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Manifestazioni in 70 città degli USA per dire No alla guerra

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Sono state organizzate per ieri, 4 gennaio, oltre 70 azioni di protesta in altrettante città degli Stati Uniti per dire no alla possibile guerra con l’Iran.

L’invito a mobilitarsi è stato lanciato dalla ANSWER Coalition, organizzazione pacifista molto popolare negli Stati Uniti nata dopo gli eventi dell’11 settembre 2001. Ad aderire diverse sigle impegnate in forme diverse contro l’esportazione di guerra dei governi USA nel mondo, dalle organizzazioni dei veterani per la pace, fino a quelle pro-Palestina.

“A meno che il popolo degli Stati Uniti non si alzi e lo fermi, questa guerra inghiottirà l’intera regione e potrebbe rapidamente trasformarsi in un conflitto globale di portata imprevedibile e potenzialmente con le conseguenze più gravi.” Questo un estratto dell’appello apparso sul sito di ANSWER.

In particolare le iniziative sono andate a lambire dei luoghi simbolo del potere USA: centinaia di manifestanti si sono radunati a Washington davanti alla Casa Bianca dopo l’appello di ANSWER e di Code Pink – Women for Peace e allo stesso modo a New York nei pressi della Trump Tower e di Times Square. Ma le manifestazioni hanno attraversato tutto il paese, da Los Angeles a Chicago, da Miami e Memphis fino a Salt Lake City e Tucson.

Jane Fonda è intervenuta alla manifestazione di Washington affermando che “il movimento per il clima e il movimento per la pace devono essere un movimento unico”. Tra gli slogan scanditi nelle piazze, che hanno visto la partecipazione di molti giovani a fianco alle generazioni che si erano mobilitate contro le scorse guerre imperialiste USA, vi erano: “No justice, no peace. U.S. out of the Middle East!” e “Trump says more war, we say no more!”.

Intanto in Iraq ieri dopo i funerali del generale Soleimani diversi razzi e colpi di mortaio sono stati lanciati contro la Green Zone che ospita l’ambasciata USA e contro la base aerea di Balad a quaranta chilometri da Baghdad. Continua lo scambio di minacce incrociate tra il regime iraniano e Trump, ma per il momento sembra improbabile un avvitarsi immediato del conflitto.

Inoltre continua a mantenere la piazza a Tharir Square il movimento che da mesi si batte contro il carovita e la corruzione (circa 600 sono stati i manifestanti uccisi in queste proteste anche a causa della repressione messa in campo dal generale Soleimani), dopo aver chiaramente dichiarato di non voler prendere parte a questa polarizzazione in corso e al contempo rilanciando le proprie rivendicazioni.

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