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Alla giornalista che chiedeva alle persone perché si trovassero ad attendere davanti a Palazzo Grazioli e al Quirinale l’uscita e l’arrivo di Berlusconi, la folla rispondeva più o meno la stessa cosa: si tratta di un momento fondamentale per la storia del paese e vogliamo esserci.

Ma la folla non è stata solo spettatrice. Come ci raccontano i numerosi video e le dirette il Cavaliere, nel suo ultimo giorno, è stato accolto da parole quali “buffone”, “mafioso”, “in galera”, “vergogna”,”a casa”, e poi lancio di monetine, l’intonazione di Bella Ciao e alle ore 21.42, quando le dimissioni sono diventate ufficiali, lo scoppio del giubilo e dei  festeggiamenti. E sicuramente alla narrazione di questa giornata non potrà mancare l’immagine di Formigoni che risponde alla folla alzando il dito medio (gesto già fatto nel pomeriggio da Sacconi) e facendo le corna.

Anche Bersani giubila dichiarando “Oggi è una giornata di liberazione dell’Italia” e aggiunge questo “e’ il battesimo del Pd”. Superfluo ricordare che lui e i suoi non hanno giocato nessun ruolo nella caduta di Berlusconi e stupisce quasi la loro lucidità nel rifuggire totalmente l’idea di elezioni a breve termine.

Se ci sia davvero qualcosa da festeggiare o meno é tutto un altro discorso, ora ci siamo limitati a raccontare le immagini e le parole che hanno di fatto accompagnato l’ultima ora da premier  del Cavaliere.

Ci sarà tempo per  analizzare e raccontare quest’ultima fase dell’”era Berlusconi”. Forse la cosa più interessante su cui concentrarsi  ora é provare a rispondere alla domanda che da più parti spontaneamente sorge in questo momento, ovvero “E adesso?”.

La salita al colle di Berlusconi non ha sicuramente significato la sua scomparsa dalla scena politica, almeno per quanto riguarda il futuro più imminente.

Ma andiamo un attimo a ciò che ha segnato l’inizio di questa lunga giornata.

Con 380 voti favorevoli, la Camera dei deputati ha approvato il ddl di Stabilità, che ora a tutti gli effetti è diventato l’ultima legge del governo Berlusconi.

Il (ormai ex) premier ha poi annunciato che alle 20.30 sarebbe salito al Colle per rassegnare le dimissioni, come d’altronde aveva promesso.

Ora la procedura “tecnica” e i tempi dettati dai mercati prevedono quanto segue. Domani mattina (domenica) Giorgio Napolitano darà il via alle consultazioni ed entro la sera dovrebbe assegnare all’ex commissario dell’Ue il compito di formare il nuovo esecutivo. Che sarà tecnico e non istituzionale o politico, cosa su cui  il Cavaliere insiste molto. Chiede che il programma preveda solo le misure illustrate nella lettera inviata all’Ue, e sia a breve scadenza, al massimo fino alla prossima primavera, quando si dovrà tornare al voto.

In ogni caso la fretta è tanta. Lunedì i mercati apriranno con gli occhi puntati sull’Italia e nelle prossime ore bisogna chiudere la questione governo tecnico, far trovare una situazione apparentemente “stabile”. Se non ci sarà la nomina del primo ministro in carica l’Italia sarà sanzionata con grande pesantezza dall’Europa.

Ma per quanto zelo ci si possa mettere rimane la questione dei “paletti” posti da Berlusconi e da tutto il Pdl questione non da poco considerando quali sono le tre richieste principali.

Nell’incontro con Monti il Cavaliere avrebbe dato l’ok al governo Monti  a cui però si approccia con questo spirito “ […]sui provvedimenti si vedrà “di volta in volta”. Tanto “stacchiamo la spina quando vogliamo” e ponendo però per l’appunto alcuni paletti.

Il più ingombrante è sicuramente la richiesta di investire Gianni Letta della carica di VicePremier. Nelle scorse ore questa richiesta sembrava aver messo in crisi l’intesa rispetto ad un governo tecnico messo sù nel giro di poche ore. Immediato il veto di una parte delle opposizioni e così in serata arriva la dichiarazione di Letta  “Non voglio costituire un problema, nè un ostacolo e neanche un pretesto per alcuni ,quindi con senso di responsabilità e  dello Stato faccio un passo indietro”.

Altra condizione è che Monti non si candidi alle prossime elezioni politiche.  E qui viene ovviamente da chiedersi  cosa teme Berlusconi.  Silvio sicuramente guarda già al prossimo anno. La legge di stabilità è stato l’ultimo atto del suo governo e se nel prossimo anno i risultati dati dalle manovre incideranno in maniera positiva sull’economia, sarebbe tutta eredità da portare in campagna elettorale.

Terza condizione posta dal Cavaliere al governo Monti è che questo sia a “termine”, massimo fino alla prossima primavera, quando si dovrà tornare al voto, ma soprattutto che il programma preveda solo le misure illustrate nella lettera inviata all’Unione Europea. Un governo meramente tecnico insomma.  In più la richiesta –che molto probabilmente non verrà accolta- che sia Alfano a trattare le condizioni programmatiche.

In tutto questo si inserisce la Lega di Bossi la quale punta al voto e non al governo tecnico e che annuncia che farà opposizione all’esecutivo Monti.

Insomma, ora la “patata bollente”, perché di questo si tratta, passa nelle mani del nuovo governo tecnico.

Il  governo Monti nasce come idea di fare una serie di riforme che non si sono mai riuscite a fare. Riforme impopolari, difficili, che incideranno molto sul tessuto sociale.

E’ Eurolandia che decide, che detta le regole del gioco ed é con Lei che Monti si dovrà relazionare.

Ovviamente la notizia delle dimissioni del premier italiano ha fatto il giro del mondo e la maggior parte dei titoli imputano la caduta ai mercati internazionali  (esemplificativo uno dei titoli del The Guardian in cui si dice che sia stato l’euro a far cadere Berlusconi) , non scordandosi però dei  vari “scandali sessuali” che negli ultimi anni avrebbero intaccato la “credibilità” del premier.

Il sentore è che l’aria di festa finirà presto. Il nuovo governo, per rispettare gli impegni presi con l’Europa, dovrà affondare ancora di più le mani nelle tasche degli italiani. Crescita, fisco e pensioni, sono questi i principali punti dell’agenda post-Berlusconi. Ma si andranno anche a toccare le questioni dei licenziamenti , lavoro e liberalizzazioni.

Insomma,  forse un’era sta davvero finendo, ma di fatto la realtà quotidiana che tutti i soggetti sociali continueranno a dover affrontare è quella della crisi globale, una crisi i cui costi verranno sempre più scaricati sulle tasche dei lavoratori/trici, pensionati/e, precari/e, “fasce deboli”  che pagheranno il ricatto a cui siamo sottoposti dall’Europa e dall’economia mondiale, in nome di una presunta “crescita” che dovrebbe risollevare le sorti dei mercati mondiali, ma siamo sicure/e soprattutto quelle dei  grandi capitali.

Per concludere non possiamo che ribadire che oggi più che mai lo slogan che ci ha portato in piazza negli ultimi anni “Noi la crisi non la paghiamo!”  vada ribadito sempre più forte e in maniera ancora più convinta, anche se un personaggio sicuramente ingombrante come Berlusconi pare oggi essersi messo un po’ da parte.

 

Per chi stasera festeggia e per chi non lo farà, l’appuntamento per noi  rimane sempre nelle piazze.

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