InfoAut
Immagine di copertina per il post

La crisi è la nostra università!

 

Tesi n. 1 – Il contrario di austerity non è essere contro la crisi, ma organizzare l’insorgenza.

Da qualche tempo abbiamo definito l’attuale situazione come “doppia crisi”, cioè il combinarsi della crisi economica globale e della crisi dell’università. Ma attenzione: la crisi non è più fase transitoria in vista di una nuova espansione, ma condizione permanente. É definitivamente finita l’illusione progressiva del capitalismo moderno: scuola e università cessano di essere un ascensore per la mobilità sociale, per divenire fabbriche della precarietà a vita. Ogni invocazione di un ritorno al passato o idea di un futuro all’insegna della continuità si rivelano impossibili e dannose. Dunque, il superamento della doppia crisi non è il nostro problema, come vorrebbero farci credere chi a destra impone l’austerity e a sinistra si candida per governare la politica dei sacrifici. Il nostro problema è trasformare la crisi in possibilità di trasformazione radicale. Questa è la strada che ci hanno indicato le lotte.

 

Tesi n. 2 – Il contrario di globalizzazione capitalistica non è Stato-nazione, ma globalizzazione delle lotte.

Lo Stato-nazione non è più lo spazio delle lotte: transnazionali sono infatti i processi di aziendalizzazione dell’università (ad esempio il Bologna Process), soprattutto transnazionali sono le forme del conflitto. Dai movimenti che hanno infiammato le strade italiane o inglesi fino alle insurrezioni del Nord Africa, dalle rivolte in Grecia alle straordinarie mobilitazioni in Cile, dalle acampadas in Spagna a Occupy Wall Street, un dato emerge con forza: una composizione comune, guidata da giovani, altamente scolarizzati, protagonisti della cooperazione produttiva del sapere, precari o disoccupati. Qualsiasi lotta basata esclusivamente sui confini nazionali è destinata alla sconfitta. Invocare la sovranità contro la dittatura dei mercati finanziari, significa non comprendere come l’una non può funzionare senza gli altri, e viceversa. Ciò non vuole assolutamente dire la perdita di importanza della continuità di intervento sui “territori”, al contrario essa assume nuova centralità nella misura in cui gli spazi territoriali hanno immediatamente una potenza di generalizzazione, segue e si trasforma dentro lo spazio della rete. Il movimento NoTav in Val di Susa, nella sua capacità di divenire movimento dentro la crisi e contro il debito, è un importante esempio. In questo spazio transnazionale, che non coincide con lo spazio istituzionale dell’Europa, ma lo eccede e lo rovescia, si pone il problema dell’organizzazione delle lotte e della libertà collettiva.

 

Tesi n. 3 – Il contrario di debito non sono i sacrifici, ma diritto alla bancarotta per studenti e precari.

Nello smantellamento del welfare e nell’impoverimento generalizzato, la finanziarizzazione è diventato un reale e perverso dispositivo di accesso ai bisogni sociali conquistati con le lotte: formazione, salute, mobilità, abitazione, comunicazione. In Inghilterra o negli Stati Uniti le tasse aumentano e tuttavia aumentano anche le iscrizioni: come è possibile? Attraverso il meccanismo del debito, appunto. Sociologi e intellettuali di sinistra strepitano contro il consumismo di studenti e precari, auspicano il blocco delle carte di credito, sponsorizzando il frame del sacrificio. Hanno scelto, ancora una volta, da che parte stare. Di fronte a Stato e Banche, a Dio, Patria e Famiglia, noi invece affermiamo il nostro diritto alla bancarotta: voi dovete darci il denaro, noi non ripianeremo il debito, voi siete l’1% della speculazione, noi il 99% dell’insorgenza!

 

Tesi n. 4 – Il contrario di selezione non è inclusione, ma critica dei saperi e riappropriazione.

