InfoAut
Immagine di copertina per il post

I discendenti del giaguaro: un documentario racconta come si caccia una multinazionale

Cacciare una multinazionale dal proprio territorio è possibile, così come denunciarla di fronte alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani e veder riconosciuti i propri diritti: ce lo insegnano gli indigeni sayaraku, un popolo composto da non più di mille abitanti che abita in Ecuador, sulle rive del Rio Bobonaza, nella zona orientale del paese, in piena foresta amazzonica. 
La loro storia è stata raccontata dall’attivista sayaraku Eriberto Gualinga, uno dei leader della sua comunità, che ha girato il documentario I discendenti del giaguaro, visibile in Italia grazie ad un tour organizzato nei giorni scorsi da Amnesty International che ha permesso a questa piccola comunità ecuadoriana di far conoscere la sua storia di dignità e resistenza di fronte all’invasione straniera. Tutto ha inizio nel 2002, quando un’impresa petrolifera argentina irrompe all’improvviso in territorio sayaraku: nessun abitante della comunità è stato avvisato dal governo. I militari proteggono l’impresa, che inizia a svolgere i primi sondaggi petroliferi. Eriberto filma i tentativi di estrarre il petrolio (alcuni frammenti del documentario risalgono proprio al 2002) e, durante l’incontro tenutosi a Roma, al cinema Nuovo Aquila, lo scorso 5 giugno, sottolinea che le sue riprese sono servite a bilanciare una comunicazione che fino ad allora era stata manipolata dall’impresa petrolifera e dai militari. Al contrario, i video, le fotografie e, più in generale, la tecnologia, hanno aiutato i sarayaku: nel documentario emerge più volte l’arroganza dei militari, che cercano di far spengere la telecamera a Eriberto, ma senza successo. Il documentario commuove per la fierezza dei volti dei sarayaku, con le donne in prima fila durante l’assemblea in cui viene scelta la delegazione che si recherà in Costarica per presentare la denuncia di fronte alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani. I sarayaku rappresentano un esempio per tutti quei popoli costretti a subire lo sfruttamento delle proprie risorse naturali, ma evidenzia anche l’ambiguità dell’attuale governo di Rafael Correa. In più occasioni, nel corso dell’incontro romano, Eriberto Gualinga ha sottolineato che da Palacio de Carondelet non sono mai giunte delle scuse ufficiali alla sua comunità, né il governo si è preoccupato di far rimuovere dalla selva dove abitano i sayaraku i materiali utilizzati per gli scavi. Infine, lamenta Gualinga, Correa ha lanciato una nuova ronda petrolera, volta ad evidenziare quali sono le aree da cui è possibile estrarre il petrolio, segno che il governo non ha imparato niente dalla sentenza della Corte Interamericana per i Diritti Umani, che pure dovrebbe fare scuola per i tanti casi simili che purtroppo rappresentano la norma in tutta l’America Latina. La Corte Interamericana ha visitato il territorio sayaraku e ha toccato con mano i disastri compiuti dall’impresa argentina: si è trattato di un fatto storico perché mai la stessa Corte, prima d’ora, si era occupata di un popolo indigeno, e tantomeno aveva messo alle strette uno stato, obbligandolo ad assolvere almeno quattro punti chiave. Il primo riguarda il ritiro dell’esplosivo dal territorio abitato dalla comunità indigena. Il secondo impone all’Ecuador non solo un’ammissione di colpevolezza nei confronti dei sayaraku, ma una pubblica ammenda di fronte alla stampa e alla comunità internazionale. E ancora: l’Ecuador avrebbe l’obbligo di risarcire i sarayaku con un indennizzo significativo. Infine, lo stato doveva prendersi l’impegno di tradurre la sentenza della Corte Interamericana negli idiomi kichwa e shuar. Solo quest’ultimo punto è stato rispettato da parte di un governo che pure fa della plurinazionalità un vanto, riconosciuto anche dalla Costituzione, una delle più avanzate, ma per molti aspetti non applicata. Rispettare la volontà dei sarayaku, anche se nel 2002 Correa non sedeva a Palacio de Carondelet, fa parte di quel buen vivir che le comunità indigene identificano nel rispetto della natura e nel segno di una vita in simbiosi con la madre terra, ma le nuove concessioni del governo alle imprese multinazionali per l’estrazione petrolifera fanno pensare il contrario. Dopo dieci anni di lotte per la difesa del proprio territorio, la Corte ha reso pubblica la sua sentenza nel Giugno 2012, stabilendo che sull’Ecuador pesa la responsabilità di non aver consultato i sarayaku in relazione al progetto petrolifero appaltato all’impresa argentina. Inoltre, la Corte ha ribadito l’obbligo, per qualsiasi stato, di svolgere una consultazione previa con i popoli indigeni: spesso i governi hanno imposto, tramite la corruzione o adottando la tattica di dividere le comunità, progetti di estrazione petrolifera o di costruzione delle centrali idroelettriche. A questo proposito, la Corte ha sottolineato che la mancata consultazione dei sayaraku ha danneggiato la loro identità sociale e culturale, poiché non sono stati presi in considerazione i costumi, le tradizioni e la cosmovisione indigena, calpestate da uno stato che ha cercato di modificare il loro modo di vivere, causando un senso di grande frustrazione tra gli abitanti della comunità. Anche l’articolo 21 della Convención Americana sobre Derechos Humanos stabilisce che un’impresa petrolifera non può procedere con i sondaggi fin quando non abbia consultato le comunità indigene. L’Ecuador ha calpestato questo principio mettendo a rischio il diritto alla vita e all’integrità personale dei sarayaku, soprattutto permettendo all’impresa argentina di introdurre oltre 1400 chilogrammi di esplosivo in varie zone del territorio indigeno. Fino alla proclamazione della sentenza, a seguito dei continui richiami della Corte, l’Ecuador si era limitato ad estrarre tra i 14 e i 17 kg degli oltre 150 presenti in superficie. 
La favola a lieto fine dei sarayaku sarà raccontata da Eriberto Gualinga in un nuovo documentario che si chiamerà El canto de la flor: uscirà a settembre e racconterà i festeggiamenti della sua comunità in seguito alla sentenza della Corte, ma la battaglia non è finita. L’Ecuador deve ancora attenersi alla sentenza imposta dalla Corte Interamericana e non è detto che lo faccia.

