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Venezuela: scontri e violenze durante proteste studentesche dell’opposizione

Le cami­cie rosse cha­vi­ste festeg­gia­vano la gior­nata della gio­ventù e i 200 anni di una sto­rica rivolta con­tro il colo­nia­li­smo spa­gnolo. I gio­vani di oppo­si­zione, che hanno sfi­lato die­tro le ban­diere della Mesa de la uni­dad demo­cra­tica (Mud) rispon­de­vano agli appelli delle ali più oltran­zi­ste dell’opposizione e dei gruppi impren­di­to­riali: per chie­dere «la salida», la par­tenza di Nico­las Maduro dalla pre­si­denza del Vene­zuela. In prima fila, volti noti del golpe del 2002, inten­tato con­tro l’allora pre­si­dente Hugo Chá­vez: Leo­poldo Lopez, Maria Corina Machado e Anto­nio Ledezma.

Più defi­lato, il gover­na­tore dello stato Miranda, Hen­ri­que Capri­les, anta­go­ni­sta (scon­fitto) prima di Chá­vez e poi di Maduro nelle ultime due pre­si­den­ziali: «La par­tenza di Maduro deve avve­nire per via isti­tu­zio­nale», ha ripe­tuto il lea­der della Mud, prima e dopo la com­parsa in piazza con gli stu­denti del suo campo. «È un gioco della parti — ha ribat­tuto la vice­pre­si­dente del par­la­mento Blanka Eekhout — gli appelli alla vio­lenza continuano».

Per il governo, è in corso un ten­ta­tivo desta­bi­liz­zante simile a quello del 2002. Allora, alcuni cec­chini spa­ra­rono su mani­fe­stanti delle due fazioni e i grandi media pri­vati incol­pa­rono subito i mili­tanti cha­vi­sti, prima di essere smen­titi dal video e dalle testi­mo­nianze di gior­na­li­sti stra­nieri. Nono­stante la morte di Chá­vez e le dif­fi­coltà del paese, il Vene­zuela socia­li­sta non è però più quello di allora. L’unione civico-militare appare solida e moti­vata sul piano sociale e poli­tico. Gli strati popo­lari e anche parte della classe medio bassa non vogliono tor­nare alle ricette neo­li­be­ri­ste che ripor­te­reb­bero indie­tro l’orologio della sto­ria e spaz­ze­reb­bero via i piani di misure sociali rea­liz­zati dal governo.

Anche buona parte della classe media che vota la Mud ieri non ha rispo­sto all’appello per il solito con­certo di pen­tole richie­sto da Lopez e soci. Una parte dell’opposizione, più legata ai vec­chi mec­ca­ni­smi clien­te­lari della IV Repub­blica, ha appa­ren­te­mente risposto alla mano tesa di Maduro per un incon­tro di con­ci­lia­zione su alcuni temi di inte­resse comune.
Divisa e liti­giosa, la Mud cerca di con­ser­vare le pol­trone e di tro­vare altri lea­der più con­fa­centi di Capri­les: per pre­pa­rarsi alle pros­sime tor­nate elet­to­rali (le legi­sla­tive alla fine del 2015, le gover­na­zioni nel 2016 e le pre­si­den­ziali nel 2019). Intanto, per­se­gue anche la pos­si­bi­lità di un refe­ren­dum revo­ca­to­rio con­tro Maduro: una pos­si­bi­lità con­tem­plata dalla Costi­tu­zione ma a metà man­dato (2016) e a con­di­zione di rac­co­gliere almeno 4 milioni di firme.

«Chi si aspetta una pre­sunta pri­ma­vera vene­zue­lana, sba­glia — dice al tele­fono Estela Agan­chul, respon­sa­bile dell’edizione venezue­lana di Le Monde diplo­ma­ti­que— mi sem­bra piut­to­sto un piano orche­strato per essere ampli­fi­cato dai grandi media inter­na­zio­nali e repli­cato su alcune reti sociali, come da copione. S’inventano ine­si­stenti aggres­sioni della poli­zia a stu­denti di oppo­si­zione, si mol­ti­plica il numero dei morti. C’è chi ha inte­resse a far diven­tare reali i pro­pri desi­deri desta­bi­liz­zanti». Agan­chul rac­conta di aver incon­trato «stu­denti di oppo­si­zione ignari del per­ché andas­sero a pro­te­stare», e che tutto sem­brava calmo fino alla fine delle dimostra­zioni. «Leo­poldo Lopez era con gli stu­denti che chie­de­vano di essere rice­vuti dalla Pro­cu­ra­trice gene­rale, e appena è andato via sono com­parsi gli incap­puc­ciati. Sem­bra quasi che non veda l’ora di essere per­se­guito dalla legge per tra­sfor­marsi nel primo per­se­gui­tato poli­tico del “regime”».

Ieri, il quo­ti­diano di oppo­si­zione El Uni­ver­sal ha pub­bli­cato la copia di un ordine di cat­tura emesso nei con­fronti di Lopez, con­fermato dal suo par­tito Volun­tad popu­lar. Fino al momento di andare in stampa, però, l’ex sin­daco del muni­ci­pio Cha­cao si tro­vava in casa sua. La magi­stra­tura ha invece emesso due man­dati di cat­tura per l’ex diplo­ma­tico Fer­nando Ger­basi e per Ivan Car­ratu, ex uffi­ciale durante il governo di Car­los Andrés Pérez (1974-’79, e 1988-’93). Entrambi com­pa­iono in un video dif­fuso da Vtv nel quale anti­ci­pano che ci sareb­bero stati morti nella gior­nata del 12 e ten­ta­tivi destabilizzanti.

Il mini­stro degli Interni, Giu­sti­zia e Pace, Miguel Rodri­guez Tor­res, ha assi­cu­rato che «saranno rispet­tati i diritti umani di tutte le per­sone dete­nute, le quali comun­que dovranno ren­dere conto della pro­pria con­dotta secondo la legge». Ha anche affer­mato che uno stu­dente ha con­fes­sato che i lea­der stu­den­te­schi «hanno pagato i mani­fe­stanti». Molti stu­denti sono stati già rimessi in libertà o posti agli arre­sti domiciliari.

In una con­fe­renza stampa, i col­let­tivi del 23 Enero hanno affer­mato che non rispon­de­ranno con la vio­lenza all’uccisione del loro com­pa­gno. Anche molti stu­denti dell’opposizione hanno chie­sto di far luce sui fatti di san­gue. Il mini­stro della Cul­tura, Fidel Bar­ba­rito, ha rice­vuto le loro dele­ga­zioni per rac­co­glierne le pro­po­ste. Maduro ha fatto appello «ai popoli fra­telli dell’America latina e dei Caraibi» per­ché stiano all’erta con­tro «que­sto nuovo peri­colo per la demo­cra­zia e la pace». I pre­si­denti dell’Uruguay, Pepe Mujica e dell’Ecuador, Rafael Cor­rea, sono stati i primi a rispon­dere con mes­saggi di solidarietà.

di Geraldina Colotti per Il Manifesto

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