L’obiettivo delle politiche su scuola e università a livello globale non è l’esclusione dal sistema di istruzione superiore, ma l’inclusione differenziale, ovvero la formazione alla precarietà permanente. L’università è diventata di massa perché vi è stata costretta dalle lotte e dai movimenti. Ieri l’università di massa è stata la risposta democristiana al Sessantotto. Oggi il 3+2 e il Bologna Process vogliono includere nell’università nella misura in cui dequalificano i saperi: vogliono tanti laureati e tanti precari. L’inclusione è oggi un dispositivo di subordinazione e gerarchizzazione. Del resto, noi non vogliamo diritto di cittadinanza in un’università che trasmette saperi che odiamo: noi vogliamo organizzare i saperi che produciamo. Riappropriarci dell’università oggi vuol dire crearne una nuova, sperimentando percorsi di autogestione dentro e contro l’accademia, conquistando spazi tempi e metodi per il contropotere.

 

Tesi n. 5 – Il contrario di tagli non sono i soldi ai baroni, ma fondi per l’autoformazione e l’autorganizzazione della ricerca.

Le politiche su scuola e università in Italia, di sinistra e di destra, si possono riassumere in due parole: tagli e strategia della dismissione. Perché? Per mancanza di lungimiranza e visione strategica, ci dicono compatti il Corriere della Sera e il Partito di Repubblica, trovando la compagnia degli illusi e degli ingenui: questi sciocchi capitalisti nostrani e i loro esecutori politici non capirebbero, cioè, che è nell’interesse di tutti investire nell'”economia della conoscenza”. Ecco allora che queste figure illuminate si candidano a fare i consiglieri della razionalità del sistema, cioè dell'”interesse generale”, che altro non è se non l’interesse dei padroni contro di noi. Non si rendono conto, o fingono di non rendersi contro che i tagli a scuola e università sono, dal loro punto di vista, perfettamente razionali: l’obiettivo è ricollocare il ruolo dell’Italia nel mercato del lavoro cognitivo, farne una sub-area ad alto sfruttamento di forza lavoro a bassa qualificazione o pagata come tale (l’uso del lavoro migrante ci racconta la stessa storia…). E del resto, per chi dovremmo chiedere più soldi? Per i baroni che governano l’università pubblica, complici e subalterni di questa strategia di dismissione? Noi dobbiamo riappropriarci della ricchezza sociale che produciamo, vogliamo fondi per l’autoformazione e l’autorganizzazione della ricerca, per l’interesse di studenti e precari contro l’interesse dei parassiti, pubblici e privati.

 

Tesi n. 6 – Il contrario di precarizzazione non è il lavoro bene comune, ma reddito e nuovo welfare.

La flessibilità ha due facce: è autonomia e povertà, è liberazione dal lavoro salariato e imposizione della precarietà di vita. Da quando sinistra e sindacati si sono accorti della precarizzazione, cioè con puntuale ritardo storico, cercano di offrirci la ricetta del ritorno al passato, alle catene del lavoro a tempo indeterminato. Noi diciamo loro: il lavoro non è mai un bene comune, perché lo sfruttamento è sempre un male comune. Il punto è, invece, trovare una composizione comune delle diverse lotte nella crisi. Composizione non significa alleanze. La politica delle alleanze è oggi perdente, perché tenta di reintrodurre una forma di rappresentanza di cui ormai si è consumata una crisi irreversibile. Un terreno di unificazione delle lotte è allora possibile non in termini di solidarietà, ma di comunanza, perché comune è la condizione di studenti, operai, precari, disoccupati, perché spesso si tratta addirittura della stessa figura. Dobbiamo individuare i nostri nemici: banche e istituzioni finanziarie sono controparti così come le amministrazioni pubbliche. Rivendicazione di reddito e costruzione di nuovo welfare, cioè indisponibilità a pagare crisi e debiti altrui così come riappropriazione della ricchezza sociale, dunque abitazione – nelle e per le lotte – nella ricchezza comune: ecco il programma che lotte hanno iniziato a scrivere.