David Lifodi – PeaceLink (fonte: Il pane e le rose)

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Culture

Sport e dintorni – A proposito di Italia-Israele di calcio e della neutralità dello sport

La retorica dello sport come ambito da mantenersi separato dal resto della realtà presuppone che quanti lo praticano o lo seguono operino una sorta di momentanea sospensione dal mondo a cui pure appartengono, sospensione che riappacifica, durante le gare, le conflittualità e le brutalità quotidiane.

Immagine di copertina per il post
Culture

Palestina, dove si uccide anche la cultura

Come archeologi impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, sentiamo l’esigenza e il dovere di esprimerci su quanto accade nella Striscia di Gaza e nel resto della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Culture

Lo schianto di un imperialismo straccione

Una rivoluzione che, se aveva fatto scrivere ad una importate testata giornalistica britannica che: «Il capitalismo è morto in Portogallo», aveva avuto però i suoi effetti più sconvolgenti e duraturi in Africa, nei territori un tempo facenti parte dell’”impero” portoghese: Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Capo Verde.

Immagine di copertina per il post
Culture

Respirando Gaza

Respiro i miei pensieri, non sono io, è un verso di Blessing Calciati, l’ho letto ieri sera ed è perciò che stanotte mi sono svegliato respirando male.

Immagine di copertina per il post
Culture

“Questo libro è illegale”

Come i testi clandestini nei sistemi autoritari, questo glossario serve per resistere alla repressione e per non piegarsi a una logica da Stato di polizia che criminalizza il dissenso e assoggetta i diritti alla paura.

