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“Scuole sicure”: da Gelmini a Salvini

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Alcune considerazioni sul progetto “Scuole sicure”, l’ennesima sparata da campagna elettorale permanente del Ministro dell’Interno.

Le tempistiche spesso sono rivelatrici. Non è probabilmente un caso che la legge di riforma della scuola più contestata degli ultimi tre decenni in Italia, la riforma Gelmini, sia datata 2008. Ovvero in piena esplosione della crisi finanziaria internazionale.

Con quella legge la ministra berlusconiana apriva un ciclo di modifiche del comparto formazione, mettendo le basi per la distruzione del settore pubblico e per la sua progressiva privatizzazione e messa a profitto. Basi sulle quali le seguenti leggi a livello bipartisan hanno costruito l’incubo distopico che è la scuola odierna, quella dei presidi-sceriffo, dei voti di condotta, dell’alternanza scuola-lavoro, della precarietà edilizia.

Iniziava un processo di aziendalizzazione degli istituti che andava di pari passo con la dequalificazione dei saperi, presupposto dell’aumento dello sfruttamento e della precarietà che si sarebbe rivelato fuori dalle mura scolastiche. Bisognava adeguare una generazione al futuro che gli era stato apparecchiato dalle dinamiche economiche della crisi.

In questo processo, proseguito poi negli anni seguenti con vari aggiustamenti sfociati nella renziana “Buona Scuola”, trova un naturale inserimento la recente proposta salviniana ribattezzata “Scuole sicure”. Lo stanziamento di denaro per incrementare la presenza poliziesca davanti e dentro gli istituti, così come l’installazione di dispositivi di videosorveglianza, sono il più recente passo dei processi di securitizzazione della scuola avviati sin dalla Gelmini. Basati sulla logica non del “difendere gli alunni dagli spacciatori”, come da sparata del ministro dell’interno, ma nel comprimere sempre di più gli spazi di agibilità politica ed esistenziale di studenti e studentesse.

Troppo grande il rischio che all’interno di un contesto di crisi strutturale, dove la disoccupazione sarà sempre di più la regola e dove la scuola è sempre meno ascensore sociale, si possano creare possibilità di ribellione collettiva. Non a caso abbiamo assistito negli ultimi mesi ad un livello inedito di criminalizzazione studentesca, basti pensare al caso del Virgilio di Roma.

La mossa di Salvini è del resto totalmente propagandistica se tarata su suoi presunti obiettivi: 2,5 milioni di euro per tutte le amministrazioni comunali significano davvero pochi spiccioli rispetto a quello che il progetto intenderebbe fare. Ma dal punto di vista dell’impatto dell’annuncio sull’elettorato, unica cifra della comunicazione salviniana, sicuramente il risultato sarà positivo. Il capitano è pronto a difendere le famiglie italiane.

La realtà è ben diversa. Non è difficile immaginare che mancando la possibilità di un controllo capillare delle scuole – vista l’esiguità delle risorse stanziate – la discrezionalità delle amministrazioni varrà come principio per utilizzare i fondi, probabilmente mettendo nel mirino quelle scuole che hanno dato dimostrazione di incandescenza politica.

Che faranno i solerti agenti fuori dalle scuole in caso di occupazione o di picchetto per raggiungere una manifestazione? Con il principio cardine della sicurezza, che vuol dire tutto e niente, si pone una ulteriore messa a controllo degli istituti più caldi, dove non sono tollerabili ribellioni contro lo strapotere di insegnanti e presidi, così come contro percorsi di alternanza scuola-lavoro che sono in realtà costanza di sfruttamento.

I passaggi della Gelmini di aziendalizzazione degli istituti trovano così nella proposta salviniana la logica conseguenza: come in un’azienda, le milizie servono a controllare la ‘produzione’ e imporre la pacificazione. E c’è poco da aspettarsi dall’opposizione (sic!) su questo tema.

A differenza di un 2008 in cui provò, soprattutto attraverso il Partito di Repubblica, a sfruttare in chiave antigovernativa le prime mobilitazioni (salvo svegliarsi con la doccia fredda degli scontri in tutta Italia e dell’onda perfetta di Torino), il futuro ‘fronte democratico’ è talmente più realista del re che probabilmente cercherà di uscirsene con amenità come “le scuole le abbiamo disciplinate meglio noi! ” l”alternanza è una idea nostra!” ” la polizia fuori dai licei è un nostro progetto copiato dalla Lega”.. un po’ come quando attaccano Salvini dicendo che rimpatri e sgomberi sono una prerogativa del PD.

Il destino della scuola è tutto negli studenti e nelle studentesse: se gli istituti sembrano sempre più gabbie dove allenarsi alla disciplina e alla gerarchia, saranno gli studenti e le studentesse stesse, senza alcun aiuto esterno, a dover trovare le modalità per romperle.

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