 

Tesi n. 7 – Il contrario della corruzione non è arrestare i corrotti, ma ribellione contro il sistema arrivato al ‘game over’.

Il giustizialismo meritrocratico individua un problema reale, la precarietà e il declassamento permanenti, per mistificarlo. Vorrebbero cioè far credere che la precarietà e l’impoverimento a cui siamo costretti non è determinato dai rapporti di sfruttamento, ma dai corrotti che impediscono il normale funzionamento di quei rapporti. Invocano la galera per i corrotti per salvare un sistema che produce esso stesso corruzione. Da piazza Tahrir alle acampadas spagnole, fino ad arrivare alla più piccola ma politicamente sintomatica mobilitazione di Parma, noi abbiamo visto all’opera la pratica di demistificazione nel fuoco del conflitto: que se vayan todos! E qui l’accento va posto innanzitutto sul todos, senza se e sena ma, senza forse e senza quasi. Come abbiamo gridato, gridiamo e grideremo nelle lotte: non ci rappresenta nessuno!

 

Tesi n. 8 – Il contrario del berlusconismo non è il Partito di Repubblica, ma organizzazione dell’autonomia del sapere vivo.

Il Partito di Repubblica – che purtroppo tanto, troppo, eco ha nei movimenti – ci dice che Berlusconi-Gelmini hanno distrutto l’università. Si sbagliano, per due motivi. Da un lato, perché al compito – dal punto di vista del potere – ci avevano già abbondantemente pensato Berlinguer-Zecchino con il loro 3+2. Lo smantellamento dell’università è bipartisan. Dall’altro, soprattutto, i primi – dal punto di vista del movimento – a voler distruggere questa università basata sullo sfruttamento e sulle baronie, sull’aziendalizzazione attraverso il governo feudale, siamo noi. Noi non siamo i giovani di XL e dei popoli colorati. Noi siamo il sapere vivo, i soggetti del lavoro cognitivo, paradigma di una condizione generalizzata di precarietà e potenza. Allora, noi lo diciamo con chiarezza: stare con il Partito di Repubblica o con chi tenta di restaurare le forme della rappresentanza – interne o esterne ai movimenti – non significa schierarsi dalla parte dell’alternativa, ma della reazione. Con il Termidoro, contro la rivoluzione.

 

Tesi n. 9 – Il contrario di università-azienda non è università pubblica, ma università del comune.

Aziendalizzazione dell’università non significa semplicemente l’entrata di fondi privati nell’università pubblica. Significa il divenire azienda dell’università stessa, indipendentemente dal suo statuto formale pubblico o privato: il suo dover competere sul mercato della formazione globale, lo sfruttamento dei precari, il funzionamento secondo il calcolo costi-benefici, profitto-rendita. Università-azienda significa allora la fine della dialettica tra pubblico e privato. La posta in palio delle lotte si alza: è immediatamente posta sulla costruzione dell’università del comune. Negli ultimi dieci anni abbiamo imposto l’autoformazione come pratica di militanza e conflitto, come forma di organizzazione dentro e contro l’università in via di smantellamento. Ma noi sappiamo anche che l’autoformazione è, genealogicamente, segnata dall’ambivalenza: è pratica di autorganizzazione, ma è anche la risposta neoliberale, lo scaricamento dei costi della formazione su studenti e precari. Buona parte dei curriculum dell’università anglosassone sono affidati all’autoformazione! Allora, dentro questa ambivalenza dobbiamo ripensare e riqualificare l’autoformazione in quanto pratica antagonista. Oggi l’autoformazione deve divenire organizzazione delle istituzioni autonome del sapere vivo. La Libera Repubblica della Maddalena e le piazze occupate dalla potenza costituente ci illuminano la strada da percorrere, perché espressione del sapere cumulato nelle lotte, suo tesoro costituente per l’organizzazione di intelligenza e forza, conflitto e trasformazione.

