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4 Sì, un unico No: la battaglia è appena iniziata

Il Sì vince in tutti i 4 quesiti referendari. E’ evidente il carattere doppiamente politico del risultato: su un primo livello in quanto dà la misura della rilevanza e importanza delle 4 poste in gioco su cui si era chiamati a votare; un secondo livello che boccia, poche settimane dopo le amministrative, l’operato del governo in carica. I conti dimostrano che la maggioranza assoluta degli italiani e delle italiane non è disposta a trattare su questioni fondamentali come il diritto ai beni comuni primari come l’acqua e la “sicurezza” (quella reale di poter vivere senza il terrore di essere contaminato dalle radiazioni per millenni, non quella sbandierata strumentalmente agendo sulle paure).

Qualcuno potrà anche chiamare in causa l’effetto-Fukushima, colpevole di aver spinto milioni di persone a “pensare con la pancia” ma il risultato addirittura superiore (per quanto di poche virgole) dei due quesiti relativi alla privatizzazione dell’acqua e alla possibilità di farne sopra profitti come fosse una qualsiasi altra merce mostra invero il processo di consapevolezza e lungo corso che ha portato a questo risultato. A partire da una raccolta firme che ha attraversato l’ultimo anno e mezzo.

Proprio il risultato equivalente delle 4 questioni deve essere letto come bocciatura esplicitamente politica dell’operato del governo, punito alle urne da un parte del proprio stesso elettorato. Segno che c’è una percezione diffusa di un sorpasso del limite e della decenza che non può più essere tollerato. E’ in qualche modo, anche qui, il voto di una cittadinanza “indignata”, per quanto nel nostro paese ancora non disposta a riconquistarsi spazi e modi della politica direttamente nelle piazze, ancora (troppo) fiduciosa nel risultato e peso delle scelte fatte nel segreto delle urne.

Ciò non toglie che di un risultato pesante si tratta, in particolare per l’esecutivo precariamente ancora in carica. Un responso collettivo che dice No a chi s’è presentato, in modi e forme vieppiù sfacciate,  come casta intoccabile, espressione di una minoranza che non deve dare spiegazioni di niente a nessuno.

Il responso boccia un esecutivo che a questo punto – a tutti gli effetti – non rappresenta più la maggioranza come si dice “degli aventi diritto”. Una contraddizione certo solo formale ma che non tarderà di avere effetti molto concreti e materiali su un governo che sta in piedi coi cerotti. I primi segnali iniziano a farsi sentire, non solo quelli di una Lega che sgambetta e prende le distanze dalle dichiarazioni allineate del senatur, ma anche di tanti pezzi di Pdl che invitano a “prendere in considerazione”, ammettono che “qualcosa non funziona più”, invitano a “cogliere i segnali che giungono dalle urne” e altre piccole ammissioni di un disastro se non annunciato, quantomeno intravisto.

Il risultato, in sé e per sé, è significativo e importante. Oltreché intrinsecamente positivo. Non segnerà l’inizio del cambiamento che molti ora gridano ai quattro venti (un cambiamento che ha sempre ancora bisogno di passare per l’urna!) ma intanto piazza 4 bei paletti alle punte più “avanzate” di un capitalismo di rapina e nulla più cui è ridotta quella parte di capitalismo (sempre più risicata) che trova ancora utile farsi rappresentare dal e nel ‘sogno berlusconiano‘, oggi forse definitivamente giunto al capolinea.

Non c’è che da rallegrarsi, ben coscienti però che la battaglia è solo all’inizio e, come abbiamo scritto nell’editoriale, la Val Susa e la vicenda (No)Tav saranno il prossimo banco di prova per tutt*: per il ‘popolo dei beni comuni‘ chiamato a dar prova di coerenza e sostanzialità; per una Lega (Maroni) che forse non sarà più così convinta di aprire i cantieri “con la forza necessaria”; per un Pd che difficilmente potrà contare sull’appoggio trasversale e bi-partisan di chi è stato affossato anche dal suo appoggio alle battaglie referendarie… su quesiti che chiamano in causa la questione vieppiù centrale del ‘modello di sviluppo’, nodo politico centrale che – almeno in questo paese – è stato portato alla pubblica attenzione e agli onori delle cronache proprio dalle gesta decennali del movimento No Tav.

Per ora, in ogni caso , è il momento dello spumante. Da domani (stanotte?) … a sarà dura!
Ma non crediamo tanto per noi…

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