato messo in discussione anche dai vertici del governo francese, dopo che lo hanno già fatto tanti altri paesi.

Ecco perché la posizione di Hollande era tanto importante per il mercato dell’opinione italiana.

Solo che questo produce un’altra riflessione: come mai Monti è interessato a parlare con Hollande di Tav e non, per esempio, dell’Ilva di Taranto?

L’Ilva è certamente una questione che riguarda il destino dell’Europa, perché lo stabilimento italiano è uno dei più grandi d’Europa, se non il più grande, mentre l’Italia è il secondo paese europeo per produzione di acciaio. Allora non ci vuole molto a capire che il destino dell’Ilva modifica la posizione dell’Europa sullo scacchiere mondiale in quanto a dipendenza da altri paesi per questo prodotto.

Difficile dire “che volete che sia”.

Se ci pensiamo la C.E.C.A., la “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”, è stata una delle basi di fondazione dei successivi trattati che hanno portato prima alla costituzione della C.E.E., la Comunità Economica Europea, poi della U.E., l’attuale Unione Europea.

La Francia fu l’ispiratrice della C.E.C.A., che venne istituita col Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 su iniziativa dei politici francesi Jean Monnet e di Robert Schuman.

Allora se Monti e Hollande hanno chiacchierato molto di finanza e banche ed alla fine Hollande non ha avuto il coraggio di negare al Monti uomo forte della finanza internazionale, non certo perché presidente del consiglio italiano, il passaggio sul Tav, significa che siamo di fronte all’ennesimo inchino che un capo di stato si sente di dover fare sull’altare del mondo finanziario. E forse esiste anche un calcolo politico soggiacente che vede i francesi moderatamente interessati al declino economico italiano anche in virtù della apparente follia che si consuma sul TAV nel nostro paese.

Probabilmente la finanza internazionale ha già in mente il nuovo posizionamento italiano nello scacchiere europeo ed europeo nello scacchiere mondiale e la fine dello stabilimento di Taranto o il suo declino definitivo fanno parte del piano di declassamento complessivo del continente.

Di fronte a noi abbiamo la dimostrazione, ancora una volta, di come il divorzio tra capitale finanziario e lavoro sensato o strategico da un punto di vista politico-sociale, sia definitivamente stato celebrato.

Si potrebbe dire che in Italia ed in Europa, con sacche di resistenza in taluni paesi, il capitale finanziario promuova solo lavoro dannoso.

Lo sguardo dal basso ha poco da commentare del resto: tutta la politica ufficiale guarda con simpatia alla famiglia Riva, anche se sono da decenni dei fuorilegge certificati. Lo sono per le leggi borghesi, senza necessità di inventare tribunali del popolo: nel 2006 vennero condannati Emilio Riva e due dei suoi figli per inquinamento ambientale in un impianto in provincia di Genova, a Cornigliano. Poi nel 2009 il reato cadde in prescrizione e praticamente ne uscirono senza danni, anche perché la pena precedente era stata condonata. Inoltre, consultando semplicemente una pagina sul Gruppo Riva ci si rende conto di come:

“Nel 1996 136 dipendenti dello stabilimento di Novi Ligure vennero sospesi in attesa di cassa integrazione, stipendiati con il denaro prelevato illegalmente dal loro TFR. Gli stessi dipendenti nell’aprile del 1997 furono licenziati nonostante l’accordo firmato dalla proprietà e dai sindacati prevedesse un loro rientro. Gli operai a questo punto intentarono causa al Gruppo Riva per il licenziamento senza giusta causa. Nonostante la sentenza a favore del rientro sul posto di lavoro datata aprile 1999, ai dipendenti toccò una sorte diversa. Gli operai vennero spediti in un sito abbandonato a Genova, senza alcuna mansione; gli impiegati furono assegnati all’inesistente ufficio marketing privo di computer e linea telefonica, con sede sempre a Genova in Via Corsica. [e continuerebbe ancora]”

E’ ovvio che lo stabilimento di Taranto dovrebbe tornare ad essere un bene sociale pubblico, espropriato ai Riva, cui dovrebbe essere imposto il risanamento degli impianti e la confisca di ogni bene di loro proprietà per evidenti crimini contro la cittadinanza ed il proletariato italiano protratti e reiterati nel tempo.

Se questo non fosse sufficiente, crediamo con convinzione che i denari europei stanziati per l’alta velocità, dovrebbero essere utilizzati per ricostruire Taranto, dare una opportunità ai lavoratori di Alcoa e magari rilanciare la ricostruzione ed il risanamento di beni pubblici fondamentali, come il ripristino e la salvaguardia del territorio, il rilancio della ricostruzione di siti archeologici come Pompei, la rinascita di città come l’Aquila, la ricostruzione delle case in Emilia … insomma le idee, quando si guarda al mondo partendo dal basso, non mancano di certo.

Sono idee utili socialmente. Alle banche nazionali ed internazionali, evidentemente, non possono interessare. Figuriamoci a Monti ed ai suoi innumerevoli fan.

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