 

Tesi n. 10 – Il contrario della dequalificazione del sapere non è il culto della conoscenza, ma la grammatica delle lotte.

Basta con il culto, tanto caro alla sinistra riformista e incantata, di un sapere neutrale e da difendere, della bontà della conoscenza e della cattiveria della merce. Il sapere è una merce centrale nel capitalismo contemporaneo. Ma è una merce con un’ambivalenza specifica: il capitale cattura la produzione del sapere vivo, ma non la può organizzare. Il Knowledge Liberation Front è organizzazione dell’autonomia del sapere vivo e distruzione della macchina di cattura capitalistica. Il Knowledge Liberation Front è la potenza delle connessioni in rete rovesciata contro i parassiti che la sfruttano. Il Knowledge Liberation Front è globalizzazione dei conflitti, grammatica delle lotte, costruzione del comune.

 

Tesi n. 11 – Il contrario della difesa dell’università non è conservazione dell’esistente o nostalgia del passato, ma un’intera università da costruire!

Chi vede una progressione meccanicistica tra difesa del pubblico e costruzione del comune è oggi subalterno al Partito di Repubblica e alle sue cinghie di trasmissione. Tra pubblico e comune non c’è continuità, ma salto. Riappropriazione del pubblico significa creazione e rottura, non compromesso e mediazione. Trasformare le mobilitazioni sul pubblico in organizzazione del comune: ecco il compito politico per l’autonomia del sapere vivo. Non si tratta di una proclamazione di principio: oggi – dalle lotte nel mondo della formazione alla mobilitazione per i referendum – tutto ci dimostra che il desiderio che sospinto ed attraversato – soggettivamente – l’attivazione e il protagonismo è maggioritario. Tornare al pubblico, ovvero seguire scorciatoie di alleanza rappresentativa, significa chiudersi nel minoritarismo. Dentro la doppia crisi, ormai lo sappiamo con certezza: la nostalgia è reazionaria, la speranza è una trappola. Contro il furto del futuro, noi ci stiamo riappropriando della pienezza del presente.

 

Realtà italiane promotrici del Knowledge Liberation Front

da oggi è on-line il portale del Klf: www.knowledgeliberationfront.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

crisiklfmanifestouniversità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Tamburini di guerra

Mentre gli stati continuano ad ammassare armamenti il tentativo di condizionamento dell’opinione pubblica sull’inevitabilità della guerra raggiunge nuove vette, tra giornalisti che lodano i benefici per l’economia dell’industria delle armi, propaganda nelle scuole e proposte politiche scellerate.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa vuol dire un’università libera?

In TV e sui giornali si è scatenata la canea mediatica nei confronti degli studenti e delle studentesse universitarie che richiedono la fine degli accordi di ricerca militari o di dual use con le università israeliane.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Macron, à la guerre!

Il presidente francese si lancia in dichiarazioni apparentemente scomposte sulla guerra russo-ucraina, palesando lo “spirito dei tempi” di una parte delle elites europee. Il tronfio militarismo da prima guerra mondiale ci avvicina al disastro.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Agricoltura: la fabbrica impossibile

Non possiamo comprendere queste mobilitazioni senza cercare un nuovo modo di vedere le cose.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

“Difendiamo la nostra terra!” Reportage dalle proteste degli agricoltori Piemontesi

Si tratta di un racconto situato e parziale, a metà strada tra la cronaca e l’analisi, che speriamo possa servire da spunto tanto per una riflessione più ampia quanto per la scrittura di altre analisi situate.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Costante trumpista: la guerra civile latente negli Stati Uniti

In molti avevano creduto che dopo i fatti di Capitol Hill il trumpismo come fenomeno politico sarebbe stato archiviato, presentandosi al limite nelle forme di un estremismo suprematista tanto più radicale quanto residuale.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Palestina, il “senso storico” e noi