Immagine di copertina per il post
Culture

“The Ashes of Moria”: che cosa rimane del campo profughi più grande d’Europa?

A cinque dall’incendio che lo ha distrutto, il documentario porta nel cuore del campo, tra odori, rumori, paure e violenze. Allo stesso tempo offre le coordinate per capire i meccanismi attuali delle brutali politiche europee.

Immagine di copertina per il post
Culture

Diritto all’abitare, diritto alla città

Il tema dell’abitare ha assunto una centralità paragonabile al tema lavoro, nella definizione delle gerarchie sociali e dei destini individuali, dentro le metropoli tardocapitaliste.

Immagine di copertina per il post
Culture

XXXIII Festa di Radio Onda d’Urto. 6-23 agosto 2025: tutto il programma!

La Festa di Radio Onda d’Urto si tiene da mercoledì 6 a sabato 23 agosto 2025 in via Serenissima a Brescia! Quella 2025 è un’edizione – la numero XXXIII – speciale perché coincide con i primi 40 anni (1985-2025) di Radio Onda d’Urto!

Immagine di copertina per il post
Culture

Vita e morte di Raffaele Fiore, quando la classe operaia scese in via Fani

Raffaele Fiore ha incarnato l’antropologia ribelle, l’irriducibile insubordinazione di quella nuova classe operaia

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Aria frizzante. Un punto di vista dalla provincia sulla marea del «Blocchiamo tutto»

Riprendiamo questo ricco contributo di Kamo Modena, in attesa dell’incontro di questo weekend a partire dalla presentazione del documento «La lunga frattura»

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La voce di Jose Nivoi, di ritorno da Gaza

Imbarcato sulla Global Sumud Flotilla per il CALP e l’USB, José Nivoi è rientrato in Italia dopo essere stato sequestrato e incarcerato dalle forze d’occupazione israeliane.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Le esplorazioni di Confluenza: il Mugello si prepara a difendere il territorio dalla speculazione eolica

Ci troviamo a Castagno d’Andrea, una piccola frazione di poco più di duecento abitanti del Comune di San Godenzo, nel Mugello.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Réflexions à chaud sur le mouvement « Bloquons tout »

Traduzione in francese dell’editoriale “Riflessioni a caldo sul movimento Blocchiamo tutto”. Il est presque impossible de dresser un bilan organique de ces journées incroyables. Le mouvement « Bloquons tout » a représenté une véritable rupture politique et sociale dans l’histoire italienne.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Anan Yaeesh in sciopero della fame

Riprendiamo il comunicato pubblicato dalla campagna Free Anan e ci uniamo alla solidarietà ad Anan Yaeesh.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

11 nuove barche della Freedom Flotilla cariche di medicine stanno navigando nel Mediterraneo, ormai prossime alle coste di Gaza, decise a rompere l’assedio israeliano.

Novanta medici,infermieri, operatori sanitari, tra cui sei italiani, sono a bordo di quello che loro stessi hanno definito “un ospedale galleggiante pieno di farmaci”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Leonardo ammette l’export di armi in Israele e fa cadere la maschera del governo

Riprendiamo questo articolo di Duccio Facchini, direttore di Altraeconomia apparso originariamente sulla rivista medesima e poi ripreso da osservatoriorepressione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Lecornu si dimette, il suo è il mandato più breve della storia

A un mese dalla nomina del nuovo primo ministro, e a poche ore dalla nascita nel nuovo esecutivo, il governo di Sebastien Lecornu è già finito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato de* medic* in formazione specialistica dell’Università di Torino contro il genocidio del popolo palestinese

Noi sottoscritt* medic* specializzand* dell’Università di Torino riteniamo necessario prendere insieme una posizione pubblica in merito al genocidio del popolo palestinese e alla situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato delle realtà palestinesi italiane

Roma, 4 ottobre 2025, un milione in piazza per la Palestina libera e la sua Resistenza.