Quanto sta accadendo in Palestina crediamo sia un elemento chiarificatore. Lo è sicuramente per le masse che si sono messe in movimento per sostenere la popolazione di Gaza non solo nel mondo arabo, ma anche in tutto l’Occidente.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Salvini: una vita al servizio dei potenti

La nuova trovata di Salvini: una campagna d’odio verso l’islam per distrarre l’opinione pubblica dal genocidio in corso a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Caselle: la propaganda di guerra uccide

Lo schianto della Freccia Tricolore che ha ucciso una bambina di cinque anni ha scosso il paese. Quanto avvenuto però merita una riflessione più profonda sulla militarizzazione della società e sul concetto di sicurezza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Quale futuro ci aspettiamo?

Come incidere in questo scenario? Come porre una rigidità nei confronti delle dirigenze occidentali, a partire dal nostro governo, per frenare l’escalation bellica alla quale stiamo assistendo? Assumendosi il compito di non voler fare parte di chi può essere sacrificabile e, con noi, la nostra parte.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La crisi nel centro: la Germania nell’epoca dei torbidi. Intervista a Lorenzo Monfregola

La Germania, perno geopolitico d’Europa, epicentro industriale e capitalistico del continente, sta attraversando senza dubbio un passaggio di crisi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Israele: crolla il mito dei servizi di intelligence più efficaci del Pianeta

In Palestina dopo 56 anni di occupazione militare, colonizzazione, sterminio di civili e Apartheid in occasione del 50° anniversario della guerra dello Yom Kippur, Hamas reagisce con gli stessi strumenti utilizzati per decenni dagli israeliani per sottometterli.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Diario della crisi – Gli spettri del debito cinese

In questa estate infuocata, una possibile tempesta (non solo meteorologica) potrebbe abbattersi sul sistema finanziario globale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Diario della crisi – Dalla gestione della crisi al sistema di guerra

In questa decima puntata del Diario della crisi – progetto nato dalla collaborazione tra Effimera, Machina-DeriveApprodi ed El Salto – Stefano Lucarelli riflette sull’inopportuno susseguirsi di crisi che, spiazzando ed eliminando le cause e dunque le possibilità d’intervenire sulle conseguenze di quelle precedenti, fanno sì che gli effetti di queste ultime si accumulino e si […]

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Il ritorno del paradosso di Solow?

Nel 1987, mentre si stava affermando la cosiddetta rivoluzione informatica, il premio Nobel per l’economia Robert Solow enunciò un paradosso che divenne famoso: “Si possono vedere computer dappertutto, tranne che nelle statistiche sulla produttività”.

Immagine di copertina per il post
Culture

Spazi Sociali 2023 – Il giornale del Network Antagonista Torinese

Questo Primo Maggio come da tradizione è stato diffuso il volantone “Spazi Sociali”, il giornale del Network Antagonista Torinese. Al centro dell’edizione di quest’anno la questione della guerra e della crisi sociale, ma anche la libertà d’aborto e gli attacchi giudiziari ai movimenti sociali.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Repressione economica e ortopedie della povertà

Da un lato, l’attacco condotto dall’attuale esecutivo di destra al pur limitato Reddito di Cittadinanza introdotto dal primo governo Conte ha come obiettivo un ulteriore giro di vite nelle politiche di obbedienza e impoverimento, coazione al lavoro precario e asservimento delle forme di vita; dall’altro, riprendere e sviluppare con forza il dibattito sul welfare e sul reddito è imprescindibile per inventare e reinventare percorsi e prospettive di liberazione.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Assemblea di “Milano klimattiva” verso il Congresso per la giustizia climatica di ottobre 

Il World Congress for Climate Justice ) si terrà a Milano fra il 12 e il 15 ottobre, a poche settimane dall’inizio della Cop 28.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Quei giovani di cui vendere cara la pelle

Considerazioni sulla condizione giovanile parlata da altri.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

UK, la Brexit non c’entra: la crisi è strutturale

Il Regno Unito inizia il 2023 in un clima di profonda crisi.